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David Godlis ha fotografato la nascita della scena punk americana

Ci saranno stati sei o sette fotografi presenti nel giorno della nascita del punk, ma ci sarà sempre un solo Godlis. Per anni le sue foto sono state considerate impubblicabili, e ora le celebriamo con un libro.

Ci saranno stati sei o sette fotografi presenti nel giorno della nascita del punk, ma ci sarà sempre un solo Godlis. Esatto, stiamo parlando di un fotografo punk che di nome fa Godlis. Molti degli altri fotografi che furono abbastanza intelligenti o fortunati da decidere di lavorare su Bowery Street all’inizio degli anni Settanta usavano il flash intenso e il fuoco apprezzati dalle riviste musicali dell’epoca, ma David Godlis, arrivato da Boston nel 1976, aveva scelto uno stile romantico e pittorico, caratterizzato dall’utilizzo della luce naturale e di lunghi tempi d’esposizione. Ispirato dalle scene sfumate con cui il suo eroe Brassaï aveva rappresentato la vita notturna nella Parigi degli anni Trenta, Godlis ha fotografato i primi concerti di Blondie, Television, Ramones, Richard Hell and The Voidoids, Suicide, Talking Heads, Dead Boys, Patty Smith e molti altri, tenutisi nell’ormai leggendario CBGB.

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Richard Hell, Bowery, 1977

Anche se la loro bellezza è oggettiva e indiscutibile, per i giornali e le riviste dell’epoca gli scatti di Godlis erano "impubblicabili". Per questo motivo, nonostante la grandissima popolarità di cui gode ora il punk rock, non è mai esistito un libro che raccogliesse queste foto.

Io e Godlis ci siamo conosciuti l’anno scorso tramite Henry Horenstein, il celebre fotografo di Boston che nel suo progetto fotografico Honky Tonk ha documentato gli ultimi giorni della vecchia scena country. Henry sapeva che oltre ad essere photo editor di VICE dirigo MATTE, una rivista fotografica autoprodotta. Così mi ha proposto di incontrare Godlis. Non so se sapesse che, tra le fonti di ispirazione dietro a MATTE, c’era Punk, la rivista di John Holmstrom e Legs McNeil da cui ha preso il nome il movimento. Era da anni che Godlis pensava di pubblicare un libro, e io volevo avviare una casa editrice di libri fotografici, così abbiamo deciso di lavorare insieme al suo progetto. Dopo la decisione di optare per il crowdfunding abbiamo organizzato una campagna su Kickstarter per quello che sarebbe stato il primo libro fotografico di MATTE, intitolato provvisoriamente History Is Made at Night, e nel giro di 48 ore siamo riusciti a raccogliere donazioni per 20.000 dollari. Ho parlato con Godlis della combinazione di intuito e fortuna che l’ha portato a scattare queste foto.

VICE: Considerato che sono passati quarant’anni, la risposta del pubblico all’idea di trasformare queste foto in un libro è stata incredibilmente positiva. 
Godlis: Sinceramente, sono davvero stupito. Pensavo che non sarebbe importato a nessuno.

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Mi sembra che tu abbia fatto un ottimo lavoro nel diffondere la notizia, coinvolgendo molte delle persone che appaiono nelle foto, gli esponenti della scena punk di allora. 
Da quando mi sono fatto Facebook e ho imparato ad usarlo, ho capito che mi consentiva di tornare in contatto con tutte le persone che frequentavo ai tempi del CBGB. Era proprio come allora, eccetto che questa volta ciascuno era a casa propria e ci si parlava via internet. Tutti i miei amici di allora sono lì. Seguono tutte le foto che pubblico, e io tengo in grande considerazione la loro opinione. Queste sono le persone che ho coinvolto, e sono state molto felici di sostenere il progetto.

Patti Smith, Bowery, 1976

Molti degli aneddoti che accompagneranno le foto all’interno del libro provengono da queste persone. 
Ogni volta che pubblico una foto, qualcuno si ricorda un dettaglio di cui mi ero completamente dimenticato. Per esempio, nel caso della foto di Patti Smith, stiamo ancora discutendo su chi sia la persona che si vede dietro di lei, sul lato sinistro della foto.

Joey Ramone, St. Mark's Place, 1981

È il tuo primo libro, no? 
Sì. Ho partecipato a molti altri libri e documentari, ma non ho mai pubblicato un libro tutto mio. In più, queste foto sono state concepite per far parte di un libro: era ciò che pensavo mentre le scattavo. Ma sono passati anni, e ora credo che sia perfetto farlo così, attraverso il crowdfunding. È qualcosa di simile a quello che facevamo al CBGB ai tempi. È autoprodotto. Un libro autoprodotto che racconta una scena basata sull’autoproduzione.

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Alex Chilton, Bowery, 1977

Nello scattare le tue foto ti ispiravi a Brassaï, giusto? 
Nel 1976 era uscita una nuova edizione di Parigi segreta e io ne ero rimasto affascinato. In quello stesso periodo frequentavo il CBGB, così ho messo insieme le due cose e iniziato a scattare foto nelle nottate passate in giro per Bowery Street.

Usavi dei tempi d’esposizione molto lunghi, e per questo motivo c’è chi ha definito le tue foto “sfuocate”.
Be’, non usavo il flash. All’epoca andavano molto le foto patinate fatte con il flash. A volte quando scattavo le foto mi dicevano, “Guarda che non funziona il flash.” C’erano dei fotografi che avevano uno stile simile al mio, ma nessuno di loro lavorava nella musica. Perciò ogni volta che sottoponevo i miei scatti a una rivista mi sentivo dire, “Questa roba non è pubblicabile.” Alcune delle mie foto sono state pubblicate in Inghilterra, dal New Musical Express: da quelle parti non c’erano problemi. Ma a New York, la maggior parte delle riviste a cui sottoponevo i miei lavori li rifiutava. Nel periodo in cui lo fotografavo, il punk in America non interessava a nessuno. Ha iniziato a esserci dell’interesse solo un anno dopo, coi Sex Pistols. Ci sono voluti i Sex Pistols perché qualcuno si accorgesse del punk.

Klaus Nomi, Jim Jarmusch, Christopher Parker Tornando al libro, l’introduzione la sta scrivendo Jim Jarmusch. 

Sì, Jim è un mio vecchio amico nonché uno dei soggetti che ho fotografato. Nel libro c’è una foto bellissima di lui fuori dal CBGB. L’ho conosciuto quando studiava cinema alla NYU. Il nostro amico comune Christopher Parker appare sia nel mio primo libro che nel primo film di Jim, Permanent Vacation.

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I Talking Heads, CBGB, 1977

Come sei entrato in contatto con la scena punk? 
Ero stato incuriosito da alcune pubblicità in bianco e nero sul retro del Village Voice in cui comparivano gruppi musicali dai nomi strani. Che gruppo musicale sceglierebbe mai di chiamarsi Television? Poi mi sono capitati per le mani alcuni numeri di Punk in cui si raccontava quello che stava succedendo al CBGB. Così ci sono andato e ho visto che ci suonavano i Television. Mi ricordo che ho pensato, Oh, hanno tutti lo stesso disco dei Velvet Underground che ho io a casa. Erano tutte persone divertenti. All’epoca il punk non voleva essere qualcosa di minaccioso, lo è diventato poi, con i Sex Pistols. La gente non andava ancora in giro con le spille da balia sui vestiti. Avevamo tutti 25 o 26 anni e nel mondo del rock’n’roll non c’era spazio per noi, così ci siamo dovuti trovare un posto in cui potessimo creare una scena tutta nostra. Questo era ciò che facevamo all’epoca.

La filosofia DIY. 
Se un’etichetta non voleva fare un contratto a un gruppo, questi facevano uscire il loro 45 giri autoprodotto, iniziavano ad affiggere poster, andavano a suonare in un locale in cui non voleva suonare nessuno, sulla Bowery. Ho visto un concerto dei Ramones, e sono impazzito. Ok, questo è il posto che voglio frequentare. E poi c’era Blondie, ovviamente.

Blondie, CBGB, 1977

Non c’era modo di definire quanto stava accadendo in quel periodo, perché ognuno era diverso. Il termine “Punk” è arrivato con l’omonima rivista. Sembrava un nome appropriato a quello che stavamo facendo.

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Be’, anche da quel punto di vista si è trattato di fai da te: tre ragazzi del Connecticut che hanno fondato una rivista perché volevano frequentare quella scena. 
John Holmstrom era un fumettista geniale che stava studiando con Harvey Kurtzman, il fondatore di Mad. A tutti nella scena piaceva Mad. Era la prima rivista che affermava che anche gli adulti potevano essere stupidi. Le storie che pubblicava erano ispirate alle persone che frequentavano la scena.

I Dictators, Bowery, 1976

Quel periodo e quei luoghi sono stati molto idealizzati dalle nuove generazioni. Oggi, la gente guarderà queste foto in modo diverso rispetto a come le avrebbe guardate all’epoca. Cosa pensi sia cambiato? 
Be’, la musica è in continua evoluzione. Queste foto erano già vecchie negli anni Ottanta. All’epoca, con il successo dei Nirvana, furono in moltissimi a chiedermele. Rappresentavano la musica che aveva influenzato Kurt Cobain, per cui erano diventate storiche. In un certo senso, già quando le scattavo pensavo a come sarebbero state se qualcuno le avesse riviste anni dopo. Se fai il fotografo, fai arte che documenta i tuoi tempi. Devi cercare di catturare l’essenza di un determinato periodo, così che poi, quando qualcuno vorrà guardare indietro, potrà farlo con le tue foto.

Godlis è un fotografo di New York e un’istituzione cittadina. Seguilo su Instagram.

Partecipa al Kickstarter per il libro di Godlis e ordinalo qui.