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BOLLETTINO IMPERIALE

Il Forum delle nuove vie della seta celebra la globalizzazione con caratteristiche cinesi

BOLLETTINO IMPERIALE L’evento svoltosi a Pechino ha consolidato l’immagine della Bri, pilastro della politica estera di Xi Jinping. La Repubblica Popolare investirà nei porti di Genova e Trieste. Il test missilistico di P’yongyang ha ricordato a tutti che la crisi nella penisola coreana è tutt’altro che conclusa.  
di Giorgio Cuscito
Pubblicato il Aggiornato il
[Carta di Laura Canali]
[Carta di Laura Canali] 

Questo articolo segna l'inizio del "Bollettino imperiale", l'osservatorio di Limes dedicato all'analisi geopolitica della Cina e delle nuove vie della seta. Grazie al sostegno di TELT. Puoi seguirci su Facebook e Twitter.


Il primo Forum per la cooperazione internazionale della Belt and road initiative (nuove vie della seta) svoltosi a Pechino il 14-15 maggio ha consacrato il progetto infrastrutturale a guida cinese pensato per migliorare la connettività tra Cina ed Eurasia. L’iniziativa, ispirata alle antiche vie della seta, è il marchio di fabbrica della politica estera del presidente cinese Xi Jinping.


Ventinove leader da tutto il mondo e circa 1.200 rappresentanti da 110 paesi hanno preso parte all’evento che Xi ha definito il “progetto del secolo”, ispirato alla pace e alla prosperità. Eppure, l’armonia proposta al forum è stata intaccata dal nuovo test missilistico condotto dalla Corea del Nord. La mossa di Pyongyang, i cui delegati erano presenti all’evento, conferma che la crisi coreana è ancora in pieno svolgimento.


I risultati del Forum


Lanciata per la prima volta dal presidente cinese Xi Jinping nel 2013 con il nome “One belt one road” (Obor, yidai yilu in cinese), la Bri è composta da due rotte chiave: la cintura economica della via della seta (il tragitto terrestre, che comprende sei corridoi) e la via della seta marittima del ventunesimo secolo (quello marittimo). Queste insieme attraversano circa 65 paesi e comprendono il 70% della popolazione mondiale.


Al forum, Xi ha annunciato che la Cina avvierà diverse iniziative per valorizzare la Bri. Il Silk road fund (fondo creato per finanziare i progetti lungo le vie della seta) sarà dotato di altri 14.5 miliardi di dollari in aggiunta ai 40 miliardi stanziati originariamente. La China development bank e la China exim bank svilupperanno uno schema di prestito rispettivamente del valore di circa 36 e 19 miliardi di dollari per sostenere la cooperazione lungo la Bri. Pechino avvierà anche diverse iniziative in campo della ricerca, sanitario e di riduzione della povertà; tra queste, la fornitura di 290 milioni di dollari in aiuti alimentari ai paesi in via di sviluppo coinvolti nella Bri e di 8,7 miliardi di dollari in assistenza a progetti civili.


Tra gli invitati più importanti del forum vi erano il presidente russo Vladimir Putin, quello turco Recep Tayyip Erdoğan e il primo ministro italiano Paolo Gentiloni, unico leader del G7 che ha preso parte al vertice. Al termine del forum, questi ha avuto un incontro bilaterale con il suo omologo cinese Li Keqiang e con Xi. Per l’occasione, Cina e Italia hanno firmato un memorandum d’intesa per la creazione del Sino-Italian co-investment fund, fondo da 100 milioni di euro dedicato al sostegno delle piccole e medie e imprese. Soprattutto, la leadership cinese ha dichiarato di voler investire nei porti di Genova e Trieste.


Anche rappresentanti di Usa, Corea del Nord e Corea del Sud hanno raccolto l’invito al forum. Tra i grandi assenti vi era l’India, che considera la Bri una minaccia alla sua sovranità in quanto include il rivale Pakistan.


Il tentativo di Pechino di rompere l’isolamento di P’yongyang tuttavia non è andato a buon fine. Il giorno d’inaugurazione del forum, il regime di Kim Jong-un ha condotto un nuovo test missilistico. Il razzo ha volato per 700 chilometri prima di inabissarsi nelle acque del Mare del Giappone, a circa 100 chilometri dalle coste russe. L’esperimento potrebbe rappresentare un significativo passo in avanti verso lo sviluppo del missile intercontinentale, in grado quindi di raggiungere le coste degli Usa. Non è da escludere che P’yongyang abbia scelto di condurre il test in questo specifico momento per provare la sua ascesa a potenza nucleare agli occhi del mondo ed – eventualmente - negoziare con Washington da una posizione più solida.


La seconda nota dolente del forum è che, secondo il Guardian, i membri dell’Ue che hanno partecipato a un panel dedicato al commercio non avrebbero voluto firmarne la dichiarazione conclusiva poiché non menzionava l’importanza dell’impegno sociale, della sostenibilità ambientale e della trasparenza.


Perché la Cina promuove la Bri


La scelta di Xi di promuovere le nuove vie della seta dipende innanzitutto da interessi domestici. Pechino vuole servirsi della Bri per trovare nuovi mercati di destinazione dove smaltire la propria sovracapacità industriale, elevare la qualità dei prodotti made in China acquisendo il know-how straniero (italiano incluso), promuovere la tecnologia cinese in ambito ferroviario, consolidare i rapporti commerciali con i paesi stranieri e diversificare le fonti di risorse energetiche. Pechino inoltre cerca di individuare rotte terrestri che le consentano di ridurre la dipendenza da quelle marittime, controllate dagli Usa potenza navale per eccellenza.


Nel 2016 il commercio tra la Cina e i paesi lungo la Bri è stato pari a 913 miliardi di dollari. In questi Stati, tra il 2014 e il 2016, le imprese cinesi hanno investito più di 50 miliardi di dollari e in 20 di loro hanno contribuito alla costruzione di 56 zone di cooperazione economica e commerciale. Negli ultimi tre anni, circa 50 imprese statali cinesi hanno investito in 1.700 progetti nella cornice della Bri.


In termini di soft power, la Bri punta a consolidare l’immagine del “sogno cinese” (Zhongguo meng) del risorgimento della Repubblica popolare, che vuole mostrarsi quale forza motrice della globalizzazione, in controcorrente con le posizioni protezionistiche del presidente Usa Donald Trump. Durante il discorso di apertura del forum, Xi ha detto: “La gloria delle antiche vie della seta mostra che le distanze geografiche non sono insormontabili. Se compiamo il primo coraggioso passo in avanti tra di noi, possiamo intraprendere un percorso che guida all’amicizia, allo sviluppo condiviso, alla pace, all’armonia e a un futuro migliore”.


Nonostante le grandi ambizioni cinesi, la Bri presenta alcune fragilità. Le sue rotte infatti attraversano teatri ad alta instabilità geopolitica come il il cinese Xinjiang, il Pakistan, la Turchia, gli Stati del Corno d’Africa. Inoltre, gli Usa grazie alla loro potente Marina sono in grado di intervenire su qualunque diramazione delle nuove vie marittime della seta e – potenzialmente – ostacolare i flussi commerciali cinesi.  Dalla prospettiva americana, la Bri non rappresenta una minaccia. Non può dirsi lo stesso dell’ascesa navale cinese, che nel lungo periodo potrebbe rappresentare una sfida per la talassocrazia americana.


Il forum appena conclusosi è il preludio al Diciannovesimo Congresso del Partito Comunista cinese (Pcc), l’evento politico più importante dell’anno per la Repubblica Popolare. Secondo Enrico Fardella, professore dell’Università di Pechino e responsabile del progetto Chinamed.it , nei giorni del forum nella capitale “non si discuteva della Bri ma della possibilità, per molti sacrilega, che il “pensiero” (sixiang) di Xi entri a far parte della costituzione accanto all’unico altro pensiero consentito fino ad oggi, quello di Mao Zedong”.


Al Congresso, Xi, considerato il “nucleo” della leadership cinese, cercherà di promuovere ai vertici del Pcc i politici a lui più vicini per attuare le riforme necessarie alla trasformazione del modello economico cinese, a cominciare da quello delle imprese statali.


Il ruolo dell’Italia


Durante il concerto per i capi di Stato del forum, a Gentiloni e sua moglie è stato assegnato il posto d’onore accanto a Xi e la sua consorte. L’Italia si sta impegnando per trovarne uno altrettanto prestigioso lungo la Bri.


Forte della sua posizione geografica nel cuore del Mar Mediterraneo, la Penisola può svolgere il ruolo di hub di collegamento tra rotta terrestre e marittima, consolidare i rapporti economici con la Cina e cogliere le opportunità che emergeranno in altri paesi coinvolti nell’iniziativa. In alcuni di questi le aziende italiane sono già attive. Basti pensare alla costruzione di linee ferroviarie ad alta velocità in Iran ad opera di Ferrovie dello Stato.


I porti del Nord - in primis Genova, Trieste, Venezia - si propongono come possibili scali del flusso commerciale da e per la Cina, ma risentono della competizione del porto del Pireo.


Rispetto allo scalo greco, i porti italiani hanno una capienza inferiore, fondali più bassi, maggiori difficoltà ad accogliere navi cargo grandi e ultra-grandi; per questo stanno proponendo progetti di ampliamento e integrazione. Gli annunciati investimenti cinesi a Genova e Trieste potrebbero contribuire a questo processo.


Lo scalo greco inoltre è più lontano dal cuore dell’Europa rispetto a quelli italiani. Per raggiungerlo, i cinesi stanno costruendo una linea ferroviaria che dovrebbe collegare il Pireo a Skopje, Belgrado e Budapest per poi fare rotta verso l’Europa occidentale.


Per l’Italia, sarà essenziale implementare anche le infrastrutture retroportuali e ferroviarie. In tale contesto è rilevante l’impegno italiano nello sviluppo delle Reti di Trasporto Trans-Europee (acronimo inglese Ten-t) e in particolare dei quattro corridoi Nord-Sud incrociati trasversalmente dal corridoio mediterraneo. La loro entrata in funzione, prevista per il 2030, permetterebbe all’Italia di trasportare verso il Nord Europa i flussi commerciali da sud e da est e di acquisire un ruolo di primo piano anche lungo la via della seta ferroviaria.


L’integrazione delle infrastrutture marittime e terrestri deve andare di pari passo con lo sviluppo di una precisa strategia marittima, che permetta all’Italia di essere un soggetto geopolitico nel Mare Nostrum anziché un oggetto nelle strategie altrui. Ciò risulta indispensabile anche per acquisire credibilità agli occhi di Pechino, che osserva con preoccupazione le difficoltà della politica italiana.


Nel lungo periodo, le nuove vie della seta contribuiranno alla crescita degli interessi cinesi nel Mar Mediterraneo. Con essi aumenterà anche la necessità di garantire la loro sicurezza, argomento da tempo analizzato dal governo e dagli accademici cinesi. La protezione delle rotte a cavallo tra Europa e Africa potrebbe essere in futuro un altro importante ambito per la cooperazione Italia-Cina.