C'è un prezzo per tutto, anche per la credibilità

Che prezzo ha la credibilità? Bisognerebbe chiederlo a chi mette in vendita il proprio volto per uno spot pubblicitario. Tra i divi del momento ci sono gli chef: i programmi di cucina la fanno da padrone in tutti i palinsesti televisivi e i cuochi sono...

Che prezzo ha la credibilità? Bisognerebbe chiederlo a chi mette in vendita il proprio volto per uno spot pubblicitario.

Tra i divi del momento ci sono gli chef: i programmi di cucina la fanno da padrone in tutti i palinsesti televisivi e i cuochi sono diventati i testimonial più corteggiati dalle varie aziende.

C’è qualcosa di male se uno chef accetta di fare uno spot pubblicitario? No, purché sia coerente con i valori di cui si è fatto portatore. Se un cuoco, che nelle sue trasmissioni ha sempre trattato tematiche legate alla qualità del cibo e delle materie prime, decide di diventare il testimonial di una marca di orologi non vedo nessuna incoerenza. Ma se quello stesso cuoco, invece di pubblicizzare orologi, diventa il volto di una catena di fast food, allora i conti non tornano. Anzi, tornano molto bene, ma quelli del cuoco, che in cambio di una cospicua somma ha accettato di fare quella pubblicità.

Per capire bene la situazione è sufficiente prendere il caso dei 3 cuochi più famosi del piccolo schermo, i giudici del talent culinario di Sky “Masterchef”: Carlo Cracco, Joe Bastianich e Bruno Barbieri.

Il primo, paladino della freschezza delle materie prime in cucina, è diventato il testimonial di una nota marca di patatine e il suo volto ora capeggia sulle buste che propongono un alimento da sempre considerato simbolo del junk food, il cibo spazzatura. I suoi colleghi non sono da meno: Joe Bastianich, il giudice “cattivo” di Masterchef, promuove a pieni voti la pasta sfoglia già pronta e disponibile nel banco frigo di ogni supermercato e Bruno Barbieri fa altrettanto con i pomodori datterini già pronti all’uso.

I tre cuochi hanno un precedente eccellente: Gualtiero Marchesi, considerato il maestro della cucina italiana, nel 2011 ha legato, a sorpresa, il suo nome ai fast food della catena Mc Donald’s. Ecco, di fronte a scelte come questa, per quanto Marchesi abbia provato a giustificarsi parlando di una strategia per avvicinare il buon cibo ai giovani, io non riesco a non pensare a quale sia stato il prezzo con cui Marchesi ha venduto la propria credibilità.