Beatrice mi racconta che si vedono ogni giovedì sera. Sono un gruppetto di giovani ragazze che, partendo dalla lettura settimanale della mia rubrica, parlano d’amore. Sì, proprio di amore, avete capito bene! Nonostante la crisi economica, la sfiducia nel futuro, la gerontocrazia, la corruzione delle élite, la voglia di andare via dall’Italia e cercare fortuna all’estero, la tentazione di «sdraiarsi» e di mollare tutto e tutti gli altri cliché che si appiccicano ogni giorno sui vestiti dei più giovani, loro parlano di amore e di sentimenti.
Con tutta l’urgenza che si ha, appunto, quando si è giovani. Perché la sofferenza la si conosce già a quell’età, anche se di esperienze ce sono poche. E c’è chi non si accontenta di relazioni «usa-e-getta», come mi spiega sorridendo Beatrice.
«Oggi i ragazzi pretendono una relazione a misura di smartphone e di tablet: vogliono una che non faccia troppe domande, che stia al suo posto, che sappia accettare. Senza troppe aspettative e con poche paranoie», mi dice poi sconfortata. Prima di parlarmi di Andrea e dell’ultima delusione. All’inizio andava tutto bene. Riusciva anche a distrarlo dalla lettura della Gazzetta dello sport, dal sogno di diventare come Balotelli e dall’ansia di aggiornamento del suo profilo su Facebook.
Tutto bene, quindi. Ma era l’inizio, appunto. Prima di capire che lei si aspettava altro e che non si accontentava, che le briciole non le bastavano e che voleva di più. E allora è arrivata la doccia fredda: «Sei una ragazza meravigliosa, però corri troppo e mi confondi».
E allora tutto è crollato. Ancora una volta. Nonostante avesse tutto del Mr Big che sognano le ragazze. Prima delle docce fredde. Prima di quel «corri troppo». «Ma che vuol dire che corro troppo?», mi chiede Beatrice spalancando gli occhi. Proprio come facevo io alla sua età. Quando quel «corri troppo» mi si schiantava addosso.
Beatrice e le sue amiche leggono le mie rubriche. E continuano a crederci a quest’amore di cui parlo sempre e che non basta mai, anche se hanno imparato pian piano a bastare a loro stesse. Perché come ho scritto qualche settimana fa, la vita risponde sempre. E allora glielo ripeto ancora una volta. Perché è proprio vero che la vita risponde, anche quando la risposta è un semplice «tu corri troppo». Perché in fondo è bello continuare a correre e non fermarsi. È bello non rinunciare mai a se stessi. È bello anche perdersi nei meandri delle proprie paranoie. Anche se lui resta indietro. E si confonde. Perché allora è meglio perderlo che trovarlo, invece che rendersi conto poi, quando è troppo tardi, che la strada la si è percorsa da soli e che loro sono rimasti indietro.
Tanto anche se si corre troppo, prima o poi qualcuno ci riacciuffa. Correndo ancora più veloce. E perdendosi anche più di noi nel suo labirinto interiore. Con l’uomo che amo è successo proprio così. E oggi sono io, talvolta, a chiedergli di fermarsi un istante. Nonostante all’inizio detestasse le corse e le paranoie. Prima di scoprire che, con tutti i miei «perché», potevo essere la sua bussola. Non per la strada, certo. Io mi perdo ovunque, anche in casa. Ma nella vita, sì, sono la sua bussola. Anche se talvolta continuo a sbattere contro il muro della realtà e dei suoi cinismi – devo essere proprio scena per continuare a prendere tante cantonate! Sono la sua bussola e gli prende la mano. Sono la sua bussola, e lo accompagno la notte nei suoi incubi. È così che accade quando si ama veramente, cara Beatrice. Quindi non smettere mai di correre e di sognare!