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La sfida di GamEra: «A Padova un polo per i videogames»

Alberto Belli e Giulia Zamboni aprono uno studio in centro. «Sviluppo di nuovi videogiochi, qui le giuste professionalità»

di Silvia Quaranta
2 minuti di lettura

PADOVA. Duecento metri quadri su due piani, a pochi passi da corso Milano, proprio dietro al Plaza.

Primo giugno. I lavori di ristrutturazione sono già a buon punto e l’ufficio sarà pienamente operativo tra poco più di una settimana. Il primo giugno, infatti, aprirà in centro a Padova il primo studio padovano dedicato al mondo dei videogiochi. Si chiamerà “GamEra” (per gli appassionati: il gioco di parole è sul nemico di Godzilla) e ospiterà, inizialmente, una decina di professionisti: entro i primi tre anni, se tutto va bene, potrebbero raddoppiare.

Gaming. L’impresa porta la firma di Alberto Belli, 37 anni, romano. Alle spalle ha una laurea in scienze della Comunicazione e quindici anni di esperienza nel settore gaming, dove si è già occupato del marketing e della pubblicizzazione di giochi come Armageddon, Real Tournament 3, Ninja Gaiden e molti altri. Da qualche mese ha lasciato la città eterna per amore, trovando in quella del Santo un terreno fertile per mettersi in proprio.

Il progetto è ambizioso. «Non puntiamo solo ad aprire uno studio» spiega «ma ad avviare un polo di riferimento nazionale. Partiamo avvantaggiati, perché in Italia la concorrenza è scarsa: sia perché siamo in pochissimi a poter lavorare a buoni livelli, sia perché non esiste alcun tipo di aiuto da parte della politica. In Inghilterra, per esempio, esiste il Tax Break, con delle agevolazioni fiscali di vario tipo. Qui nulla, e per i ragazzi interessati a lavorare nel settore è quasi obbligatorio migrare altrove. Di grandi poli ce ne sono solo due, a Milano e Varese. Noi puntiamo a diventare il terzo, lavorando soprattutto con l’estero: sicuramente il Regno Unito, che copre il 70% del mercato europeo, e gli Stati Uniti, che sono un colosso mondiale».

Il mercato italiano. Contro il pensiero comune, che nei videogames vede solamente un passatempo per ragazzini, Belli porta un dato economico. «Il mercato italiano dei videogiochi» spiega «ha fatturato 893,3 milioni di euro nel 2014. Tradotto: quanto il mercato del cinema più quello della musica messi insieme. Questi sono, va precisato, i numeri relativi ai videogiochi acquistati, ma dal punto di vista della produzione c’è il buio totale».

Scelta affettiva. La scelta di Padova come nuova “culla” per lo sviluppo di videogiochi ha molte ragioni. Una è affettiva: a portare fin qui Alberto Belli è stata la sua attuale compagna, Giulia Zamboni, padovana doc. Dopo la laurea in Giurisprudenza, al Bo, Giulia aveva intrapreso la strada per diventare esperta in psicologia criminale, conseguendo master e corsi di specializzazione. Uno di questi l’ha seguito a Roma, dove o due si sono incontrati: lei ha messo via la carriera investigativa per affiancarlo come manager, gettandosi a capofitto in quello che, fino a qualche tempo fa, era solo un hobby.

Padova strategica. Da qualche mese sono tornati insieme a Padova, convinti delle potenzialità della nostra città. «Il Veneto è un luogo favorevole sotto diversi aspetti» spiegano «dalla scuola padovana di Psicologia, per esempio, arrivano alcuni studi sulle potenzialità anche educative dei videogames, una rarità in ambito accademico. L’Università di Verona, invece, è una delle pochissime a formare programmatori. A Treviso, infine, c’è la scuola di computer grafica BigRock. Un triangolo perfetto, dove Padova è strategica: ben collegata, vivibile, non troppo cara. Per me che vengo da Roma» aggiunge Belli «la qualità della vita è nettamente migliore, e il fatto che i costi siano accessibili mi permette anche di ricollocare facilmente le persone che chiamo a lavorare dall’estero».

Squadra formata. La squadra è già quasi formata, ma i due ragazzi puntano all’espansione. «Cerchiamo soprattutto programmatori, ma in generale» assicurano «siamo interessati ad assumere artisti, nel senso più ampio».

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