Oltre tre ore di riunione, per dire addio a Torino e dividere l’editoria italiana in due. È questo il risultato del Consiglio generale dell’Aie che si è tenuto ieri a Milano. Da un lato il presidente Federico Motta che spiega: «Chi ha scelto la newco della Fiera di Milano è oltre il 50 per cento dell’associazione». Dall’altro il fronte che non voleva lasciare Torino, come l’editore Gallucci che numeri alla mano spiega: «Su 39 consiglieri erano presenti 32: ci sono stati 8 astenuti, 7 contrari e 17 favorevoli a Milano. È stata una brutta partita vinta ai rigori».

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Chi ha preso parte alla riunione non nasconde i nomi che hanno votato contro Milano - come Marcos y Marcos, Principato, Feltrinelli (il nome più grosso a non seguire l’onda), Gallucci, Manni, Sei - e quelli di chi si è astenuto, come Hoepli, Zanichelli, Nottetempo, Trevisini, Einaudi, Pisa University Press. Un pacchetto importante, con Einaudi che avrebbe dato segni di insofferenza rispetto allo strappo di Motta.

«Noi cominciamo un percorso nuovo», tira dritto il presidente dell’Aie, «per fare come negli altri Paesi, dove sono le associazioni degli editori a gestire le fiere, e senza fondi pubblici. La scelta non è dipesa solo dai costi, che sarebbero 200 mila euro per tre padiglioni a Rho Pero contro i 600 mila del Lingotto». E Enrico Selva Coddè, ad Area Trade di Mondadori libri, ha spiegato: «Il progetto di promozione del libro e della lettura su cui abbiamo deciso di investire rafforza il nostro ruolo di editori come imprenditori e operatori culturali. Una decisione che non nasce in una logica di competizione tra città, bensì di valutazione tra proposte e modelli diversi».

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Il dibattito però ha avuto anche toni accesi, per esempio quando Gallucci ha fatto notare a Motta che si stava compiendo un atto «con cui vinceva l’irragionevolezza». Così l’Aie ha deciso di creare una nuova società con Fiera Milano (che avrà il 51% delle azioni) per promuovere il libro, coinvolgendo tutti i settori dell’editoria, inclusi fumetti, scolastica, varia, accademica. La fiera milanese si svolgerà a maggio, quindi nello stesso periodo del Salone di Torino.

Già ieri però l’Aie ha cominciato a perdere pezzi: le case editrici che non sono state coinvolte annunciano di volersene andare sbattendo la porta. E per il Salone di Torino si sono delineati nuovi scenari di alleanze, a cominciare da quella con il Salone degli editori indipendenti di Roma. C’è poi interesse anche da parte dell’Odei (l’Osservatorio degli Editori indipendenti), che dopo avere a lungo sostenuto in questi giorni il Salone torinese potrebbe essere disponibile a sposarlo con il «BookPride» di aprile, e anche la romana «Più libri più liberi», per altro a lungo organizzata dai torinesi, sembra interessata a dialogare con i piemontesi, sebbene Milano la considera parte del suo pacchetto.

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Tra le case editrici che si sono dissociate dalle decisioni assunte dal Consiglio c’è la torinese Lindau. Il direttore Ezio Quarantelli spiega che «la posizione del Consiglio non è espressione degli associati, che sono stati tardivamente informati dei problemi emersi, dei progetti alternativi e dei contatti in corso, e comunque non sono mai stati consultati». La Lindau «si riserva di valutare l’opportunità di rinnovare l’adesione all’associazione, a cui pure appartiene da lungo tempo». Ancora più tranchant l’editore e/o che ha annunciato l’uscita dall’Aie: «Questa decisione rivela la subalternità dell’associazione alle strategie dei grandi gruppi editoriali milanesi ed è stata presa senza un’ampia consultazione e tempestiva informazione degli iscritti». Case editrici che, va da sé, continueranno a frequentare il Salone di Torino. E Torino si prepara a cambiare pelle diventando un evento capace sempre più di uscire dal Lingotto. Una kermesse più smart pronta a portare i lettori nelle piazze e a mettere insieme tutti quelli che amano i libri. Ma che non hanno come primo obiettivo gli incassi.

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