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Economia

Economia, così Monti rifiutò il commissariamento dell'Italia in crisi: "Me lo chiesero Schauble, Obama e Soros"

Agf
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Glielo chiesero il ministero delle Finanze tedesco Wolfgang Schauble, il finanziere George Soros e persino l'amministrazione Obama. Preoccupati per la tenuta dell'eurozona, e soprattutto per la scarsa solidità italiana, nel 2011 avvicinarono l'allora premier Mario Monti facendo pressione affinché aprisse le porte al sostegno del Fondo monetario internazionale, così come avevano fatto la Grecia, l'Irlanda, il Portogallo. Monti però rifiutò. Un passaggio delicato e cruciale nella storia del nostro Paese raccontato nel saggio "La lunga notte dell'euro" di Alessandro Barbera e Stefano Feltri, del quale oggi il quotidiano La Stampa propone un'anticipazione:

"Cancellerie, banche e grandi investitori diventano il partito trasversaòe degli aiuti: sono convinti che nel caso in cui il Paese venisse messo sotto tutela - dal Fondo monetario o dalla Troika europea - si ridurrà l'incertezza sui mercati, si guadagnerà tempo per diminuire l'esposizione verso i Paesi più instabili e, soprattutto, si apriranno buone opportunità di affari con le privatizzazioni imposte in cambio dei prestiti di emergenza. C'è anche un altro aspetto. Accettando la Troika, l'Italia sceglierebbe la strada dei tagli di spesa e della riduzione del perimetro dello Stato, i creditori sarebbero pazienti perché avrebbero la certezza che il Paese non si può sottrarre ai suoi impegni e si porrebbero le basi per una crescita futura, almeno nell'ipotesi (contestata) che ridimensionare la spesa pubblica sia sempre meglio che aumentare il carico fiscale.

Invece Monti resiste alle pressioni, pur sapendo che questo comporterà concentrare tutto il risanamento di cui l'Italia ha bisogno in poco più di un anno"

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