a montecitorio

Taglio dei vitalizi, non delle pensioni. Da M5S «irruzione» e bagarre in Aula

di M.Perrone e M. Sesto

(13705)

3' di lettura

Nessuno si illudeva, in casa Cinque Stelle, che la proposta di delibera per equiparare le pensioni dei parlamentari a quella dei cittadini avesse qualche chance di essere approvata dall’Ufficio di presidenza di Montecitorio. E così è stato: bocciata la delibera, al suo posto ieri è stato varato il testo di Marina Sereni (Pd) per introdurre un contributo di solidarietà nel prossimo triennio sugli «assegni vitalizi e sui trattamenti previdenziali, diretti e di reversibilità, corrisposti ai deputati cessati dal mandato».

Scontata (e studiata) la bagarre che ne è seguita, con i pentastellati che hanno tentato di fare irruzione nella sala al grido “vergogna, vergogna”, un blitz in Aula che ha interrotto il question time in diretta Tv , il botta e risposta con la presidente Laura Boldrini e lo scontro frontale con il Pd. Sulla battaglia contro i privilegi della casta il M5S ha costruito la sua fortuna e su quella conta di alzare ancora il tiro, in vista delle prossime elezioni. È il “noi” contro “loro” evocato dal vicepresidente della Camera Luigi Di Maio nel comizio improvvisato in piazza e rimbalzato sui social: «Dopo questo gesto disperato, dopo questo atto politico, sono finiti del tutto. So che andremo al governo». Alessandro Di Battista gli ha fatto eco: «Tutto quello che fanno è abusivo. Da questi soggetti mi aspetto di tutto, per arrivare al 15 settembre, giorno in cui maturano il prepensionamento». «Propaganda», ha replicato il Pd. «Squadrismo fascista», ha attaccato Scelta Civica. E anche Fdi, che aveva votato la delibera grillina, parla di «ipocrisia» denunciando l’astensione del M5S su un emendamento che avrebbe reso retroattivo il sistema suggerito dai pentastellati.

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Ma cosa prevedeva la proposta di Di Maio bocciata dall’ufficio di presidenza? Non incideva sui vitalizi ma sulle regole di calcolo delle pensioni dei parlamentari. E, con l’obiettivo di estendere agli onorevoli le stesse regole previste per gli altri lavoratori, prevedeva l’applicazione ai parlamentari della riforma Fornero per intero, inclusa la parte relativa ai requisiti contributivi e al cumulo. Ma per applicare integralmente la riforma Fornero bisogna poter ricongiungere le carriere, perché i requisiti contributivi della Fornero si riferiscono a tutta la vita lavorativa. Per farlo è dunque necessario far dialogare i fondi e gestioni dell’Inps con le contribuzioni dei parlamentari. Al momento questo non è possibile perché il Parlamento non “versa” i contributi all’Inps, né esiste un riferimento, nella legge sul cumulo, alle contribuzioni dei parlamentari. Per farlo, sostengono i questori della Camera, è necessaria una legge. Per ovviare a questo ostacolo, il Pd ha deciso di cambiare obiettivo: non più le pensioni dei parlamentari ma i vitalizi riscossi dagli ex parlamentari e non più previsti per gli attuali. Per dare l’idea dell’ordine di grandezza, basta pensare che nel 2014 Camera e Senato hanno speso quasi 230 milioni per vitalizi a ex parlamentari ed eredi, per un importo medio vicino a 100mila euro e le Regioni hanno speso altri 175 milioni.

Rimane però in piedi la disparità - segnalata da Di Maio - tra un normale lavoratore e il parlamentare: con 5 anni di contributi il parlamentare matura il diritto alla pensione a 65 anni mentre gli altri lavoratori a 70; a un lavoratore normale si applica un tetto massimo di base imponibile per cui il reddito oltre i 100mila euro non contribuisce ad accumulare la pensione, regola che non vale per i parlamentari; infine il coefficiente di trasformazione viene rivisto al ribasso ogni tre anni per riflettere l’aumento della vita media attesa ma il Parlamento ha ignorato la revisione 2013 e se continuerà ad ignorare le revisioni, ogni anno gli assegni pensionistici degli onorevoli guadagneranno circa l’1% rispetto alle altre pensioni. Intanto però con la proposta Pd passata ieri si applicherà un contributo di solidarietà per tre anni a partire a carico degli ex deputati titolari di vitalizio. Il contributo sarà del 10% per i vitalizi da 70mila a 80mila euro, del 20% per quelli da 80mila a 90mila euro, del 30% per quelli da 90mila a 100mila euro e del 40% per quelli superiori ai 100mila euro annui. La misura dovrebbe portare a regime ad un risparmio di 2,5 milioni all’anno per le casse della Camera. Per evitare che anche questa misura possa essere esposta a ricorsi (che comunque in molti già si aspettano), si è deciso di prevedere la temporaneità (3 anni) e la finalizzazione (i risparmi andranno in un fondo apposito), in modo da rispettare i paletti imposti dalla Consulta nel 2016.

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