Milano, 20 marzo 2017 - 22:05

Casa di Montecarlo, il giudice
accusa Fini: i fratelli Tulliani
erano suoi emissari

Provvedimento d’arresto per il cognato dell’ex leader. Ma è a Dubai da dicembre. Il racconto dell'ex deputato di An Laboccetta: «Andai con Fini e i Tulliani da Corallo, l'ex presidente della Camera chiese aiuto per una casa a Montecarlo»

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L’affare della casa di Montecarlo, secondo il racconto dell’ex deputato di Alleanza nazionale Amedeo Laboccetta, nacque tra il tavolo di un ristorante vicino al Pantheon e l’appartamento privato a Montecitorio dell’ex presidente della Camera Gianfranco Fini, in un giorno del 2008. A sigillo delle esplicite richieste fatte dal cognato di Fini, Giancarlo Tulliani, che da ieri è latitante, al «re delle slot machine» Francesco Corallo. «Nel corso di un pranzo — ha detto ai pubblici ministeri l’ex parlamentare napoletano inquisito per associazione per delinquere, riciclaggio e altri reati — Giancarlo Tulliani, anche a nome di sua sorella Elisabetta e di Fini, informò Corallo e me che doveva aiutarli a comprare una casa a Montecarlo. Dopo un attimo di stupore Corallo gli disse che una cosa del genere dovevano chiedergliela direttamente gli interessati. Tulliani telefonò a Fini e dopo poco andammo negli appartamenti della Camera; eravamo Giancarlo Tulliani, Elisabetta, Fini, Corallo e io. Fini disse che lui ed Elisabetta desideravano una casa proprio a Montecarlo e aggiunse testualmente: “siamo certi che vorrai aiutarci ad esaudire questo nostro desiderio”. E Corallo si dichiarò disponibile».

Visite nel Principato

Lo stesso Laboccetta accompagnò il giovane cognato e Corallo nel Principato di Monaco, a spese dell’imprenditore, per visitare appartamenti e conoscere il console italiano, che avrebbe suggerito una società immobiliare di fiducia. L’ex deputato dice di non sapere se poi le ricerche di Tulliani andarono a buon fine, né che nell’eredità di An ci fosse la casa di Boulevard Princess Charlotte 14, ma secondo il giudice che ieri ha emesso l’ordinanza di custodia cautelare per Giancarlo Tulliani, Simonetta D’Alessandro, «è in questo contesto» che matura l’acquisto di quell’appartamento da parte di Corallo, attraverso alcune società offshore create appositamente. L’operazione è una parte del riciclaggio del denaro dell’imprenditore di cui i fratelli Tulliani e Fini sono accusati nell’inchiesta condotta dal procuratore aggiunto di Roma Michele Prestipino e dal sostituto Barbara Sargenti, che ieri ha portato al provvedimento d’arresto (non eseguito perché Tulliani si trova a Dubai dal dicembre scorso) e a un nuovo sequestro di beni.

Dichiarazioni riscontrate

Molti degli elementi a carico del cognato di Fini derivano dalle dichiarazioni di Labocetta che nel dicembre scorso finì in carcere a conclusione della prima tranche dell’indagine, poi fu liberato dal tribunale del Riesame e il 2 marzo scorso è tornato a sedersi davanti ai pm per arricchire il racconto abbozzato a Regina Coeli dopo l’arresto. Fini ha annunciato querela nei suoi confronti, e gli inquirenti sono consapevoli che l’ex deputato ha interesse ad alleggerire il proprio ruolo nella presunta associazione per delinquere, nonché dei dissapori tra lui e l’ex presidente della Camera risalenti alla rottura che Fini consumò con Berlusconi, quando Laboccetta non lo seguì. Tuttavia i pm e il gip ritengono di aver trovato sufficienti riscontri alle sue affermazioni, dai conti bancari alle dichiarazioni di un pentito di camorra. Secondo Laboccetta, per far ottenere l’assegnazione della multimilionaria concessione statale per i videogiochi al gruppo Corallo, Fini si mosse con tutto il suo gruppo politico di riferimento. Era il 2002-2003, ben prima dell’entrata in scena dei Tulliani. Laboccetta fa il nome dell’ex ministro del Commercio estero Adolfo Urso e di altri personaggi legati all’ex capo di An che poi si sono ritrovati nella fondazione Farefuturo, che furono ospiti di Corallo alle isole Antille prima della vacanza pagata a Fini nel 2004, per la quale «Corallo affittò la villa e anche una barca, e fece arrivare istruttori dalla California e dalla Francia che accompagnavano Fini nelle immersioni... Posso dire che quel viaggio serviva a Fini proprio per creare un rapporto diretto con Francesco Corallo».

Feste a Montecitorio

Nella ricostruzione della Procura e del giudice D’Alessandro, dunque, l’intesa con reciproci vantaggi economici viene stretta da Fini e dal suo entourage politico con Corallo; dopodiché l’imprenditore liquida quel pacchetto di alleati e li sostituisce con i Tulliani, che nel frattempo erano entrati nella cerchia familiare di Fini. Di qui, ad esempio, non uno, ma due inviti di Corallo ai festeggiamenti a Montecitorio per la figlia dell’allora presidente della Camera e di Elisabetta Tulliani, nonché i finanziamenti ai parenti di lei culminati con l’acquisto della casa di Montecarlo. Versamenti di denaro estero su estero che nell’impostazione del giudice consentono di «cogliere il ruolo di prestanome dei Tulliani», nonché di intravedere un «accordo societario» siglato da Corallo «con i Tulliani emissari di Fini».

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