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Cultura

Gli italiani leggono sempre meno. Cosa ci perdiamo?

A fine marzo sono stati presentati i risultati di un'indagine commissionata dal Centro per il Libro e la Lettura (ne approfitto per fare gli auguri al nuovo presidente del Centro, Romano Montroni) sull'acquisto e il consumo di libri. I dati denunciano un calo importante sia nella percentuale dei lettori, che passa nel 2013 dal 49% al 43%, sia in quella degli acquirenti, che scende dal 44% al 37%. Chi come me lavora con i libri era già consapevole, vivendolo sulla propria pelle, di questo andamento negativo del nostro paese rispetto ai libri e alla lettura.

In qualche modo le crisi possono provocare atteggiamenti positivi: nel mio mondo, quello dell'editoria per ragazzi, noto una crescita di qualità da parte degli editori, soprattutto indipendenti, insieme alla nascita di nuove idee e sinergie per promuovere libri e lettura. Come lettrice sono sempre più selettiva, continuo a comperare libri (sono sicuramente nella fascia di quel 4% che - scrive Giovanni De Mauro - con la nuova legge elettorale non entrerebbe neanche in Parlamento) ma non compero più "qualsiasi cosa", scelgo con attenzione solo quello che penso possa davvero regalarmi il piacere di leggere, una pausa, un libro che apra la porta a qualcosa che nutra anima e testa.

Più volte qui ho scritto che serve una politica seria perché questo paese legga. A partire dai più piccoli. È necessaria una legge che istituisca le biblioteche scolastiche. Sono necessarie politiche decise per diffondere libri e lettura. Perché non si tratta solo di crescita culturale del nostro paese, ma anche di crescita economica. A partire da chi con i libri vive e lavora. Dagli editori ai librai, passando naturalmente per gli autori. Su questo il lavoro svolto dal Forum del libro è prezioso. E vi invito a visitare il sito per saperne di più, anche dei progetti di legge presentati, come quello Disposizioni per la diffusione del libro su qualsiasi supporto e per la promozione della lettura.

Ho letto molti commenti su questi dati. Come ad esempio quelli di Loredana Lipperini, di Christian Raimo, di Roberto Saviano che segnalano e la stanchezza di dover ripetere sempre le stesse cose e la preoccupazione per questi risultati. Giovanni De Mauro, sopra citato, si chiede se non sia colpa anche del livello basso dell'offerta editoriale. Credo che questa sia una direzione che non si abbandonerà troppo facilmente: i libri "commerciali", usa e getta, di scarso valore, fanno parte di un sistema di consumo ben radicato nelle nostre vite. Non ci sarebbe nulla di male. Se però a questa offerta editoriale non affianchiamo con forza ed efficacia la possibilità di accedere anche ad altri libri. Che, come diceva Calvino, hanno un linguaggio, una struttura e fanno vedere qualcosa, possibilmente di nuovo.

Il dramma vero è che l'asfissia del mercato libraio, la mancanza di biblioteche scolastiche e di pubblica lettura, una politica che non si cura di favorire e promuovere la lettura, rendono praticamente impossibile l'accesso a molti libri che potrebbero invece essere letti da molti lettori e crescerne di nuovi. E il rischio purtroppo è anche quello di diminuire la produzione di libri di qualità (che non vuol dire mattoni insopportabili! Attenzione non fatevi ingannare!!). Un editore ci pensa mille volte prima di investire su un libro bello ma che sa che avrà molte difficoltà ad essere venduto. Il pericolo quindi è quello di un ulteriore abbassamento culturale (ricordate sempre dove siamo nelle classifiche OCSE: non c'è da esserne fieri...).

Cosa ci perdiamo? Intanto ci perdiamo in piacere. Che non è poco. E poi perdiamo conoscenza, sapere, possibilità di pensare e immaginare. Perdiamo il tempo prezioso di una pausa. Di un tempo lento. Forse la crisi porterà ad un rafforzamento di un settore di produzione di qualità, che si fermerà a quelle percentuali minime di lettori (il famoso 4% che legge più di 12 libri l'anno). Tirature basse e grande lavoro di selezione e di scelta. Ma a crescere sarebbe una ben minima parte di paese... E siamo proprio sicuri che questo non sia dannoso? Possibile che non si rifletta sul fatto che oggi più che mai dovremmo pensare a nutrire menti, per non impoverirci ulteriormente?

Per rendere la lettura qualcosa di desiderato dovremmo forse iniziare a dire che leggere è pericoloso. E qualcuno ci sta già provando, cercando di mettere all'indice libri che trasgrediscono ad un banale e ottuso "senso comune" La libreria dei ragazzi di Milano ha organizzato un incontro proprio su questo il prossimo 9 aprile. Magari se iniziano a bruciare i libri, ci accorgiamo di quanto siano preziosi per la crescita di democrazia e di persone capaci di pensare e di scegliere.

Tra i consigli di lettura vi ripropongo un saggio sugli effetti della lettura sul nostro cervello: Proust e il calamaro, Storia e scienza del cervello che legge, di Maryanne Wolf, edito da Vita e Pensiero. E naturalmente Marcel Proust, Del Piacere di leggere, Passigli. E poi, per gli adulti, è da poco uscito l'ultimo libro di Fabio Stassi, per Sellerio: Come un respiro interrotto. Non l'ho ancora letto, ma l'ho appena comprato. Di lui ho letto solo L'ultimo Ballo di Charlot, sempre per Sellerio. Ma mi fido, è una ottima penna. E chi lo pubblica è un ottimo editore.

Approfitto perché avevo dimenticato di citare nel mio ultimo post un nuovo editore per ragazzi (anzi editrice! Il mondo italiano dei libri per ragazzi è praticamente dominato dalle donne!) Vanvere, vale la pena. Così come vale la pena di rileggere Piove sul bugnato, di Fosco Maraini perché è da lì che Vànvere ha preso il nome...Non si finisce mai di imparare.

Buona lettura!

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