Milano, 26 aprile 2017 - 18:30

L’apertura mentale dei francesi
che a noi ancora manca

shadow

«Faux amis», falsi amici, si chiamano in francese quelle parole che sembrano uguali nella nostra lingua e nella loro, ma non sono. Lo stesso vocabolo può voler dire cose diverse in italiano e nella lingua di Molière. Un nome può suonare identico ma essere maschile in un caso e femminile nell’altro. È il modo più comune in cui cadono in errore gli italiani quando parlano francese e i francesi in italiano: ci somigliamo così tanto da illuderci di essere più simili di quanto siamo nella realtà. Non è strano. L’impronta dell’Italia nella cultura francese è profonda, il potere di identificazione che la Francia esercita sull’Italia enorme: guardiamo dall’altra parte delle Alpi per capire meglio chi siamo; seguiamo i loro eventi per prevedere i nostri. Così è già partita in questi giorni la corsa un po’ paesana alle reincarnazioni politiche: per ora si contano tre o quattro potenziali «Macron» italiani e un paio di «Marine Le Pen», a volte con un patetico scimmiottamento dei leader di Parigi. Ma fermiamoci un attimo. Proviamo a immaginare nel cortile di una prefettura di polizia italiana la cerimonia che si è tenuta l’altro ieri in quella di Parigi: il compagno gay di un poliziotto ucciso dall’Isis, unito a lui civilmente, che dichiara di fronte al presidente della Repubblica e in diretta: «Ti amo, non odio i tuoi assassini». Possibile anche in Italia? Forse, ma meglio non pensare al «dibattito» fra politici, blogger e urlatori da talk show che ne seguirebbe. E ancora: il grande favorito delle presidenziali francesi è un ricco, elegante, attraente giovane di 39 anni con una moglie di 64. Che lo bacia in pubblico, sorridendo. Che osa mettersi abiti corti e moderni alla sua età. E che, già sposata e con figli, era la sua professoressa di liceo. In Italia, quand’anche qualcosa di simile fosse immaginabile, non è chiaro se gli sghignazzi più grevi e ipocriti sarebbero dedicati a lei o a lui. Né quanti elettori (ed elettrici) coverebbero insormontabili sospetti verso un politico del genere. Perché noi guardiamo molto alla Francia, sì. Ma quanto a tolleranza e apertura dei costumi (magari non da soli, anzi in compagnia di altri popoli e culture) siamo davvero «falsi amici».

© RIPRODUZIONE RISERVATA
ALTRE NOTIZIE SU CORRIERE.IT