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The handmaid’s tale: la serie tv che racconta l’oppressione delle donne

The handmaid’s tale, in italiano Il Racconto dell’Ancella, romanzo ambientato in futuro distopico scritto da Margaret Atwood, è una nuova serie televisiva voluta, prodotta e promossa, dal canale Hulu attraverso il quale potete fruirne la visione pagando un abbonamento simile a quello che si paga per Netflix. Attesissimo negli Stati Uniti e in tutte le nazioni anglofone in cui il pubblico con una minima coscienza critica sulle questioni di genere è realmente interessato alla trama, non è invece richiesto e neppure pubblicizzato a partire dai canali italici. Siamo l’Italia in cui la ministra alla sanità promuove, attraverso campagne alquanto discutibili, il Fertility Day e non mi aspetto che la serie tv qui abbia un grande seguito. Tuttavia sono convinta che la crudezza delle immagini e l’incisività della storia interesseranno moltissimo tante persone che hanno la vista un po’ più lunga del proprio naso.

Storia assai attuale, scritta nel 1984 e pubblicata nel 1985, racconta di un rovesciamento al potere in seguito a tragedie ambientali e al calo delle nascite. Di colpo i figli diventano la merce più preziosa e viene istituita la Repubblica di Galaad che trae i propri principi da una lettura estremamente rigida della Genesi. Ogni altra religione viene proibita, distrutte le chiese, realizzato un governo di comandanti che sorvegliano l’attuazione delle regole da essi stabilite attraverso un esercito crudele, attraverso gli Occhi, persone dei servizi segreti, le Marte, le zie, torturatrici e sorveglianti della moralità delle donne.

Le donne perdono ogni diritto, non potranno più lavorare e guadagnare o possedere alcun bene e saranno divise per compiti e ragioni di esistenza secondo la nuova filosofia governativa. Sono rese schiave per l’esigenza di coppie facoltose che tramite esse potranno avere figli o sono confinate nelle colonie, una specie di immondezzaio, per quelle che vengono chiamate “nondonne”, ovvero quelle che non possono procreare. Dure condanne sono destinate alle lesbiche, delle quali si preserva unicamente l’efficienza delle ovaie. Parallelamente agisce un gruppo di resistenza che cercherà di opporre principi di liberazione e fine della schiavitù alla crudele e orrenda forma di totalitarismo applicata sui corpi delle donne.

Se il libro è efficace, sebbene in un linguaggio molto meno diretto rispetto a quello usato attraverso le immagini della serie tv, la serie riesce a rappresentare ancora meglio, con qualche licenza poetica e qualche cambiamento qui e là, la violentissima società patriarcale nella quale l’unico ruolo alternativo al quale possono ambire le donne è quello di tutrici morali, torturatrici, kapò.

Forte nel racconto è l’influenza della letteratura fantascientifica precedente e di quella che negli anni ottanta costituisce un fronte letterario autenticamente originale che ha come esponenti nomi di spicco del cyberpunk e scrittori della levatura di Vonnegut. E’ il dopoguerra, ovvero siamo agli sgoccioli della guerra fredda ma l’America vive ancora di maccartismo, paura nei confronti delle idee altrui e imposizioni altrettanto naziste, rispetto a quelle germaniche, che riescono a fare breccia nelle popolazioni attraverso il seme del terrore. Non che oggi sia cambiato nulla, ma tant’è, per l’appunto, che l’attualità di questo racconto non può essere assolutamente negata.

C’è un tempo di relativa libertà ed un tempo di totale schiavitù in cui le donne possono essere madri sante o puttane. Al massimo mogli dei comandanti che hanno l’unico fine di ottenere un figlio per il prestigio e l’onore del marito. Non vi racconto altro perché altrimenti faccio spoiler di tutta la serie la cui conclusione, per chi ha letto il libro, è tutt’altro che sconosciuta. Ma la serie tv sorprende per l’efficacia delle inquadrature, per la generosità di attrici che impiegano tutta la loro bravura in ruoli difficili e complessi. Si dice che le attrici, per partecipare a questo progetto, abbiano accettato compensi minori a quelli che la loro fama avrebbe potuto fargli ottenere altrove. Ma le capisco perché è una serie tv, diversamente dal film, anch’esso tempo fa basato sulla stessa storia, che lascia un’impronta indelebile nelle vostre viscere, perché riesce a far sentire, prima che a vedere, tutto il dolore, il male, la crudeltà, affinché voi proviate quel che provano le protagoniste: rabbia. E se la rabbia è attiva ogni gesto di piccola o grande ribellione diventa una maniera per incoraggiare tutte noi a lottare per ottenere o non lasciarci mai portare via i nostri diritti e la nostra libertà.

Che dire: online si possono vedere le prime tre puntate. Recuperatele e guardate il resto. Non so se la serie esaurisca alla prima stagione tutta la narrazione ma so per certo che ne vale la pena. Buona visione!

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