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GIULIA ZANICHELLI | Sono stati in scena solo venti minuti, ma non sempre sono necessarie piogge di minuti per comunicare tanto.

“Veryferici”è il titolo e sono i protagonisti della produzione presentata al festival Short Theatre di Roma da Shebbab Met Project, gruppo giovane e multinazionale formatosi circa un anno fa all’interno della compagnia Cantieri Meticci di Bologna.

Quello che Lamin Kijera, Moussa Molla Salih, Alexandra Florentina Florea, Natalia De Martin Deppo, Youssef El Gahda, Matteo Miucci, Younes El Bouzari, Gianfilippo Di Bari e Camillo Acanfora hanno creato è la loro storia fatta spettacolo. Un testo teatrale che sgorga dalle loro esperienze personali spesso difficili e si declina in monologhi, aspetti coreografici, canzoni.

Questo originale processo creativo li ha portati a vincere il Premio Scenario per Ustica 2017, per la contagiosa vitalità di un gruppo che fa della propria presenza in situazioni di periferia urbana il cuore stesso dell’esposizione teatrale, riuscendo a costruire un affresco di momenti scenici, veicolati dall’elemento musicale, di forte impatto emotivo e di straripante energia. Un teatro che vuole essere usato per “raccontarsi” e che aspira a raggiungere gli abitanti di quei mondi lontani dove la parola teatrale è del tutto sconosciuta.

Su un palcoscenico quasi spoglio, se non per una fila di sedie sul fondo del palco, qualche barattolo, due microfoni, giochi di luce che illuminano l’alternarsi dei protagonisti e una lavagna luminosa che disegna le scenografie (un’idea originale che la visual artist Aurélia Higuet poteva sfruttare ancora di più), Shebbab Met Project si presenta come sa e come può. Si alternano i racconti delle vite dei suoi protagonisti sfruttando i più disparati modi espressivi, ruotando intorno alla forma canzone o a quello che mira a esserlo, attraverso rime improvvisate e divertenti, beatbox e rap, melodie bilingue in marocchino e italiano, morbide ninna nanne e una conclusione di sapore folk chitarra e voce.

I Veryferici sono supereroi, o supererrori, come loro stessi si definiscono.

Sono eroi abbandonati, che nessuno conosce e riconosce, che si sentono marginali e periferici. Molto periferici. Veryferici, insomma.

Ed è proprio questo comune sentirsi isolati e al di fuori della collettività riconosciuta che li porta a unirsi, formando un grande coro collettivo che porta avanti un discorso fatto di forte emotività e di improvvisazione e che vede nell’arte la via di salvezza e di libera espressione grazie a una narrazione che attinge a piene mani dai mondi e dalle usanze dei contesti culturali di provenienza degli attori.

E così sotto la regia di Camillo Acanfora e il coordinamento drammaturgico di Natalia De Martin Deppo si tratteggiano le storie più diverse: la ragazza dell’est che non ha soldi per comprarsi una bambola ma vuole essere una grande cantante; il giovane africano che rincorre gli aerei sperando che si fermino a portarlo via, a trasportarlo dove c’è ricchezza e felicità; il ragazzo del meridione italiano che cerca di sfuggire alla presenza invadente e totalizzante di una madre gigante e che sogna di diventare un famoso beatboxer; gli immigrati magrebini alla volta della Germania governata dall’amata Merkel e dal suo animo accogliente non apprezzato; l’italiana che vuole aprire le mani e le braccia al prossimo, anche se non le assomiglia, e conoscerlo.

Storie diverse, che sorgono su scenari diversi e hanno ambientazioni distanti, ma tutte caratterizzate dalla volontà di rivincita, dalla potenza del sogno e del desiderio di riscatto.

C’è della politica, ma non risulta invadente come correva il grosso rischio di essere. C’è la volontà di denunciare un mondo che sta diventando sempre più delimitato e limitante, dove i confini si alzano sempre più e dove le fantomatiche grandi libertà raggiunte nel corso della storia dell’uomo si stanno lentamente e silenziosamente svuotando. Sicuramente c’è una morale chiara, una forte componente di denuncia sociale.

Ciò che permette a tutto questo di funzionare è la durata del pezzo: probabilmente un’ora sarebbe stata troppo, si sarebbe caduti in una retorica fastidiosa. E invece quei pochi minuti riescono a coniugare la risata alla riflessione, tematiche universali e forse spesso iperutilizzate in modo personale.

Shebbab Met Project è un teatro giovane, frutto di sangue e lacrime ma anche di risate e leggerezza: non utilizza nulla se non le proprie esperienze, ed è questo che lo rende così fresco, semplice ed efficace.

Link al premio Scenario: http://www.associazionescenario.it/ed2017/shebbab.htm

SHEBBAB MET PROJECT

Veryferici

interpreti | Lamin Kijera, Moussa Molla Salih, Alexandra Florentina Florea, Natalia De Martin Deppo, Youssef El Gahda, Matteo Miucci, Younes El Bouzari, Gianfilippo Di Bari, Camillo Acanfora

coordinatore della regia | Camillo Acanfora

coordinatrice della drammaturgia | Natalia De Martin Deppo

visual artist | Aurélia Higuet

organizzatrice e referente | Angela Sciavilla