Referendum Costituzionale 2016

Referendum, l'ultima mossa di Renzi: "Con il voto estero si può vincere, quel 3% cambia tutto"

Il retroscena. Si prevede che si esprimeranno circa un milione e mezzo di connazionali che si trovano oltre confine. Il comitato del No prepara la battaglia e invita il governo a vigilare sulle schede elettorali spedite per posta: "C'è il rischio di falsificazione"

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"IN BELGIO la comunità italiana è ancora molto numerosa e quasi tutti votano sì". Matteo Renzi ascolta, quasi non crede alle sue orecchie. Davanti a lui c'è Cristophe Berti, il direttore del più importante giornale belga, Le Soir. È un osservatore esterno ma butta nella mischia l'ultima speranza per il fronte che sostiene l'approvazione della riforma costituzionale: l'idea che gli elettori residenti all'estero possano essere la vera arma di riserva per Palazzo Chigi.

A 72 ore dall'apertura dei seggi, dopo una campagna referendaria che non ha risparmiato colpi da una parte e dall'altra, quelle parole diventano quasi un balsamo per il presidente del Consiglio. Il risultato di domenica prossima, del resto, non segnerà soltanto il destino della nuova Costituzione. In gioco c'è anche una parte del futuro politico del segretario Pd. Sul piatto della bilancia di fatto è stata piazzata anche la poltrona di Palazzo Chigi e la leadership del centrosinistra.

Sebbene nelle ultime settimane abbia cambiato registro, Renzi sa bene che una eventuale sconfitta sarà gravida di conseguenze. L'attuale equilibrio politico verrà, in quel caso, completamente scombussolato.

Dinanzi al suo interlocutore, allora, improvvisamente si ferma. Come chi trova un'insperata ancora di salvezza. Lo ascolta con un pizzico di sorpresa, si avvicina e gli chiede senza mezzi termini: "Quanti sono gli elettori connazionali in Belgio?". "Centomila - risponde - e io sono uno di loro". Un sorriso, una stretta di mano più vigorosa e il premier comincia a far di conto. Muove ritmicamente le dita e poi ripete: "Così ce la possiamo fare".

Ecco dunque la nuova frontiera dello scontro tra favorevoli e contrari. Un duello che improvvisamente supera i confini nazionali e si allarga a macchia d'olio nei Paesi che ospitano le quote maggiori di italiani "fuori sede". Il capo del governo si rivolge ancora al direttore de Le Soir e poi ragiona a voce alta. "Se il Sì riesce a conquistare il consenso dei due terzi degli italiani all'estero - è la sua idea - allora ce la possiamo fare". Nel pallottoliere immaginario del leader democratico, la quota del voto estero sta diventando dunque "determinante". In realtà sta assumendo importanza anche per il fronte del No. Sanno che quella può essere la faglia che si apre sotto le certezze dei sondaggi pubblicati fino a due settimane fa. La variabile imprevedibile capace di sorprendere nuovamente i sondaggisti.

Nell'ultima tornata elettorale nazionale, quella del 2013, sono stati un milione e centomila i votanti "stranieri" su poco più di 3 milioni di potenziali elettori. "Magari questa volta - insiste Renzi - si può arrivare a un milione e mezzo di voti all'estero. Se noi ne prendessimo un milione, allora l'ago della bilancia si sposterebbe". In molti, infatti, stimano una partecipazione alle urne in linea con le ultime competizioni. Alle europee del 2014, ad esempio, l'affluenza toccò quota 58 per cento, circa 28 milioni di votanti. Se il dato di domenica prossima si avvicinasse a quella soglia, quel milione di Sì equivarrebbe a circa il 3 per cento. "Così - ripete il capo del governo - ce la possiamo fare. Io ci credo".

Che questo stia diventando il nucleo più profondo della battaglia tra il Sì e il No, lo si capisce dai discorsi del premier e dalle preoccupazioni che i fan della "bocciatura" iniziano a coltivare. Anzi, i riflettori del Comitato del No si sono di nuovo accesi proprio sul voto all'estero. La paura che oltreconfine le operazioni elettorali non rispettino i canoni minimi della democrazia è stata sollevata da tempo. Ma in prossimità del D-day tutto assume la dimensione e il tono dello scontro finale. E soprattutto senza rivincita.

Oggi alle 16 tutti gli italiani che non si trovano in patria devono spedire le loro schede. Da quel momento i giochi sono più o meno fatti. Secondo il No, le procedure non offrono alcuna garanzia. Si rivolgono al ministro degli Esteri e a quello dell'Interno per avere assicurazioni e tutele: "Possibili le falsificazioni". Nella sostanza temono il rischio brogli. Sospetti alimentati da alcuni incredibili episodi: come quello di Flavio Briatore che ha fotografato la sua scheda elettorale prima di imbustarla. Una foto poi messa in bella vista sul suo profilo Facebook.

Insomma intorno alle urne oltrefrontiera si stanno scavando delle vere e proprie trincee che esasperano la guerra tra il Sì e il No. E chiunque uscirà sconfitto da quella trincea, di certo solleverà il caso già domenica notte. Nei giorni scorsi il presidente del Comitato per il No, Alessandro Pace, aveva preannunciato il ricorso se i voti all'estero si riveleranno decisivi per la vittoria del Sì. Questa sarà un'altra delle spine che arriveranno sul tavolo del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, a partire da lunedì prossimo.

Dopo il referendum, infatti, il Quirinale dovrà ricostruire un clima di civiltà tra gli schieramenti politici. Soprattutto se la riforma verrà bocciata. Le spinte verso il voto anticipato e la necessità di riformare la legge elettorale saranno i due interrogativi cui il Quirinale dovrà dare una risposta.
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