Milano, 19 ottobre 2017 - 22:01

Maroni: «Referendum consultivo? Anche la Brexit è cominciata così» | E un hacker trova dati e codici online

«Modesta l’intesa di Bonaccini col governo. Autonomia prima delle politiche». «Voglio tutte e 23 le materie. Sentiremo i sindaci e dopo una settimana manderò la richiesta al governo»

Roberto Maroni (Reuters) Roberto Maroni (Reuters)
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La trattativa si aprirà prima di Natale, la risposta dal governo è attesa per San Valentino e in ogni caso, prima della fine della legislatura, l’autonomia della Lombardia (e del Veneto) dovrà essere cosa fatta. La road map che porterà le due Regioni del Nord a «strappare» a Roma competenze e risorse da gestire in proprio è tracciata. In attesa del responso dei tablet sulle affluenze ai referendum autonomisti (in Veneto è previsto anche il quorum del 50 per cento), è Roberto Maroni a dettare l’agenda. «Entro una settimana mi auguro che il Consiglio regionale approvi la mozione che porterò e che mi autorizza ad aprire formalmente la trattativa col governo. Voglio tutte e 23 le materie. Sentiremo i sindaci e dopo una settimana manderò la richiesta al governo. Gentiloni quindi deve aprire il tavolo prima di Natale. Mi auguro che abbia un atteggiamento non di parte ma da presidente del Consiglio. A San Valentino poi potrei ricevere la prima risposta concreta per chiudere prima delle elezioni politiche». L’Emilia-Romagna ha avviato la sua vertenza autonomista senza ricorrere alla consultazione popolare. Nessun dubbio che la strada referendaria fosse l’unica percorribile? «Tifo per il governatore Bonaccini sul regionalismo differenziato, ma ieri in materia di autonomia ha firmato col governo un accordo modesto». Non solo. «Ho appena saputo — aggiunge Maroni — che nella manovra il governo prevede 450 milioni di euro in meno per la sanità lombarda. Se l’esito dell’accordo con il governo è un taglio da 230 milioni all’Emilia Romagna, Bonaccini poteva fare a meno dell’accordo». Questa è la dimostrazione che «è il voto del popolo a fare la differenza». «E anche la Brexit è passata attraverso un referendum consultivo, e mi pare che la cosa abbia avuto qualche conseguenza».

Toni bassi

Maroni sceglie i toni bassi anche in relazione ai 3,5 milioni di euro che il governo addebiterà alla Lombardia per il compenso degli agenti impegnati ai seggi domenica. Era stato Luca Zaia (per il Veneto la spesa in forza pubblica è calcolata in 2 milioni) a sollevare la polemica, ma il governatore lombardo, il giorno dopo, smorza il caso tentando anzi di volgerlo a proprio favore: «Non è una sorpresa, sapevamo che tutti gli oneri erano a carico delle Regioni e li avevamo già messi a bilancio. È una cosa positiva: se la sicurezza è a carico nostro vuol dire che lo Stato riconosce che possiamo avere competenza anche sull’ordine pubblico...».
Nessun dubbio, infine, sul proprio destino politico. Le sirene romane rimarranno inascoltate, giura Maroni: «Ho fatto tre volte il ministro e ho già avuto le mie soddisfazioni. Rimango in Lombardia perché mi piace. Anche se Berlusconi mi chiedesse di tornare, direi di no».

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