Milano, 1 aprile 2014 - 11:23

Le giornate di «genio e regolatezza» dei grandi artisti e pensatori

Come impiegavano il tempo Flaubert e Kant? Leggevano e sgobbavano. Mozart suonava dodici ore. Quasi tutti facevano lunghe dormite

di Paolo Di Stefano

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Genio e sregolatezza? Genio e follia? Qualche volta, ma prima di tutto, sempre: il lavoro. Se nelle giornate dei grandi scrittori, pensatori e musicisti del passato cercate la ricetta magica della genialità, resterete delusi. Non c’è quasi niente che li renda simili. Freud amava giocare a carte, Auden passava ore a sbevazzare, Flaubert non rinunciava alla chiacchierata con mamma, Kant non si faceva mancare la passeggiata serale, Dickens marciava per tre ore, Mozart impiegava un’oretta per vestirsi, a Thomas Mann piaceva la pennichella pomeridiana. Ognuno è genio a modo suo; del resto: non c’è niente di più individuale del talento. L’unica costante è la cosa più terre-à-terre che si possa immaginare: il lavoro. L’accensione del genio si realizza solo nella banalità del metodo. Tutti dormono con regolarità, neanche il brivido dell’insonnia che farebbe tanto genio alla Hemingway. È vero che Milton si svegliava alle 4 del mattino, ma andava a nanna alle 9 di sera, con le galline.

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Da Kant a Mozart: la giornata-tipo dei geni

E se proprio si deve trovare una stravaganza, rivolgetevi a Balzac, che alle sei del pomeriggio era già a ronfare. Ma se all’una di notte era sveglio come un grillo con la penna (d’oca) in mano, aveva pur dormito sette ore piene. A chi gli chiedeva il segreto delle sue composizioni, il poeta Paul Valéry rispondeva che il primo verso viene da Dio, il resto è una fatica disumana (o umanissima). Pensate che cosa ne sarebbe stato del talento di Mozart se non avesse sgobbato - tra composizione, concerti, lezioni - 12 ore al giorno. Certo, è anche vero il contrario: 12 ore al giorno di lavoro senza talento non bastano a fare un Mozart e neanche un Darwin. Ed è pur vero che Flaubert dedicava alla scrittura non più di 5 ore (fino alle tre di notte), ma ne impiegava almeno altrettante a leggere: provate voi a leggere per cinque ore al giorno! C’è poco da fare, i risultati, anche per i geniacci, si giocano sulla costanza, sulla regolarità. Geni e regolatezza. A volte regolatezza inutile, se un giorno Oscar Wilde esclamò sconsolato: «Oggi ho impiegato tutta la mattinata a mettere una virgola e tutto il pomeriggio a toglierla». Sudate carte? Sudatissime. La morale della favola è: che fatica e soprattutto che noia essere un genio.

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