Valori nutritivi in un mondo con più CO2

FACE-example

Il futuro che ci aspetta presenterà sicuramente, in grado più o meno elevato, un aumento di concentrazione di anidride carbonica in atmosfera, un incremento di temperatura e, in alcune zone del mondo particolarmente vulnerabili, anche una scarsità di acqua. Insieme ad una serie di impatti di vario tipo, tutto ciò influenzerà in qualche modo anche le coltivazioni di interesse agricolo.

Se l’aumento di CO2, di per sé, appare positivo e funge da "fertilizzante" per le piante - si tratta di una componente fondamentale del processo di fotosintesi - l'effetto degli altri influssi è in qualche modo opposto. Tanto che nella fascia sub-tropicale e in quella delle medio-basse latitudini si prevede una diminuzione abbastanza generalizzata dei raccolti a causa di un'aumentata evapotraspirazione delle piante per l'aumento di temperatura, unita ad una scarsità di piogge benefiche (probabilmente pioverà di meno, oppure in quantità più o meno pari ma con concentrazione in piogge violente che non vengono assorbite dal terreno).

Ma nella realtà osservativa è difficile disaccoppiare gli effetti di questi diversi influssi. Allora, si possono creare situazioni sperimentali di campo in cui analizzare la crescita di certe coltivazioni sotto condizioni controllate. Si può quindi studiare l’influsso separato di un aumento di CO2 sulla crescita, ad esempio, di cereali e legumi, a parità degli altri fattori. E’ veramente positivo l’influsso di una concentrazione aumentata di anidride carbonica, o ci sono altri effetti cui spesso non si pensa? E’ quanto si sono chiesti Samuel Myers e colleghi conducendo uno studio di questo tipo, i cui risultati sono stati appena pubblicati su Nature.

Tramite esperimenti di campo detti FACE (Free-Air CO2 Enrichment), di cui un impianto titpico viene mostrato nella foto all'inizio di questo post, ci si può porre in situazioni particolari, per esempio a concentrazioni di CO2 di 550-580 ppm (parti per milione), da confrontare con situazioni di controllo tipiche della nostra epoca (con circa 390 ppm di CO2). Così, questi scienziati - che hanno analizzato risultati non solo ottenuti da loro ma anche da altri ricercatori - hanno trovato che in molte specie di cereali e legumi sottoposte ad un aumento di anidride carbonica, parallelamente ad una crescita leggermente aumentata, si ha nel contempo una diminuzione notevole di zinco, ferro e proteine. Ciò significa che, anche trascurando gli influssi della temperatura aumentata e di possibili deficit idrici, la sola influenza della CO2 non è di per sé completamente positiva, in quanto tende a diminuire il valore nutritivo dei raccolti.

Se si pensa che attualmente, specie nel terzo mondo, circa 2 miliardi di persone soffrono di un insufficiente apporto di vitamine e minerali, e che nella loro alimentazione le proteine vengono fornite dai vegetali e non dagli animali, si comprende facilmente come lo studio di Myers e colleghi faccia pensare che questa situazione critica possa venire ulteriormente aggravata dall’aumento di anidride carbonica in atmosfera... anche trascurando altri fattori!

8 commenti RSS

  • molto interessante, vorrei portare all'attenzione dell'autore e di chi lo segue una domanda: esiste una raccolta di "best practice", idee da cui un imprenditore agricolo può attingere per adeguare la sua produzione anche con piccole iniziative di mitigazione? ho certcato in merito ma più che qualche solita linea guida sul risparmio idrico/enegetico non ho trovato.

  • Grazie per aver portato all attenzione questo studio, i cui risultati sono interessanti e soprattutto gettano una luce nuova sulle possibili interazioni tra CO2 e nutrizione. Si sapeva che la co2 elevata puo' ridurre il potere nutritivo dei cereali, ma il livello di analisi presentato dagli autori, come dicono loro stessi, supera di parecchio quelle fatte finora.
    Il fatto che questi risultati riguardino un rapporto, ovvero quello carboidrato/minerale nel seme, potrebbe avere diretta rilevanza nel mondo reale --ovvero se la risposta dei cereali nei campi agricoli ''veri'' saranno simili a quelle nei siti sperimentali.
    Naturalmente il passaggio da processi biochimici di base alle produzioni agricole e' parecchio complesso, dipendendo in maniera ugualmente importante da fattori culturali, tecnici, socio-economici e di mercato. Per saperne un po' di piu' sui temi di cambo climatico e agricoltura, incluse alcune discussioni su buone pratiche come richiesto sopra, offro questo sito:
    http://www.fao.org/climatechange/en/

  • a me pare un gran bel feedback positivo, o - riducendo alla oramai deprecabile visione meccanicistica - una chiara evidenza della bontà della regolazione automatica (semplice o complessa) dentro a un sistema dinamico gigante quale la nostra Terra.
    Gli umani migliorano la produttività agricola mercé la Scienza: bonifiche del territorio, tecniche agronomiche, fertilizzanti, trattori, mietitrebbia colossali etc.; tale miglioramento produce un' aumentata quantità di umani brulicanti, ma pure un rovescio della medaglia - apprendo da questo post di Pasini -, cioè il noto impatto ambientale derivante da tali pratiche si fa sentire, tra le altre cose, pure esplicitando carenze nei valori nutritivi di cotali e cotante quantità di abbondante scientifico nuovo mangime, carenze che mettono in difficoltà, pare, l'approvvigionamento qualitativo, fatto il quale determina preoccupazione, e speriamo, la morte, di qualche miliardo di brulicanti infestanti bipedi. FAO permettendo.

    Nulla è gratis in un sistema limitato, vale la pena di ricordarlo, io penso.

  • Penzate ineccepibili, ancorchè non tutte originali, caro il mio yop.
    Aggiungo solo che riguardo all’ aumento della produttività agricola grazie alle applicazioni “sul campo” della scienza molti dimenticano che anch’ esse non sono affatto “aggratis”

    Infatti i sostenitori della Rivoluzione verde di solito comparano entusiasticamente le rese ponderali, per unità di superficie agricola (kg di prodotto edibile per 1 ha)
    trovando che (grazie appunto a fertilizzanti, trattori etc) queste sono aumentatee di molto (i dati riportano valori anche del 4-500% nei cereali base dell’ alimentazione umana) rispetto alle rese dell’ agricoltura tradizionale.
    MA tali soggetti tecnofilici dimenticano ingenuamente di considerare le rese energetiche (J spesi nel processo agricolo per ottenre 1 kg di prodotto).
    E queste nel passaggio da agricoltura tradizionale ad agricoltura moderna (ossia tecnologicamente avanzanta,appunto con impiego di mietitrebbia agiganti, fertilizzant etc) sono DIMINUITE in maniera drastica, ossia, cercando i dati ad esempio riguardo i cereali, del 3000-7000% :!:
    E l' energia non è di certo nè illimitata nè gratis
    sul nostro pianetucolo infestato da bipedi penzanti.

  • Purtroppo la gestione intelligente :-( della società, ci ha portato in questa situazione, dalla quale sarà difficile uscire senza gravi disagi (eufemismo).
    Invecchiando sono diventato sempre più pessimista e mi sembra di vedere un'umanità che si sta dirigendo verso una terza guerra mondiale che, se dovesse succedere, non si sa come se ne uscirebbe, il problema della sovrappopolazione però sarebbe forse risolto.
    Per quanto riguarda le difficoltà dell'alimentazione, se si continua a spendere più in armi che in cibo, c'è poco da sperare; credo però che la scienza avrebbe le possibilità per alimentare una popolazione numerosa, passando magari, in un futuro abbastanza vicino, alla produzione di proteine e vitamine in reattori biologici, utilizzando lieviti etc., situazione però poco accetta a gente che rifiuta anche gli OGM, ma per chi ha lo stomaco vuoto...
    Ho letto che, in Italia, le famiglie senza figli sono aumentate del 10% dal 2000 e, se questa fosse una tendenza mondiale, sarebbe un segnale che potrebbe aumentare l'ottimismo, però forse questo non avviene e, in ogni caso, potrebbe essere troppo tardi.
    Ipotizzare una decrescita intelligente, sia del numero di persone che dell'inquinamento ambientale, mi sembra un'ipotesi inverosimile, probabilmente l'intelligenza umana, che non è logica ma sottoposta agli istinti, non sarebbe in grado di gestirla.

  • @franco(agricoltore) 1 agosto 2014 alle 22:51

    @Marco

    alcune “best practice” ,
    servono senz'altro a prendere confidenza con una tecnica basata su

    -copertura permanente del suolo
    -semina diretta o in minima lavorazione superficiale
    -diversificazione delle specie coltivate

    Rispetto a quelle maggiormente in uso,oltre a ridurre notevolmente l'energia fossile necessaria alla coltivazione ,questa tecnica contribuisce a mitigare l'effetto evapotraspirazione delle piante e ad incrementare la capacità di assorbimento da parte del suolo,di minori apporti pluviometrici o pari ma di intensità più violenta.

    da sito della Fao questo link è abbastanza completo di indicazioni ,anche se piuttosto accademico

    http://www.fao.org/ag/ca/fr/index.html

    da questo link di agricoltori e agronomi Francesi trovi qualche indicazione più pratica:esperienze,vantaggi, problematiche,possibili soluzioni , ma in lingua francese

    http://agriculture-de-conservation.com/

    in lingua iglese...prova a cercare Rodale Institute,oppure Steve Groff,Dwayne Beck,Brown's Ranch

    Una domanda da incompetente a chi può e vuole rispondere

    Per avere gli stessi apporti di zinco, ferro e proteine, occorrerà incrementare il consumo procapite di cereali e legumi..giusto?

    Ammesso di diventare intelligenti e riuscire a ritrovare un equilibrio tra cibo prodotto , umani brulicanti e fabbisogno energetico,prima di schiattare tutti quanti,o solo qualche miliardo che sia, fisologicamente ingozzarsi di piu del resto per avere gli stessi apporti di zinco, ferro e proteine,cosa comporta al ns metabolismo?

  • Tra i pochi dati consultabili dal link di Pasini allo studio in oggetto c'è un grafico che fornisce il calo percentuale di taluni nutrienti in talaltri alimenti di base in funzione dell'aumento CO2.
    Per lo zinco, p.es., considerando le barre di errore che son lunghe come la fame, si può valutare una diminuzione media del 5% nelle farine di grano, nel riso, nella soja e nel granturco.
    Poiché lo zinco (importantissimo, parrebbe, nella dieta degli umani) nei vegetali è meno biodisponibile, si dice, oltre che presente in quantità molto minori rispetto ad altri alimenti, risulta evidente che un suo calo del 5% in un'alimentazione già povera e insufficiente di per sé come quella che fa appunto morire di fame e malnutrizione milioni di persone, sia l'ultima delle preoccupazioni per i denutriti medesimi per i quali, 5 + o 5 -, poco o nulla cambia nella sostanza.
    A questo proposito si potrebbero paracadutare ai denutriti migliaia di pallet di ostriche (in scatola, tanto non è che hanno da fare tanto i difficili), che contengono trenta volte il contenuto di Zn, a parità di quantità masticata e deglutita, del solito riso o mais delle solite Organizzazioni che con la Fame nel mondo ci marciano alla grande.
    E se agli zincocarenti non gli piacciono le ostriche che protestino col maître.

  • Stamattina ho fatto colazione con frutta, yoghurt, biscotti, pertanto mi risulta difficile mettermi nei panni di chi è affamato o malnutrito, però mi chiedo come fa una coppia a mettere al mondo dei figli, se non ha da dare il mangiare neanche a quelli che già ha.
    Pensandoci, però, mi torna in mente com'era la situazione quando sono nato io: più poveri erano e più figli avevano e, il mangiare, era poco anche allora.
    Si potrebbe arguire che fossero poco intelligenti, ma non è vero, era l'ambiente culturale che faceva dimenticare la logica, un ambiente culturale senza istruzione, basato su credenze illusorie.
    Ho letto che durante la guerra Iran-Iraq, l'Iran aveva uno slogan, "vogliamo un esercito di venti milioni di uomini" (ricordate il duce che gridava "abbiamo venti milioni di baionette?" la stupidità non ha confini) e, questa propaganda, portò la fecondità a 7,7 nati per donna.
    Finita la guerra si accorsero di essere in troppi e iniziarono una campagna per contenere le nascite, arrivando ad una fecondità di 2,1 nati per donna.
    L'ambiente culturale è determinante, se la classe dirigente mondiale, non soltanto quella politica, volesse, si potrebbe cercare di risolvere i problemi.