Milano, 17 aprile 2014 - 09:16

Ecco la proteina Giunone: così l’uovo cattura (in esclusiva) lo spermatozoo

È l’«attrazione fatale» fra due proteine genera l’embrione. Dopo la fecondazione Giunone diventa invisibile per quaranta minuti per respingere altre «avances»

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Quando Izumo incontra Juno nasce la vita. È l’«attrazione fatale» tra due proteine che permette a uovo e spermatozoo di riconoscersi e fondersi, generando un embrione. Una delle due, Izumo, era già nota (fu scoperta sulla superficie degli spermatozoi nel 2005 da un team giapponese, che la battezzò con il nome di un santuario dedicato alla divinità dei matrimoni), mentre l’altra, la sua compagna, è rimasta per anni un mistero. A svelare il rebus sono gli scienziati britannici del Wellcome Trust Sanger Institute, che hanno individuato e dato un nome alla «dolce metà» di Izumo: una proteina esposta sulla cellula uovo, chiamata Juno (proteina Giunone) in onore della dea della fertilità nell’antica Roma. La scoperta, pubblicata su Nature, apre nuove vie al miglioramento delle tecniche di fecondazione assistita e allo sviluppo di nuovi contraccettivi. «Abbiamo risolto un mistero biologico di lunga data - commenta Gavin Wrigth, autore senior dello studio - Le due proteine sono presenti sulla superficie di tutti gli spermatozoi e gli ovuli, e per dare origine a una nuova vita al momento del concepimento si devono necessariamente accoppiare. Senza questa interazione essenziale, nulla accadrebbe».

La scintilla che accende la vita

Sull’asse Giappone-Gran Bretagna si è inserita anche l’Italia : il primo autore della ricerca britannica è l’italiana Enrica Bianchi. I ricercatori del Sanger Institute hanno creato una versione artificiale della proteina Izumo, scoperta anni prima dai colleghi nipponici sugli spermatozoi, e hanno usato questo «avatar» per cercare la proteina-partner sulle cellule uovo. È con questo approccio che hanno acceso i riflettori sull’intesa tra Izumo e Juno: un «colpo di fulmine» che accende la scintilla della vita, avviando il processo di fecondazione. Per avere la prova del nove, gli studiosi hanno creato topi femmina «ogm», prive della proteina Juno sulle uova. Hanno così osservato che questi animali erano infertili, perché le loro uova non potevano «catturare» nessuno spermatozoo. Allo stesso modo, topi maschi privi di proteina Izumo sono infertili perché i loro spermatozoi non possono fondersi con nessun uovo. «L’accoppiamento Izumo-Juno - spiega Bianchi - è la prima interazione nota essenziale per il riconoscimento spermatozoo-uovo, in ogni organismo. Il legame tra le due proteine è molto debole, il che probabilmente spiega perché è rimasto un mistero finora».

Il trucco

Non è tutto. Bianchi e colleghi hanno anche svelato il trucco usato dalla cellula uovo già «impegnata»: una volta che lo spermatozoo l’ha fertilizzata, per 40 minuti sulla sua superficie la proteina Giunone diventa invisibile, così da respingere le «avances» di altri spermatozoi. In questo modo, madre natura evita che uno stesso uovo possa essere fecondato da più spermatozoi dando origine a un’«entità » che avrebbe troppi cromosomi per sopravvivere. Ora l’équipe sta conducendo uno screening su donne infertili, per cercare di capire se eventuali difetti della proteina Giunone possano essere una causa della loro condizione. Se così fosse, in futuro - sperano gli autori - un semplice test genetico potrebbe indirizzare verso un trattamento su misura le aspiranti madri che non riescono a concepire un figlio per vie naturali, riducendo le spese e lo stress legati ai trattamenti di fecondazione assistita.

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