Ieri, alle 18, nella sua casa in corso Valentino, è morto Beppe Manfredi, presidente dell’Afeva, l’associazione che riunisce i famigliari e le vittime dell’amianto. A novembre scorso, aveva assunto l’incarico dopo le dimissioni della storica guida, Romana Blasotti Pavesi, che ora ha mantenuto il ruolo d’onore.

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Romana per trent’anni è stata rappresentativa, in misura terribilmente pesante, della prima parte della componente associativa - i famigliari delle vittime -, lei che si è vista strappare dalla sottile quanto tenace fibra d’amianto il marito, la sorella, due nipoti e la figlia; Beppe, invece, è stato appieno l’interprete della seconda parte dell’acronimo, le vittime dell’amianto. A Beppe Manfredi, ex dipendente dell’Enel, il mesotelioma l’avevano diagnosticato tre anni fa.

Ti guardi intorno e, anche quando stai bene, a Casale te lo dici: «Potrebbe toccare anche a me, un giorno o l’altro». Perché a Casale lo sai bene quali atroci scherzi è capace di fare l’amianto, anche a distanza di decenni. Non che altrove non capiti, in Italia ne muoiono di mesotelioma circa 1500, a Casale se ne ammala circa una cinquantina. Ma qui lo sanno anche i bambini che l’amianto non lascia scampo. Beppe Manfredi, 66 anni, da casalese, lo sapeva. E da casalese ha reagito. Ha parlato della malattia, ha condiviso, ha incrociato altre storie come la sua. E si è curato, affidandosi all’Ufim (Unità di cura del mesotelioma diretta dalla dottoressa Federica Grosso, negli ospedali di Casale e Alessandria) e fiducioso nelle terapie sperimentali.

A novembre, Romana Blasotti Pavesi gli ha passato il testimone: «Io sono un po’ stanca - ha detto -, fai tu che sei più giovane di me».

Beppe Manfredi ha accettato l’incarico, affiancato da Giovanni Cappa, a condividere la battaglia, oltre che la malattia.

Le cure si sono rivelate efficaci per tre anni. E Manfredi non ha mai mancato agli appuntamenti importanti; di recente, a maggio, era a Roma, in Corte Costituzionale, per il quesito sulla prosecuzione del processo Eternit Bis. È stato narratore efficace e convincente dell’epopea dell’Eternit quando in città sono arrivati, in primavera, gli artisti invitati a proporre idee per un monumento da installare nel Parco Eternot. Manfredi e Cappa hanno insistito, con la voce potente e autorevole di chi sperimenta la trincea del male, per sviluppare la ricerca, per avvicinare a Casale le cure sperimentali, così da diminuire i disagi di chi deve spostarsi in ospedali lontani.

Positivo nell’indole ed elegante nel portamento ha dichiarato la malattia, ma senza darsi malato. Anzi, ha usato la malattia come dimostrazione dell’urgenza di fare in fretta a studiare, cercare e trovare la cura adatta. Quindici giorni fa un cedimento fisico ha invertito repentinamente la rotta del suo stato di salute.

L’Afeva, nel tardo pomeriggio di ieri, ha divulgato, in breve tempo, il dramma per la morte del proprio presidente. Parole di cordoglio sono state espresse, in serata, da Renato Balduzzi, già ministro della Salute: «La morte di Beppe Manfredi, coraggioso e tenace presidente Afeva, è uno sprone a continuare, ciascuno secondo le sue responsabilità pubbliche e private, la lotta contro una malattia che soltanto attraverso lo sforzo comune e coordinato sarà possibile sconfiggere». Cordoglio anche dalla Società Canottieri, per la quale Manfredi «è sempre stato un punto di riferimento nelle attività sportive».

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