Il Movimento cinque stelle, se mai lo è stato, non è più un Movimento di meet up ma è diventato soprattutto un Movimento degli eletti: in primis il direttorio. E naturalmente la Casaleggio.

Chi studia il Movimento da anni sa che questa è la mutazione genetica in corso, ma adesso questa conclusione è rafforzata dal primo studio scientifico di questo genere, un’indagine condotta dall’Università La Sapienza e coordinata da Antonio Putini, che l’ha pubblicata su «Sociologia», la rivista quadrimestrale di scienze storiche e sociali (con un’ampia introduzione di Arianna Montanari). I sociologi, in occasione della kermesse “Italia a 5 Stelle” organizzata dal Movimento a Roma fra il 10 e il 12 ottobre del 2014, hanno diffuso 500 questionari agli attivisti (l’86% dei quali ha risposto), delineando un identikit non statistico, ma mai condotto con questi numeri, su che cos’è oggi l’attivista del M5S, e soprattutto come funzionino, se funzionino, e eventualmente, se esistano ancora, i meet up. I risultati sono rilevanti: scrive Putini che «i meet up “Movimento 5 Stelle” presenti sul comune di Roma sono 93 secondo la piattaforma “meet up ”, mentre solo 61 sono quelli ufficialmente riconosciuti dalla piattaforma Beppegrillo.it. Inoltre, dei 97 meet up presenti nel blog beppegrillo.it relativi alle quattro città di Milano, Roma, Napoli e Palermo, ben 21 erano inesistenti, e in altri 15 l’attività più recente (convocazione di una riunione, pubblicazione di un post o risposta ad un post), risaliva almeno all’anno precedente, mostrando una sostanziale inattività del gruppo». Traduciamo noi, e perdonate la brutalità: il Movimento cinque stelle dei meet up non esiste più, siamo dinanzi a un partito di parlamentari, peraltro collegato e almeno in parte diretto da un’azienda.

Nel 2012-2013, l’elettorato M5S era rappresentato in maggioranza da uomini di età fra i 35 e i 41 anni, oggi (fonte Cise) la classe di età più numerosa è fra i 45 e i 64 anni. Nel 2012 l’elettorato era equamente diviso tra nord, centro e sud, oggi il 57% dei voti proviene dalle regioni del Sud, il 31,4% dal Nord, e l’11,6% dal Centro. Gli attivisti M5S sono al 60% uomini. L’età media è di 39 anni, mentre la fascia di età più rappresentata è quella fra i 25 e i 29 anni. I laureati sono il 34,2% del totale (a differenza del 12,7% registrato nella media dei dati Istat), mentre il 49,1% dichiara di possedere un diploma. Il ceto medio impiegatizio rappresenta il 31,3% del totale, al quale va aggiunto un 5.3% di insegnanti, mentre il 25,5% sono liberi professionisti o dirigenti. Il 22,3 sono operai (14,9) e lavoratori atipici. Il 26.7% degli attivisti che ha risposto ha espresso un posizionamento nell’area di centro-sinistra, il 66% dice di non riconoscersi nella distinzione destra-sinistra (un’espressione che però, aggiungiamo noi, connota storicamente in Italia simpatizzanti di centrodestra).

Ricorda la Montanari che le deliberazioni online, «su un Paese di sessanta milioni di abitanti, non superano mai il numero di qualche migliaia». Putini nota che i meet up, anche quando sono presenti sul territorio, dipendono «dal centro per le posizioni e decisioni politiche, pena l’esclusione dal movimento»: «Nonostante la creazione nell’ultimo anno di un direttorio composto da cinque parlamentari, i cinque stelle non hanno creato i meccanismi di collegamento per ciò che riguarda i diversi presidi territoriali. In genere la ricomposizione dei diversi interessi e dei bisogni espressi dal variegato mondo dei grillini passa dal centro». Con tanti saluti alla partecipazione e ai territori.

Anche il sistema operativo è pochissimo usato: partecipa a votazioni online solo il 36.4% degli attivisti. «Dal Movimento degli attivisti siamo diventati il Movimento degli arrivisti», chiosa amaramente uno degli attivisti fondatori. Difficile, stando a questi dati, dargli torto.

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