Il governo – con l’intervista a Repubblica della ministra Boschi – insiste per un Senato non eletto, che ancora una volta tagli fuori la possibilità di scegliere dei cittadini, e per l’ennesima volta chiede che il progetto presentato da Chiti e molti altri senatori non solo democratici (riprendendo quello che ho presentato alla Camera, in quasi tutto simile) venga ritirato.

Per giustificare questa insistenza il ministro dice che l’Ulivo si era già espresso – in passato – per il modello tedesco.

A parte la considerazione per cui ciò che andava bene in una certa fase nella quale si pensava ad un forte rafforzamento del regionalismo (che ora il Governo stesso vuole ridimensionare) può adesso presentare maggiori problemi, e tralasciando anche il fatto che Boschi ricorda come nell’Ulivo non mancassero in proposito posizioni più favorevoli a un Senato elettivo, ecco, a parte tutto questo (che non è poco), basterebbe semplicemente dire che il Senato proposto dal governo non ha niente a che vedere con il Bundesrat (che pure non è un Senato).

Il Bundesrat – diciamolo chiaro – è composto dai rappresentanti dei governi del Länder, che li nominano e li revocano. Ciò che conta è il numero di voti di ciascun Land: da tre a sei, in ragione della popolazione residente. Ciascun Land può infatti inviare tanti membri quanti sono i suoi voti e questi possono essere espressi solo unitariamente (il che è comprensibile trattandosi di membri dello stesso governo).

Mi pare evidente che il Senato che vorrebbe il governo, con 61 rappresentanti dei Consigli regionali, 61 sindaci (tutti in pari numero per ogni Regione dalla Valle d’Aosta alla Lombardia) e 21 cittadini che hanno illustrato la patria (nominati dal Presidente), che votano (poco) ciascuno individualmente, non abbia nulla di simile al Bundesrat. Che comunque non pare un modello da esportare in Italia.

Per altro, sappiamo tutti che Renzi partì da una proposta in cui erano quasi tutti sindaci, dei comuni capoluogo di provincia (108). Quindi, molto lontano dalla tradizione dell’Ulivo, se proprio.

Si continua, quindi, ad evocare modelli con molta approssimazione: un po’ come quando si dice che con l’Italicum il Pd avrebbe finalmente ottenuto il doppio turno.

In realtà, il ballottaggio tra le due coalizioni (un po’) più votate non ha nulla a che fare con il doppio turno di collegio a favore del quale il Pd si era a suo tempo espresso.

Detto con simpatia, siamo, in sostanza, alla “Commedia degli equivoci” (che poi sarebbe più esattamente la “Commedia degli errori”) soltanto che qui mancano i gemelli e quindi la confusione è molto meno giustificata.

Per questo penso sia bene che i progetti di legge rimangano e che gli equivoci, invece, siano ritirati. Così possiamo ragionare con chiarezza.

Oltretutto, piuttosto che preoccuparmi del perfido Chiti, vero terrore delle genti, insieme ai malefici professoroni, anziani e parrucconi, mi preoccuperei del principale padre costituente ingaggiato, che risponde al nome di Silvio Berlusconi. Anche lui un tempo senatore, decaduto profeticamente, perché così decade anche il Senato, tra un’intervista e l’altra, senza essere nemmeno abolito (perché rimane). E forse senza essere nemmeno modificato, perché non mi pare così certo il cammino delle riforme visto da Arcore.

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