Milano, 18 aprile 2014 - 09:25

Troppo sale «gonfia» e fa ingrassare

Gli esperti dicono da tempo che non andrebbe aggiunto sale alle preparazioni, almeno nei primi due anni di vita, per non condizionare il gusto dei bimbi

di Carla Favaro

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Il sale può favorire l’obesità? Sembrerebbe proprio di sì, stando a quanto dice una recente ricerca, pubblicata su Pediatrics, e condotta alla Georgia Regents University di Augusta (USA). I ricercatori hanno valutato, in 766 adolescenti, i consumi di sodio, la composizione corporea, il grasso sottocutaneo e viscerale, i livelli ematici di marcatori dell’obesità e dell’infiammazione. Elevati apporti di sodio sono risultati associati con l’adiposità e con la presenza nel sangue di una citochina secreta dalle cellule immunitarie che contribuisce all’infiammazione cronica, indipendentemente dagli apporti calorici. I ricercatori ipotizzano che l’associazione fra sodio e obesità, già osservata in altri studi, ma sinora attribuita solo al fatto che più si mangia ( e per questo si ingrassa), più sale si consuma, possa invece essere dovuta proprio anche al sodio.

Insomma, un eccesso di sale non solo può favorire la ritenzione idrica (come già sappiamo), ma potrebbe facilitare anche l’accumulo di grasso. «Noi tutti consumiamo molto più sale di quanto ne serve - commenta Andrea Vania, professore di Pediatria e responsabile del Centro di dietologia e nutrizione pediatrica del Policlinico Umberto I di Roma - e questo favorisce, come dice lo studio, l’insorgere di obesità, con relativa componente infiammatoria, ma anche di ipertensione e processi aterosclerotici. Tutte le principali organizzazioni che si occupano di salute e alimentazione ribadiscono da tempo l’opportunità di non aggiungere sale ai cibi almeno nei primi due anni di vita, per non abituare i bambini a una dieta troppo salata (che è cosa diversa da sapida), dal momento che tale abitudine una volta acquisita è difficile da perdere».

Che cosa si può fare per bambini e adolescenti già abituati a consumare troppo sale? «È sempre possibile rieducare il palato a cibi meno salati, soprattutto se lo si fa gradualmente - sottolinea Cinzia Le Donne, nutrizionista del Centro di ricerca per gli alimenti e la nutrizione (CRA-NUT) -. Ricordiamo però che non basta ridurre il sale aggiunto, che dovrebbe essere comunque quello iodato, ma va limitato sia il consumo di cibi notoriamente salati, sia quello di alimenti che, pur non essendolo, possono comunque contribuire in modo significativo ai consumi di sodio (come pane, brioches, cereali da colazione)». «Come emerge dal progetto HELENA, uno studio europeo cui hanno partecipato anche adolescenti italiani, - conclude Le Donne - solo considerando il sodio già assunto con gli alimenti si raggiunge il limite che l’OMS consiglia di non superare: circa 2 grammi al giorno, pari a 5 grammi di sale».

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