Milano, 30 marzo 2015 - 08:48

Pedofilia: violentato per dieci anni «Quel prete si è preso nostro figlio»

Al processo contro don Vito Beatrice il racconto della mamma del ragazzo

di Fulvio Fiano

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ROMA - Era marzo anche cinque anni fa quando la signora Anna scoprì che suo figlio aveva provato a uccidersi, trascinato in un fiume da un peso che ancora oggi lo affonda. «Mi urlò: “Padre Vito mi ha violentato, non vivo più con questo schifo dentro”». Neanche davanti a un giudice la donna si dà pace. A quel religioso diventato un fratello per 10 anni ha affidato il figlio: «Non avevo capito niente...», testimonia al processo. La sentenza è vicina, ma il banco degli imputati è vuoto. L’orco con la tonaca, 70 anni, è ancora una volta contumace. «Non sapevo più chi ero, non ci potevo credere» ricorda Anna. Che oggi maledice quel pellegrinaggio a Lourdes dove tutto cominciò nel 1994.

«Partimmo col treno bianco. Mauro (i nomi delle vittime non sono reali, ndr) aveva 4 anni e durante le preghiere si annoiava. Quel prete lo chiamò con lui, gli fece fare il chierichetto,diventammo amici». Cominciò la frequentazione fatta di inviti a pranzo e cortesie. «La prima volta da noi, nel paesino in provincia di Frosinone, fece subito una buona impressione a tutti i parenti, tornò spesso a trovarci, quasi ce lo contendevamo. Pensi - dice Anna al giudice - che mio padre è morto dicendo di salutargli Vito... All’epoca mica si sentivano tutte queste storie...».

E siamo al 2001. Mauro ha 11 anni e don Vito si offre di prepararlo per l’esame di quinta. Può stare da me, al convento di Sant’Alessio all’Aventino, ho una cuoca, starà bene, assicura. Mauro passa qualche settimana da solo con lui e spesso ci tornerà negli anni successivi. Padre Vito è come e più di uno zio, lo porta con sé anche in Spagna in viaggio. E quando si trasferisce a Nervi, Mauro lo raggiunge per le vacanze. Nelle frequenti telefonate «per salutarlo» il precettore si raccomanda all’allievo al telefono di «non far sentire la conversazione ai tuoi». E a tutte le feste ha un regalo. Magliette, poi un cellulare, un videocamera, un pc. Lo ha comunicato e lo vorrebbe cresimare. Poi il ragazzo cresce e piano piano si allontana. Non vuole farsi vedere dagli amici in compagnia di quell’uomo. Ma forse è l’età, si dice la mamma.

Gli occhi della signora ora sono umidi, il racconto riprende dopo un sorso d’acqua. «Padre Vito, anzi, “quel signore” era una serpente. “Non fategli vedere i Simpsons”, ci diceva. “Educatelo bene il mio figlioccio”. Il nostro peccato è stato volergli bene e ho bruciato tutte le sue foto e le lettere».

Fino al 2006 padre Vito avrà rapporti completi, attivi e passivi, con il ragazzo che gli veniva affidato. Lo filmava e lo fotografava per usi che le indagini non hanno potuto chiarire. Ma dubbi non ce ne sono. Nel processo strappato dal procuratore aggiunto Maria Montelone ai tentativi di portarlo a Genova dove sarebbe andato prescritto, ha deposto anche il papà della vittima, che incastrò Don Vito registrando di nascosto la sua confessione come gli fu riportata dal suo superiore.

I padri Somaschi, citati per danni, non si sono mai fatti avanti per scusarsi o aiutare le indagini. Vito Beatrice è ufficialmente in un convento. La difesa ha anzi ottenuto che la testimonianza di Mauro avvenisse a porte chiuse. Ma qualcosa è trapelato. «Vito mi spiegava che gli amici fanno certe cose», avrebbe detto Mauro dopo aver ripercorso gli orrori subiti. E non poteva sapere che anche da bambini la realtà può essere un brutto sogno.

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