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Politica

Lista Tsipras: Altra Europa, stessa Italia

Roma, teatro Vittoria, sabato 19 luglio scorso. Assemblea della Lista Tsipras. L'ulteriore conferma, semmai ce ne fosse ancora bisogno, che in Italia sarà difficile far rinascere qualcosa dalle ceneri di questa sinistra. Un'altra di quelle giornate che mi convince sempre di più della necessità di uno shock vero, tale da far ripartire un processo reale privo delle scorie che altrimenti ci continueranno a contaminare, volenti o nolenti, come se fossero una specie di maledizione. Lungi da me ritenere che le scorie siano le persone, eppure la loro somma in certi soggetti produce accumuli davvero imbarazzanti, soprattutto in chi è capace di dire oggi il contrario di quello che aveva detto ieri. Gli stessi che rivendicano oggi una sorta di purezza battesimale, nonostante il battesimo sia avvenuto alla soglia dell'età della pensione (sull'entità della quale preferisco non indagare, per non dover aggiungere l'elemento della lotta di classe all'interno di un mondo già così tristemente spopolato).

Tante sarebbero le cose da dire ma mi fermo a quelli che mi sembrano caratteri basilari, come dire le fondamenta di un agire che altrimenti nasce fortemente compromesso. Innanzitutto le questioni di metodo, la forma che diventa sostanza. L'assemblea è stata aperta dalla lettura (discutibile nei toni) della lettera di Tsipras, il quale doveva partecipare almeno alla prima parte dell'assemblea, da notizia inviata a tutti i presenti e gli invitati, ma che nella consapevolezza degli "organizzatori" (non meglio identificabili) sarebbe già partito dopo il comizio di piazza di venerdì sera. Anche questo insomma un trucchetto per attirare i meno interessati ma che riduce il potenziale di una lista che comunque porta il nome di Tsipras e a cui ci sarebbe piaciuto far ascoltare qualche verità. O forse anche solo la contro-relazione di Spinelli che, forse proprio per l'assenza del suddetto, si è sentita in grado di prenderne pubblicamente le distanze, proprio su una questione cruciale come l'atteggiamento e la considerazione verso Matteo Renzi. Dagli applausi in sala e da quello che ho potuto percepire più tardi nel lavoro dei gruppi, l'antirenzismo, sta diventando come fu l'antiberlusconismo, il modo migliore per far scomparire la sinistra, perché definirsi per contrarietà, ti relega nell'angolo e soprattutto ti fa fare alleanze di scopo anche con chi ti è culturalmente lontano, insomma non vorrei che ci trovassimo al fianco di Farage pur di dire che Renzi è il nemico.

Dopo la discutibile relazione di Barbara Spinelli, durata anche essa il tempo di una messa e soprattutto molto poco centrata sul lavoro a Strasburgo e ricca invece di slogan da campagna elettorale contro l'avversario Matteo Renzi (come se fosse l'unico), ecco arrivare la vera e propria paternale della mattinata, quella di uno dei nostri professoroni, Marco Revelli che ha pensato bene, smentendo se stesso, ossia il solito "sarò breve, potete leggere la relazione completa" (inviata agli iscritti alle mailing list, non sia mai pubblichiamo sul sito prima che sia troppo tardi), di parlare per un'ora intera, sottraendo dunque tempo al dibattito, che comunque era relegato ai gruppi di lavoro. Dunque se qualcuno avesse voluto interloquire il luogo deputato, l'ho capito solo ora, non sono certo le assemblee ma le mailing list. Essendone esclusa, continuo a perdermi fior di discussioni, come mi dicono i compagni che invece vengono subissati da mail. Come vedete si tratta di cose inaccettabili nel 2014, interventi così prolissi, analisi del voto a due mesi dal medesimo, paternali di dubbia efficacia anche verso chi ha ancora voglia di farsele fare. I contenuti dunque non li commento nemmeno per coerenza con l'opposizione di principio al metodo.

Di contenuti invece voglio parlare rispetto al gruppo di lavoro a cui ho preso parte, quello su Agenda, dunque mobilitazioni, ma anche elezioni regionali. La sensazione che si aveva da alcuni interventi, anche di ex candidati della lista, era un po' spiazzante per la scarsa propensione a ragionare come partecipanti di uno spazio politico pubblico. Sembrava invece una sorta di ricerca identitaria di uno spazio che definisse, insomma il senso era "manifesto dunque esisto", e indipendentemente dagli altri soggetti (movimenti, sindacati, associazioni) che magari con un processo molto più lungo e reale stanno preparando l'autunno, io piazzo la mia bandierina. Insomma la considerazione di quanto spesso deprechiamo nei partiti, le bandierine che contano di più delle idee e delle azioni per cambiare l'esistente o almeno i rapporti di forza. O meglio la mancata consapevolezza che la crisi della sinistra e con essa dei corpi intermedi, fosse una malattia debellata con l'avvento de L'Altra Europa e che ora bastasse convocarsi o autoconvocarsi per risolvere quella stesa crisi, intercettare la disperazione, risolvere l'annosa questione dei conflitti evocati e non praticati.

Il tutto condito ovviamente dall'ansia di "esserci" anche nelle competizioni elettorali che potrebbero "affogare" questo autunno e anche il contro semestre europeo, che dovrebbe comunque a mio avviso rimanere l'orizzonte nel quale muoversi e caratterizzarsi. Rispetto alle quasi certe elezioni regionali dell'Emilia Romagna e alle auspicabili elezioni in Calabria la discussione si è inasprita, pur rilevando gli stessi problemi di superficialità dell'analisi e di giudizi tranchant e autoassolutori. Con un dato in più, si è parlato prevalentemente dell' Emilia Romagna, perché (e non è un dato da sottovalutare) non c'erano calabresi nel gruppo e forse nell'assemblea. In ogni caso, la cosa peggiore era senza dubbio l'esigenza di alcuni di far emergere da un parzialissimo gruppo di lavoro tenuto a Roma un'indicazione da dare ai territori sulle alleanze, come se questi ultimi non fossero i veri titolari di siffatta decisione. Oltre all'ormai vuota prassi di anteporre le alleanze appunto alla politica, alle scelte, ai programmi.

Insomma altro ci sarebbe da dire, ma ce ne è abbastanza per arrivare alla più classica delle conclusioni, o in questo processo qualcuno si mette da parte, per citare Tsipras " si fa tutti un passo indietro per farne molti in avanti insieme", oppure non vedo in cosa questa esperienza sarà diversa da Alba o Azione Civile, progetti fallimentari della sinistra auto-nominata, di cui abbiamo recuperato tutto il ceto politico e forse nemmeno la metà degli elettori. Renzi #staisereno: sarà pure l'Altra Europa, ma è la stessa Italia di sempre.

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