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Cultura

"Gli italiani si sono lavati la coscienza dal fascismo. Per questo i partigiani non hanno il rispetto che meritano"
Pif presenta "In guerra per amore" alla Festa del Cinema di Roma. Al via la settima stagione del Testimone

Ansa
Ansa 

Controllo il cellulare. Sono le cinque e trentacinque di venerdì sera. Tra mezz’ora, come ogni giorno, Pif andrà in onda su Radio 2 insieme a Michele Astori con i Provinciali. Il telefono squilla due volte, le conto, poi mi risponde una voce. Pronto, Pierfrancesco? “Sono in bicicletta!” Il tono leggermente affannato, e il traffico in sottofondo. Alla fine ti sei dato allo sport anche tu? “No, è che uso la bicicletta per spostarmi. Ho la fortuna di lavorare vicino al posto in cui vivo”. Se vuoi possiamo risentirci più tardi. “Alle sei sono in diretta. E ogni volta arrivo cinque minuti prima”.

Due settimane fa su MTV (canale 133 di Sky) è ripartito Il Testimone: settima stagione, nuovi episodi, in onda ogni mercoledì. Le prime due puntate sono ambientate a Las Vegas, le prossime a Miami. “È uno speciale America”, mi spiega Pif. “Sono delle puntate che ho girato qualche anno fa”.

Anche nella scorsa stagione c’erano episodi ambientati all’estero.

“Quando ho incominciato, avevo fatto solo le Iene. Non ero proprio riconoscibilissimo, e la gente non mi guardava con occhi particolarmente interessati. Adesso percepisco un cambiamento: la gente, iniziando a conoscere il programma e iniziando a conoscere me, viene influenzata. Quindi viaggiare mi permette di essere meno influente”.

Metti in soggezione le persone.

“Manno! (ride, ndr). Però è chiaro che quando ho cominciato nel 2007 Il Testimone non lo conosceva nessuno. Oggi è diverso”.

La gente è letteralmente impazzita quando è stata annunciata la nuova stagione.

“Aspettano più Il Testimone che il nuovo film!”

Secondo te perché?

“Mi piace pensare che Il Testimone abbia successo perché si percepisce che è tutto vero; si percepisce il fatto che quello che racconto al 98% è vero, poi c'è un 2% che è dovuto alla costruzione della puntata. E ci sta. Mi piace pensare che sia per questo. Ma il motivo vero, probabilmente, non lo sapremo mai”.

Sarà che oggi è difficile vedere cose vere in televisione.

“Sai, non è così solo nell'intenzione, ma anche nell'esecuzione. Non ci sono immagini di copertura. Faccio vedere anche dove taglio. Non nascondo niente. Ho sempre pensato al Testimone come al filmato delle vacanze dei tuoi amici, con l'unica differenza che questo è un filmato di un amico che sa riprendere e sa montare”.

Un po’ come i video di certi youtuber.

“Sì, involontariamente Il Testimone è diventato un programma moderno. Quella che per me era una scelta autoriale, cioè non avere troppe telecamere ed essere solo, per gli youtuber nasce come un'esigenza. E poi nel tempo è diventato uno stile. Il Testimone però dura quarantacinque minuti, mentre su Youtube i video sono molto più brevi”.

Parliamo del tuo prossimo film, In guerra per amore. Aprirà la prossima Festa del Cinema di Roma.

“È tutto molto emozionante. Non era così scontato che il secondo film riuscisse ad avere questa visibilità”.

L’anno scorso la Festa del Cinema di Roma ha portato bene a un altro film, Lo chiamavano Jeeg Robot di Gabriele Mainetti.

“Io però sono fuori concorso; sono il giorno prima. Ma sì, speriamo che porti bene come a Lo chiamavano Jeeg Robot! (ride, ndr)".

Durante l’ultima edizione della Mostra del Cinema di Venezia, si è tornato a parlare delle commedie in concorso ai festival. Per qualcuno, non sono film adatti per questo genere di eventi.

“C'è sempre una forma di snobismo verso la commedia. Non viene considerata come un genere da festival. Però dipende dalla commedia. Io non sarei così snob a priori. Mi sembra una posizione un po' stupida”.

Perché?

Perfetti Sconosciuti di Paolo Genovese mi sembra un film che ha centrato perfettamente un tema di grande attualità. Ed è una commedia. La verità è che ci sono film belli e film brutti. E che ci sono anche film da festival e film non da festival. È una forma di snobismo che dobbiamo superare”.

In guerra per amore è ambientato durante la seconda guerra mondiale.

“Nel ‘43, durante lo sbarco degli americani in Sicilia”.

Sei anche il protagonista: parti in guerra per conquistare la donna che ami.

“Siamo in America. Devo chiedere la sua mano, ma per farlo devo andare da suo padre. Che però vive in Sicilia”.

La storia di un uomo qualunque contro tutto e tutti, insomma.

“Assolutamente sì. È un altro momento storico rispetto a La mafia uccide solo d’estate, però l'idea è sempre quella: il piccolo uomo che si scontra con la grande storia. Certo, è più complicato rispetto al primo film, perché stiamo parlando di un periodo storico che va spiegato molto. È un periodo storico che viene totalmente ignorato, anche se ha segnato il destino del nostro paese”.

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È come se facessimo finta di niente.

“Io credo che gli italiani abbiano provato a rimuovere quel periodo. Che i tedeschi abbiano perso la Seconda Guerra mondiale è chiaro a tutti. Non s'è capito però che cosa ha fatto l'Italia. Noi italiani non ci sentiamo responsabili del fascismo o delle leggi razziali; attribuiamo tutto al più cattivo dell’epoca. Da che eravamo fascisti, siamo diventati improvvisamente americani”.

Non affrontando il fascismo, però, abbiamo finito per accettarlo quasi passivamente. E la situazione politica attuale, che sfocia continuamente nel populismo più nero, ne è una prova piuttosto concreta.

“Alla fine non siamo più fascisti e nessuno è mai stato fascista, e di conseguenza i partigiani non vengono considerati come sarebbe giusto considerarli. Per la nostra coscienza, è stato più giusto non affrontare più questa cosa. Eppure se capisci gli errori del passato, è più facile vivere il presente e affrontare il futuro".

Due anni fa, mi avevi detto che stavi progettando di aprire un museo anti-mafia. Intanto hai lanciato la tua app, Noma, per conoscere la storia delle vittime della mafia.

“In realtà ci abbiamo lavorato. Ma c'è un'altra associazione che lo sta facendo. Almeno così sembrerebbe. Siamo in stand-by, e dobbiamo capire se andare avanti o meno. Intanto, però, ci concentriamo sulla app”.

Visto il successo de Il Testimone, ci si aspetterebbe presto una nuova stagione. Ma tu, a breve, avrai anche una striscia quotidiana in Rai.

“Sono due cose di cui non so assolutamente nulla. Della striscia quotidiana, so solo che c'è l'idea di farla, che dovrebbe durare di dieci minuti e che dovrebbe andare in onda su Rai3. Ma è ancora molto presto per parlarne”.

Prima c’è In guerra per amore.

“Prima devo sopravvivere all'uscita del film. Poi c'è l'uscita della serie televisiva tratta da La mafia uccide solo d'estate, il 14 novembre. Se sopravvivo, penserò alla striscia per la Rai”.

Il secondo film è sempre il più difficile. A te com’è andata?

“Devo ammettere che in questo ultimo periodo mi è passata un po’ la sindrome del secondo film. Adesso ho l'ansia di andare bene, di piacere, e devo affrontare situazioni ufficiali come la Festa del Cinema di Roma. La prima volta che sentirò 'il primo film era meglio' morirò di infarto, lo so. Però anche questo film, secondo me, ha una sua dignità”.

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