Milano, 25 marzo 2015 - 19:15

Decreto antiterrorismo, la polizia potrà accedere ai pc degli italiani

È una delle novità approvate in Commissione al decreto. Il pm potrà conservare i dati di traffico fino a 24 mesi. Obbligo per i provider di oscurare contenuti legati al terrorismo

di Redazione Online

(foto Mario Proto) (foto Mario Proto)
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La polizia potrà utilizzare programmi per acquisire «da remoto» le comunicazioni e i dati presenti in un sistema informatico e viene anche autorizzata l’intercettazione preventiva sulle reti informatiche: è questa una delle novità principali approvate in Commissione al decreto antiterrorismo.

Obbligatorio cancellare da internet contenuti illeciti

Il pubblico ministero potrà conservare i dati di traffico fino a 24 mesi. I provider su Internet saranno obbligati a oscurare i contenuti illeciti legati ai reati di terrorismo, pubblicati dagli utenti. L’uso del Web e di strumenti informatici per perpetrare reati di terrorismo (arruolamento di foreign fighters, propaganda, ecc.) diventa un’aggravante che comporta l’obbligo di arresto in flagranza.

Rinviato l’esame del provvedimento

Slitta a giovedì mattina l’esame del decreto antiterrorismo in Aula a Montecitorio. La sospensione di due ore e mezzo accordata nel pomeriggio di mercoledì in attesa di un parere della Bilancio non è servita a sbloccare la situazione: alla ripresa dei lavori, alle 18.30, il presidente della Bilancio della Camera, Francesco Boccia ha informato l’assemblea che manca ancora il parere governo perché la commissione possa dare il suo via libera al decreto: i dubbi riguardano le coperture di alcuni emendamenti. I gruppi, quindi, hanno chiesto di rinviare di 24 ore l’esame. La presidente di turno, Marina Sereni, ha così aggiornato la seduta alle 9 di giovedì.

Il rischio «invasione del domicilio informatico»

Intanto però in rete è scoppiata la polemica sulle nuove norme. Nel mirino il comma 1 dell’articolo 266 bis del decreto, che consente «l’intercettazione del flusso di comunicazioni anche attraverso l’impiego di strumenti o programmi informatici per l’acquisizione da remoto delle comunicazioni e dei dati presenti in un sistema informatico». Secondo Stefano Quintarelli (deputato di Scelta civica e uno dei «padri» di Internet in Italia), con questo emendamento l’Italia diventa il primo Paese europeo che rende legale la «remote computer searches»: «Il fatto grave è che non lo fa in relazione a specifici reati di matrice terroristica ma per tutti i reati commessi mediante l’impiego di tecnologie informatiche o telematiche». Il rischio? Che sia «consentito violare da remoto in modo occulto il domicilio informatico dei cittadini», ma al di fuori «delle regole e dei limiti dettati per ognuna di esse dal Codice di procedura penale», consentendo quindi ai «captatori informatici» di compiere «una delle operazioni più invasive che lo Stato possa fare nei confronti dei cittadini».

I dubbi del Garante

A destare invece i dubbi del garante della privacy, Antonello Soro, espressi martedì prima della loro approvazione da parte delle Commissioni, sono le norme che autorizzano la polizia a effettuare le intercettazioni preventive dei sospettati sulle reti informatiche, utilizzando programmi per acquisire «da remoto» le comunicazioni su social, come «whatssup» o altre piattaforme. L’altra misura oggetto delle perplessità di Soro è quella che porta a 2 anni il termine di conservazione dei dati di traffico telematico e delle chiamate senza risposta (oggi rispettivamente di un anno e di un mese).

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