Lombardia al voto:
referendum bugiardo

Per la prima volta nella mia vita, non proprio breve, rinuncio al voto. Mi ricordo l’orgoglio del primo, naturalmente per il Pci. Da poco maggiorenne (allora lo si diventava a ventuno anni), mi presentai al seggio in giacca e cravatta, entrai nella cabina con emozione e calcai ripetutamente la X sulla falce e il martello.

Il referendum lombardo di Maroni invece non mi avrà e mi auguro che molti altri seguano il mio esempio. Non mi avrà perché racconta un sacco di bugie. A cominciare dal titolo, come si legge sui manifesti affissi ovunque (a mie spese e a spese di tutti i cittadini lombardi: tre milioni di euro, 55 milioni il costo totale del referendum), sulle fiancate dei taxi, sulla copertina degli opuscoli illustrativi: “Referendum per l’autonomia”. Di che “autonomia” si racconta? Il referendum può solo autorizzare o stimolare il presidente regionale ad avviare trattative perché nuove competenze siano affidate alla Lombardia, come sempre avrebbe potuto fare, come gli avrebbe consentito la Costituzione: “Ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia… possono essere attribuite ad altre regioni, con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei principi di cui all’articolo 119” . Così recita l’articolo 116, dedicato al tema delle regioni a statuto speciale. L’articolo 119 conferma che comuni, città metropolitane, regioni godono di autonomia finanziaria e di spesa. L’articolo prevede un fondo perequativo per una questione di solidarietà e soprattutto di equilibrio: una forbice troppo aperta tra ricchi e poveri, non giova ai poveri, ma nemmeno ai ricchi.

Maroni chiede consenso per rivendicare maggiori competenze in materia di sicurezza, immigrazione e ordine pubblico… singolare l’accostamento, come se sicurezza e ordine pubblico fossero inevitabilmente collegati all’immigrazione. Ma la Costituzione (articolo 117) è chiara: “Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie: … b) immigrazione… h) ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale…”.

L’asso nella manica di Maroni sono ovviamente i soldi, argomento che può animare qualsiasi sensibilità. Spiega il presidente: il residuo fiscale della Lombardia, cioè la differenza tra quanto i cittadini lombardi versano in tasse allo Stato e quanto lo Stato restituisce alla Lombardia, ammonta a 54 miliardi (ovvero più del doppio dei 23 miliardi di euro dell’attuale bilancio regionale). Assicura Maroni: se il referendum avrà buon esito, la Regione si propone di trattenere almeno la metà del residuo fiscale (vale a dire 27 miliardi) per finanziare le nuove competenze oggetto di trattativa con il Governo. I “propositi” della Regione, cioè di Maroni, sono una cosa, la realtà sono le competenze di cui si può sempre discutere e che potrebbero essere guadagnate dalla Lombardia, ma di cui non vi è nessuna certezza, mentre è certo che le uniche risorse aggiuntive potranno, a fine trattativa con il Governo, essere quelle relative alle competenze assegnate.

Domanda decisiva? Che cosa succederà se vince il sì? Non succederà nulla perché la legislatura regionale come quella nazionale sono alla fine. Maroni (con il collega veneto), tempestivo, ha aperto la sua campagna elettorale. Viste le nubi dello scetticismo all’orizzonte, si accontenterebbe di un’affluenza appena superiore al trenta per cento (lo ha detto: un successo una percentuale superiore a quel 34 per cento di votanti che nel 2001 parteciparono al referendum sulla modifica al titolo V della seconda parte della Costituzione).

Non vorrei contribuire con il mio voto, con un sì ma pure con un no, alla conquista di quota trenta, non vorrei ritrovarmi immerso nella campagna elettorale di Maroni, di cui ha subito profittato, perché ogni tribuna è buona, Silvio Berlusconi. L’antico alleato si è presentato ghignante ad un incontro pubblico, abbracciando il presidente e promettendo di seguirne l’esempio: “lanceremo un referendum in ogni regione”. Aggiungendo, con lo stile che gli appartiene, al copione della farsa una pagina di catastrofica irresponsabilità.