Il verde pubblico è sempre più marcio

Il verde pubblico è sempre più marcio

Senza fondi, a corto di personale e spesso costretti a bloccare gli appalti sulla scia degli scandali, i Comuni italiani faticano a garantire la manutenzione di parchi e giardini. Un problema che mobilita associazioni e comitati cittadini, ma completamente assente dalla campagna elettorale nelle grandi città. La legge nazionale impone censimenti, piani e regolamenti, ma sono rari i municipi che riescono a rispettare gli obblighi, compreso quello che prevede un nuovo albero per ogni neonato. E alla vigilia delle elezioni in pochi sanno che i sindaci sarebbero tenuti a presentare il loro "bilancio arboreo"

Mafie, incompetenza e leggi ignorate
Senza manutenzione Roma chiude i cancelli
Napoli, dopo 20 anni la città ancora aspetta
A Milano la svolta con Pisapia
Alberi urbani vittime delle potature selvagge
L'eccellenza perduta delle scuole giardinieri
Mafie, incompetenza e leggi ignorate
di ALESSANDRO CECIONI
ROMA. La rappresentazione plastica del disastro sono le centinaia di portavasi lasciati vuoti nel semenzaio comunale di San Sisto, a Roma. Sopra c'erano piante di azalea ora sparite, depredate dalle coop di Mafia Capitale con la complicità ben retribuita di funzionari infedeli. È l’esempio, il peggiore certo, di quello che può accadere quando, con i Comuni senza più né uomini né risorse per far fronte alla manutenzione ordinaria e straordinaria, i 550 milioni di metri quadrati di alberi, prati, fiori, viali e parchi che compongono il verde pubblico italiano (dati riferiti ai 120 capoluoghi di provincia) vengono dati in gestione ai privati. Un patrimonio che diviso per il numero di italiani corrisponde a 30,3 metri quadrati per abitante, un dato che non ci metterebbe nemmeno male in un'ipotetica classifica mondiale. A New York, per dire, ogni cittadino ha a disposizione 23,1 metri quadrati, a Parigi 11 e mezzo: ma provate a cercare un arredo rotto o rifiuti abbandonati a Central Park o nel Giardino delle Tuileries. O nei parchi di Londra, che sono comunque immensi e fanno dei londinesi dei cittadini fortunati con i loro 105 metri quadrati a testa. Ai romani ne toccano 16,5 a testa, ma ci sono 20mila alberi ridotti a un mozzicone che aspettano di essere sostituiti, panchine spaccate, prati che sembrano giungle. Consola poco quindi il recentissimo rapporto Istat sul verde urbano che segnala qualche progresso quantitativo (nel 2014 ogni cittadino italiano che vive nelle città capoluogo disponeva in media di 31,1 metri quadri, con forti differenze regionali) ma non lo stato qualitativo.

L'allarme del ministero: "Comuni hanno rinunciato alle politiche per il verde"

La foto sfocata delle statistiche. "Il problema è proprio questo: il degrado del verde pubblico. I dati statistici non riescono a cogliere l'aspetto decisivo della qualità di prati, alberi, attrezzature. Anche i dati che pubblichiamo nel nostro rapporto annuale 'Ecosistema urbano' ci dicono, per esempio, che Matera ha quasi mille metri quadrati di verde per abitante, ma non ci dicono in che condizioni si trovano e se per raggiungerlo devo prendere la macchina o ci posso andare a piedi, non ci dicono se le panchine ci sono o sono devastate", sottolinea Alberto Fiorillo, responsabile Aree urbane di Legambiente. La riprova sta nelle centinaia di comitati a difesa del verde che si contano in Italia. E sta nei dati del sondaggio fatto nel 2013 da Eurobarometro in 79 città e 4 agglomerati urbani europei sulla precezione della qualità del verde urbano. Il 71% dei napoletani e 6 palermitani su 10 si dichiarano insoddisfatti dello stato dei loro parchi e giardini. 

Un tesoro urbano. Eppure il verde urbano è un bene prezioso. "È importantissimo per i comportamenti della popolazione. Il verde è il colore della calma – dice Mariella Zoppi, dicente di Urbanistica, presidente del corso di laurea magistrale in Architettura del paesaggio all’Università di Firenze - quindi svolge una funzione psicologica, sociale. Sotto il profilo ambientale, poi, ha effetti benefici sulla qualità dell'aria. Io credo che sia un elemento fondamentale nella transizione verso una nuova società. Per questo considero sbagliato il taglio della spesa pubblica in questo settore". Legge quadro. Da tre anni è in vigore la legge 10/2013, una vera e propria legge quadro sullo sviluppo e la salvaguardia del verde pubblico in Italia. Il fulcro è il Comitato per lo sviluppo del verde pubblico istituito presso il ministero dell'Ambiente. E' al Comitato che è demandato il controllo sulle norme che riguardano la tutela degli alberi monumentali, del rispetto dell’obbligo per i Comuni sopra i 15mila abitanti di piantare un albero per ogni bambino nato o adottato. E' il Comitato, ancora, che emana circolari attuative della legge e che indica i criteri che le amministrazioni territoriali devono seguire in materia di urbanizzazione per mantenere e incrementare il verde pubblico con particolare riferimento agli alberi. Le sanzioni, amministrative e penali, sono previste solo nei casi di abbattimento o danneggiamento delle piante monumento dei Parchi della rimembranza nati dopo la Prima Guerra mondiale, ma ci si sta attrezzando anche per gli alberi monumentali (anche se la definizione "monumentale" è ancora oggetto di dibattito) il cui censimento nazionale è a buon punto, mentre per quanto riguarda il rispetto della norma "un albero per ogni nato o adottato" la sanzione può essere solo "politica". "La legge – spiega Massimiliano Atelli, presidente del Comitato – introduce il ‘Bilancio arboreo’, ovvero il computo di quanti alberi ha trovato un sindaco al suo insediamento e quanti ne lascia alla fine del mandato. Saranno poi i cittadini, con il voto, a sanzionare o premiare il suo operato".

Strumenti ignorati. Le amministrazioni locali hanno tre strumenti di governo per parchi e giardini: Censimento del verde, Regolamento del verde e Piano del verde. Il primo fa una fotografia precisa di quello che c’è in una città: quanti alberi, di che specie e in quale condizione di salute si trovano. A redarlo sono stati 53 capoluogo di provincia sui 73 analizzati dal X rapporto Ispra. Il Regolamento deve indicare invece prescrizioni e indicazioni tecniche sulla progettazione del verde (sia pubblico che privato). Lo hanno adottato solo 36 Comuni, 7 dei quali solo per ciò che riguarda il verde pubblico. Poi c’è il Piano, lo strumento più ignorato. Dovrebbe integrare la pianificazione ubanistica per dare una "visione strategica sullo sviluppo del sistema del verde urbano e peri-urbano", come si legge nella Relazione 2015 del Comitato per lo sviluppo del verde pubblico. In Italia lo hanno approvato solo sei comuni capoluogo (Savona, Reggio Emilia, Bologna, Ravenna, Forlì e Taranto), mentre Milano e Bergamo hanno norme in materia nel Piano per il governo del territorio. A Venezia in assenza del Piano, e in occasione della Biennale di Architettura, c'è chi ha proposto una sorta di concorso di idee per dodici spazi verdi abbandonati che si trovano nel centro della città.
Il tradimento dell'albero per ogni nato. In attesa del giudizio elettorale, però, sono pochi i Comuni che piantano un albero per ogni neonato. Nella legge è previsto che i municipi inviino a chi ha registrato il proprio figlio all’anagrafe un certificato in cui si dice che tipo di albero è stato piantato e dove. Fantascienza. A Firenze si pianta un albero per ogni classe d’età: c’è quello del 2001, del 2002 ecc. A Torino si è esteso il concetto anche agli arbusti, in altre città della norma si è persa traccia. "A Roma ci sono 25mila nuovi nati all’anno. Non saprei come pagarli considerando che ognuno costa 300 euro fra impianto e manutenzione nei primi due anni. E poi in 10 anni fa 250mila alberi, una foresta. Dove li mettiamo?", si giustifica Antonello Mori, fino a metà maggio direttore del dipartimento per la Gestione ambientale e del Verde del Comune di Roma, poi spostato ai Trasporti. "Quella del territorio a disposizione è una scusa – sostiene Massimiliano Atelli – la legge prevede che che si possano chiedere terreni in prestito al Demanio. O che si usino gli alberi previsti per i neonati per sostituire quelli abbattuti". E comunque 250mila alberi in dieci anni non possono spaventare se Sadiq Khan, neosindaco di Londra, ha annunciato di voler piantare due milioni di alberi in 10 anni. "In Cina ne vogliono piantare un miliardo da qui al 2020", chiosa Atelli.

Risorse scarse. A preoccupare sono le risorse, sia in termini di soldi che di personale, con cui i responsabili del verde pubblico dei vari Comuni devono fare i conti. "Le faccio l’esempio del mio Comune – dice Stefano Cerea, presidente dell’Associazione italiana direttori e tecnici dei pubblici giardini – Da trent’anni lavoro a Treviglio, 30mila abitanti, provincia di Bergamo. Lo scorso anno per far fronte a tutta la gestione del nostro verde pubblico avevo un budget di 230mila euro, quest’anno saranno 150mila". "Noi - aggiunge Mori – oggi abbiamo mezzo centesimo per ognuno dei 40 milioni di metri quadrati di verde che gestiamo a Roma". L'associazione che Cerea presiede è nata 60 anni fa e conta 400 iscritti in rappresentanza di 200 Comuni. Prima erano ammessi solo i dipendenti degli enti locali, da tre anni è stata aperta ai funzionari delle municipalizzate perché spesso i Comuni ricorrono a loro per la gestione del verde. "Non sempre con grandi risultati – ammette Antonello  Mori – a Roma con Ama, per esempio, si è aperto un contenzioso sulla gestione delle aree per i cani nei giardini pubblici. Chi deve raccogliere gli escrementi e disinfettare l’area? Per noi loro, si tratta pur sempre di rifiuti speciali. Ma Ama non la pensa così".

Responsabili Servizio giardini nel mirino. "Poche risorse, ma oneri immensi per i responsabili dei Servizi giardini – dice ancora Stefano Cerea – perché se un albero cade, in città, stia sicuro che fa danni. A volte, purtroppo anche delle vittime. E’ accaduto ultimamente a Roma, a Catania, a Napoli. E l’avviso di garanzia dopo il sindaco colpisce il responsabile tecnico. Non solo, siamo anche indicati spesso come nemici del verde dagli ambientalisti, magari perché abbiamo tagliato degli alberi potenzialmente pericolosi. Tre anni fa il dirigente del verde pubblico di Padova si è visto recapitare una busta con un proiettile”.

Pochi e invecchiati. Sul fronte delle risorse umane il problema arriva da lontano, dal 1975 quando la chiamata diretta nella pubblica amministrazione è stata cancellata e non è stato più possibile assumere chi usciva dalle scuole giardinieri, le scuole di formazione dei Comuni. Dal 2001, poi, nel Pubblico Impiego c’è il blocco del turnover, è possibile un’assunzione ogni 5 pensionamenti. E questo ha riflessi sull’organico in termini quantitativi. "Ma da noi a Roma il blocco è iniziato prima, di fatto non ci sono assunzioni dal 1990 e dei 1800 addetti del Servizio Giardini presenti nel 1980 oggi di operativi ne restano 250, con un’età media che supera di gran lunga i 50 anni", dice ancora Antonello Mori. E' vero però che a Roma nel 2004 ci fu una corsa a trasformare i giardinieri in personale tecnico, così sul campo rimasero 270 persone in meno. Fu di fatto l'apertura agli appalti esterni, molto spesso per affidamento diretto, un meccanismo che ha permesso al sistema di Mafia Capitale di fare man bassa.

Sponsor e mecenati. Problemi di gestione che appaiono insormontabili, quindi, anche se proprio la legge 10 permette di affidarla ai privati. Due le strade che si possono seguire. La prima è quella della sponsorizzazione: un'azienda sceglie un giardino o un parco e si impegna nella sua manutenzione o al suo ripristino presentando un progetto all’amministrazione comunale che lo approva e poi controlla che tutto venga fatto secondo i criteri decisi. In cambio lo sponsor può utilizzare lo spazio per eventi, campagne pubblicitarie e altre iniziative, garantendo però sempre la fruibilità pubblica. Una modalità applicata con successo in particolare a Milano.

La seconda strada la indica Antonello Mori, già responsabile del servizio Verde pubblico di Roma: "E’ quella del mecenatismo. Ben vengano i privati, le aziende, ma niente uso esclusivo del bene. Un cartello ricorderà chi ha finanziato la manutenzione del giardino. Di più non concediamo. Sta funzionando. L'esempio più recente è il ripristino del Giardino degli aranci sull’Aventino". "Su questo – precisa Atelli – noi siamo a disposizione per consigli e aiuti pratici. Purtroppo molti ci ignorano, preferiscono fare da soli, o anche non fare niente". E intanto parchi e giardini vanno in malora.

Mezzo centesimo l'anno per metro quadro di verde, Roma si affida ai mecenati

Senza manutenzione Roma chiude i cancelli
di CECILIA GENTILE
ROMA - Un cancello serrato con un cartello: "Vietato entrare per rischio caduta alberi". È così che succede a Roma. Se un temporale fa ondeggiare pericolosamente le fronde non si procede alla messa in sicurezza ma si chiudono i parchi perché non ci sono i soldi e non c'è personale. È la Caporetto della manutenzione del verde: gli effetti si vedono nei giardini e nei parchi chiusi e nell'incuria imperante. Ora che è primavera inoltrata e che l'erba cresce prepotentemente prati e giardini si sono trasformati in giungle.

Il colpo di grazia ad un settore già ridotto ad ancella del bilancio comunale lo ha dato lo scandalo Mafia Capitale. Una volta appurato che verde e migranti erano i pozzi senza fine da cui si alimentava il malaffare l'allora giunta Marino ha congelato tutti gli appalti con le Coop che per conto del Comune si occupavano della manutenzione. Una scelta obbligata quella del ricorso agli affidamenti esterni. Il Servizio Giardini del Campidoglio dispone infatti soltanto di 250 giardinieri per curare l'immenso patrimonio verde della capitale. Solo le alberature sono 330mila. Un tempo i giardinieri comunali erano 1.800 poi sono andati progressivamente riducendosii con i pensionamenti e il blocco del turn over.
Appena insediata, l'allora assessore all'Ambiente della giunta di Ignazio Marino, Estella Marino, aveva annunciato un cosiddetto "appaltone" per il monitoraggio delle alberature di prima grandezza, pari a 86mila fusti, la cui altezza raggiunge almeno i venti metri. Ma la gara è stata bandita soltanto il 29 giugno 2015. Il termine per presentare le offerte, arrivate da 130 candidati, si è chiuso il 15 settembre 2015. Si è appena conclusa la fase dei controlli, ora si passa al vaglio delle offerte e probabilmente la pratica finirà nelle mani del prossimo sindaco.

Da parte loro, i candidati sindaci non sembrano aver tenuto in gran conto l'emergenza del verde nel loro programma elettorale. Malgrado a Roma parchi e ville, un tempo vanto della capitale, siano agonizzanti. Gli appalti ponte banditi dal Comune in attesa dell'assegnazione dell'appaltone, 16 in otto mesi nel corso del 2015, del costo di 200 mila euro ciascuno, sono esauriti o in via di esaurimento. Inutile pensare che in queste condizioni la capitale possa dar corso alla legge del 1992 che prescrive di mettere a dimora un albero per ogni nuovo nato. In città nascono 25mila bambini all'anno. Il problema adesso è mettere in sicurezza e curare il patrimonio esistente che sta andando in malora.
Napoli, dopo 20 anni la città ancora aspetta
di ANNA LAURA DE ROSA
NAPOLI - Vent'anni per realizzare il Parco della Marinella in pieno centro. Ma quell'oasi verde ancora non c'è. Alberi, aiuole, giostrine e un piccolo campo sportivo. Il progetto firmato dall'architetto Aldo Loris Rossi nel 1997 mostra un polmone verde di 30mila metri quadrati atteso inutilmente da ragazzini ormai trentenni. L'intervento rientra nel Grande progetto Napoli Est. L'appalto finanziato con fondi Por vale 5 milioni ed è stato aggiudicato dopo una serie di affanni burocratici. È una saga fatta di sequestri e incendi dolosi, occupazioni abusive e ricorsi da parte delle ditte in graduatoria. I lavori non sono mai partiti. E sul parco restano le macerie. Montagne di rifiuti e topi tra l'erba alta. Una discarica nel centro di Napoli. L'area in cui dovrebbe sorgere il parco, detto anche Villa del Popolo, si trova di fronte a due quartieri senza spazi verdi abitati da circa 25mila persone. Il primo passo significativo per la realizzazione si ha nel 2010, con il trasferimento della proprietà dei terreni dal demanio al Comune. Un enorme campo rom abusivo occupa però l'area negli anni dell'abbandono. Nel 2012 cominciano lo sgombero delle baracche e una serie di interventi di rimozione rifiuti. Via quintali di copertoni, legno e materiale speciale.

Una speranza si accende a settembre 2014, quando la gara d'appalto viene aggiudicata al consorzio temporaneo d'impresa Ream. Neanche il tempo di recintare l'area di cantiere che scatta il ricorso al Tar della seconda ditta in graduatoria. Le battaglie legali vanno avanti fino ad oggi mentre un incendio doloso appiccato da ignoti divampa nel parco che finisce sotto sequestro. Le sezioni unite si pronunceranno sulla gara il prossimo 22 giugno, ma i lavori non potranno partire subito poichè sono scadute le verifiche antimafia.

Il vicesindaco Raffaele Del Giudice, in carica da 10 mesi con l'amministrazione de Magistris, ha avviato da qualche giorno la realizzazione di una fogna nel parco, in modo da sbloccare almeno una parte dei lavori. "E' assurdo. Un quartiere che per 20 anni ha sognato questo parco è ancora senza spazi verdi - protesta Del Giudice, ex responsabile di Legambiente Campania - Serve un osservatorio nazionale su ritardi e conteziosi nella realizazione di opere opere pubbliche, non ci possiamo più permettere tempi biblici. I tribunali hanno bisogno di personale per la trascrizione delle sentenze. Ce la stiamo mettendo tutta, la nostra amministrazione ha dato un'accelerata".

Del Giudice ha riattivato la prassi della messa a dimora di un albero per ogni nato, disattesa da anni: grazie a un accordo con la forestale, alberelli di piccoli dimensioni sono stati sistemati nel vivaio comunale e saranno piantati a breve. Pubblicato anche il bilancio arboreo di fine mandato. Il verde urbano attrezzato gestito dall'amministrazione è passato dai 4 milioni e 722 mila metri quadri del 2011 ai 4 milioni e 991 mila metri quadri del 2015 con un incremento del 4.41 per cento. In città ci sono più di 60 mila alberi di alto e basso fusto, di cui però molti hanno superato i 50 anni e richiedono quindi maggiore cura. In 5 anni sono stati abbattuti più di duemila alberi e piantati 4208 arbusti. La città spera di vedere finalmente l'arrivo di alberi al Parco della Marinella. Un sogno rimandato a dopo le elezioni. 
A Milano la svolta con Pisapia
di ILARIA CARRA
MILANO - Al settore verde la giunta guidata da Giuliano Pisapia ha prestato molta attenzione. In particolare si è cambiato l’approccio: sono 33mila i metri quadrati di aiuole trasformate da stagionali in perenni, in modo che siano sempreverdi tutto l’anno. Si è spinto molto poi sul fronte della partecipazione dei cittadini: sono 392 le aiuole condivise dai milanesi e 13 i nuovi giardini condivisi, 150 i condomini che hanno trasformato marciapiedi in aree verdi sottraendo spazi a parcheggi abusivi e 20mila metri quadrati di terreni in più per orti.

Uno sforzo che ha conosciuto però anche contestazioni. Le critiche più dure sono arrivate dai difensori del verde sacrificato per i lavori del futuro metrò 4, circa 500 alberi tagliati per far spazio ai cantieri in vari punti della città oggetto di una battaglia di alcuni gruppi di cittadini. Dopo decenni, in tema verde, la giunta Pisapia ha dedicato tempo infine per risolvere la annosa questione della paulonia, secolare albero in Brera molto difeso dalle signore del quartiere che rischiava di dover lasciare il posto al progetto immobiliare della società proprietaria dello spicchio di area di grande pregio in via Madonnina: con una permuta di aree, la paulonia è salva e il quartiere è accontentato.
Alberi urbani vittime delle potature selvagge
di ALESSANDRO CECIONI
ROMA. L’intervento più visibile, e più criticato, sul verde pubblico sono le potature. "È un punto dolente nel quale noi ci troviamo fra due fuochi – dice Antonello Mori, fino a metà maggio direttore del dipartimento per la Gestione ambientale e del Verde del Comune di Roma – da una parte ci sono quelli che considerano gli alberi un pericolo, oppure che si sentono danneggiati da rami troppo vicini alle finestre, dall’altra ci sono i cittadini pronti a fare le barricate appena si sfoltisce una pianta. Quello che posso dire è che a Roma non si pota più in modo selvaggio da almeno 20 anni. Niente capitozzature per intenderci".

"È falso, le capitozzature ci sono eccome – lamenta Sanzio Baldini, già docente universitario di Gestione del verde urbano e Tecnologia forestale, autore di diversi libri in materia – solo che le chiamano capitozzature lunghe, perché non sono più fatte dove si allargano i rami, ma un paio di metri più in alto. Però anche così si creano delle ferite che lasceranno spazio alle spore e ai funghi, agli insetti. Si condanna la pianta".

"Capitozzare è un retaggio che viene dalla gestione contadina, quando si doveva fare frasca per gli animali. Oggi è realizzata nella versione 'lunga' (il modo descritto dal professor Baldini, ndr) anche perché è semplice e non richiede nessuna perizia", rincara la dose Carlo Mascioli, dottore forestale consulente di enti pubblici e di privati. "Il problema – aggiunge – è che sul verde pubblico c’è purtroppo una grandissima ignoranza di fondo, nella scelta degli alberi che vengono messi a dimora, nella scarsa programmazione e progettualità".

"I problemi che può creare un albero in città vengono da lontano – spiega il professor Baldini – dalla distanza di un albero dall'altro, dalla vicinanza o meno delle case, dai lavori stradali che sono stati fatti con conseguente taglio delle radici. Poi a tutto questo si prova a porre rimedio con le potature. Con le capitozzature lunghe che di fatto spostano il baricentro dell’albero e lo rendono meno stabile, più pericoloso. Perché queste ferite alle piante vengono inferte da persone che non hanno la minima idea di quello che fanno. Non escono da scuole come quella di Monza, non hanno studiato la natura degli alberi. Sapesse quante volte ho sentito dire ‘tagliamo, tanto ramo più, ramo meno...’".   

"Lei lo sa quanto ci mette una pianta a dare copertura al taglio di un ramo di 5 centimetri di diametro? Dai 15 ai 18 anni. La ferita si rimargina in un tempo lunghissimo. Qualcuno crede di superare il problema mettendoci del mastice, ma gli alberi sono esseri viventi, si muovono”, dice ancora Baldini. "Non solo: un platano alto 35 metri, perché in quel posto quella è la sua altezza naturale, una volta potato drasticamente ripartirà verso l’alto, per tornare a 35 metri - aggiunge Mascioli – La natura è questo. Se lo si vuole più  basso va curato in modo diverso, da persone competenti". "Il problema di fondo resta questo – dice Massimiliano Atelli, presidente del Comitato per lo sviluppo del verde pubblico – si deve distinguere fra verde orizzontale, i prati, verticale, gli alberi, e verde di pregio. Per il verde orizzontale si possono anche impiegare persone con conoscenze minori, per gli altri servono degli specialisti".
L'eccellenza perduta delle scuole giardinieri
di ALESSANDRO CECIONI
ROMA - "Disaffezione verso le professioni del verde, anche a causa della chiusura di fatto delle scuole giardinieri di maggiore tradizione". Così si legge nella Relazione annuale del Comitato per lo sviluppo del verde pubblico. "Erano, e in alcuni casi sono restate, un'eccellenza didattica, ma non più per il settore pubblico. Una delle tante eccellenze cui il nostro paese ha rinunciato", dice con amarezza Stefano Cerea, presidente dell’Associazione italiana direttori e tecnici pubblici giardini.
 
Certo, quando nel 1975 furono cancellate tutte le deroghe che permettevano la chiamata diretta dei dipendenti comunali, le scuole giardinieri videro il loro destino segnato. Prima ci si iscriveva a una di queste, si facevano quattro anni di studio, sia teorico che pratico, e c’era la certezza di entrare a far parte dei giardinieri comunali. "A Roma negli anni 80 c'erano 2mila ettari di verde pubblico, la metà di ora - dice Antonello Mori, direttore del Servizio ambiente e giardini del Comune di Roma - e 2mila addetti al servizio. Ora con il doppio di verde i giardinieri sono 250, con molti ultracinquantenni, gli ultimi usciti dalla Scuola. Quando li vedo salire sui cestelli per le potature, magari a venti metri d'altezza, qualche paura ce l'ho”. Per loro niente corsi di "tree climbing", arrampicarsi sugli alberi per fare così la manutenzione straordinaria delle piante. È una tecnica che data un paio di decenni nata negli Usa. Si insegna, insieme a molte altre cose, nella Scuola agraria del Parco di Monza. "La scuola più famosa e più bella”, dice ancora Cerea. "Ormai i dipendenti pubblici che vengono da noi a specializzarsi non ci sono più - spiega Filippo Pizzoni, direttore della Scuola – siamo un centro di formazione professionale postdiploma accreditato alla Regione Lombardia, prepariamo personale che poi potrà lavorare in aziende, in proprio, in ogni campo legato alla cura, progettazione e realizzazione di giardini e parchi".
 
I numeri parlano da soli: 150 corsi di formazione ogni anno, 1500 allievi. Fra i corsi più seguiti quello per giardiniere professionista (600 ore), quello per arboricoltore (320 ore). E ancora quello per imparare a fare il fiorista, oppure per avere il titolo a occuparsi di giardini storici. E, naturalmente, i due corsi per tree climbers tenuti dagli specialisti americani Mark Chisholm e Brian Noyes.
 
A Roma la Scuola Giardinieri, nata nel 1926 e chiusa di fatto all’inizio degli anni 90, ha riaperto cambiando pelle. "Facciamo
corsi per i privati cittadini che amano il giardinaggio – dice ancora Antonello Mori – durano 5 mesi, da febbraio a giugno, 20 lezioni di due ore l'una. Il costo è 150 euro. Abbiamo aperto le iscrizioni on line e in 4 giorni sono arrivate 520 domande". Per tenere delle lezioni verranno anche alcuni docenti della Scuola di Monza.
 
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