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Fatta la guerra, si fecero gli italiani

Breve ascesa e rapido declino del patriottismo italiano con il conflitto del 1915-18, evento fondante dell’identità nazionale. Il monopolio della memoria operato dal fascismo. La damnatio memoriae dei fondatori della Repubblica. Un anniversario da riconsiderare.
di Giacomo Bollini
Pubblicato il Aggiornato il
[Carta storica tratta da <em><a href=http://www.limesonline.com/anteprima-di-limes-514-2014-1914-leredita-dei-grandi-imperi/61559?photo=1 target=_blank>2014-1914: l’eredità dei grandi imperi</a></em>]
[Carta storica tratta da 2014-1914: l’eredità dei grandi imperi

L'Italia ha festeggiato il centocinquantesimo anniversario della sua unità in un periodo di grave crisi di identità nazionale e di sfiducia nei confronti delle istituzioni.


La stessa unità nazionale subisce quotidianamente minacce e vilipendi più o meno manifesti.


La cura della res publica e del bene comune, il pieno riconoscimento dei diritti e dei doveri dei cittadini nei confronti della nazione ha subìto un duro colpo negli ultimi vent’anni.


È venuta alla luce la «malattia cronica» dell’Italia segnalata da Norberto Bobbio e incarnata oggi dalla corruzione, dall’intolleranza e da quel pensiero tipicamente italiano che le violazioni delle leggi siano un simbolo di astuzia e virilità.


Così l’orgoglio - nel senso civico del termine - di una nazione riuscita a risorgere dalle proprie ceneri dopo la tragedia della Seconda Guerra Mondiale, vent’anni di fascismo, più di ottant’anni di monarchia e dalle minacce all’integrità nazionale perpetrate durante la Prima Repubblica si riduce spesso a una macchietta di se stesso, legata più alle manifestazioni sportive che a una «religione civile laica».


Di questo profondo solco si era accorto per esempio il presidente Ciampi, che impostò il suo settennato tra il 1999 e il 2006 su una campagna neo-patriottica, con lo scopo di «dare calore alle istituzioni della Repubblica, in modo da farle nuovamente considerare espressione di una coesa comunità nazional-patriottica», ma anche per fronteggiare i sempre più allarmanti episodi di nazionalismo locale italiano e di razzismo, nonché la presenza di forze politiche quali la Lega Nord. Non è questo il luogo per la poderosa trattazione che il problema richiederebbe.


Tuttavia, si sta avvicinando un’altra ricorrenza che potrebbe riportare la questione all’ordine del giorno: il 24 maggio 2015 sarà trascorso un secolo dalla dichiarazione di guerra del Regno d’Italia all’Austria-Ungheria, il principale oppositore del percorso di unificazione del paese sotto l’egida di casa Savoia [l'articolo è stato scritto prima di maggio 2015, ndr].


Può la Grande guerra essere considerata una tappa storica per l’identità nazionale italiana? Uno di quegli eventi cardine su cui basare una rinascita nazionale sia storica sia politica, ma soprattutto morale?


Assolutamente sì. Lo sforzo, la sofferenza e l’esito del conflitto trasformarono profondamente la popolazione italiana. Lo spiccato spirito collettivo manifestato durante quella guerra la rende, con tutta probabilità, l’unico grande evento fondante del senso di italianità, uno snodo fondamentale per quella «religione civile laica» che è oggi così carente, ma estremamente necessaria.


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Carta di Laura Canali


Questo è un estratto dall'articolo "Fatta la guerra, si fecero gli italiani", presente nel numero di Limes 2014-1914 l'eredità dei grandi imperi, dedicato al lascito geopolitico della Prima Guerra Mondiale.