Due gradi per il futuro, cambio rotta verso la sostenibilità

«Non possiamo pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose. La crisi è la più grande benedizione per le persone e per le nazioni, perché la crisi porta progressi. La creatività nasce dall’angoscia, come il giorno nasce dalle notte oscura. È nella crisi che sorgono l’inventiva, le scoperte, le grandi strategie». Gianni Silvestrini ha scelto di cominciare da questa citazione di Albert Einstein del 1930 (non a caso l’anno successivo all’esplosione della grande crisi) per sviluppare il suo ragionamento, pieno di fatti, numeri, proposte nel suo ultimo libro “2 °C (Due Gradi) – Innovazioni radicali per vincere la sfida del clima e trasformare l’economia” (che arriva in questi giorni in libreria per Edizioni Ambiente).

Il pensiero di Silvestrini è da sempre segnato dall’ottimismo. E non potrebbe essere altrimenti per chi, mentre continua a essere impegnato nella ricerca e nell’insegnamento, trova il tempo di fare il Direttore scientifico del Kyoto Club, il Presidente del Coordinamento Free (Fonti rinnovabili ed efficienza energetica), il Presidente del Green Buliding Council Italia e nei ritagli di tempo fa persino l’imprenditore in prima persona in quei settori. Non può che essere una fede incrollabile nel futuro – un futuro sostenibile e low carbon – ad animare queste straordinarie capacità.

Ma l’ottimismo di Gianni è fondato su solide basi e la lettura di queste pagine ne è una limpida conferma. Pur non nascondendo nessuna delle difficoltà tremende di questi tempi, prima tra tutte la crisi del lavoro e il dramma della disoccupazione, né tralasciando di far emergere la forza dei poteri “fossili” che si oppongono al cambiamento, in “Due gradi” Silvestrini passa in rassegna tutte le potenti innovazioni tecnologiche – alcune già disponibili, altre pronte nel futuro prossimo – che possono farci guardare con fiducia agli anni che verranno. Un potente antidoto al vero veleno dei nostri tempi, che è la rassegnazione.

Certo il focus – come evidente sin dal titolo –  è come evitare che la temperatura del pianeta alla fine del secolo non superi di 2 °C i livelli esistenti prima della Rivoluzione industriale, visto che quella sarebbe la soglia, secondo la comunità scientifica, per evitare conseguenze irreversibili e potenzialmente catastrofiche. Ma io credo che ciò che emerge con forza ancora maggiore alla fine della lettura del libro è la descrizione che Silvestrini fa della possibilità di costruire un mondo migliore.

Attraverso le rinnovabili e l’efficienza energetica, la rivoluzione digitale e i nuovi materiali, la mobilità sostenibile e la chimica verde, il mondo dell’illuminazione che si reinventa e le  smart cities. Tutte le chance offerte dell’innovazione tecnologica. Ma Silvestrini legge con altrettanta lucidità le difficoltà della politica a cogliere quelle opportunità, e sa bene che senza affrontare questo nodo rischiamo di vedere quel treno passare sotto il nostro sguardo impotente e magari osservare altri, più pronti e svegli, salire a bordo al posto nostro.

Di qui l’attenzione e la speranza che si fonda sulla crescente sensibilità ambientale, le esperienze concrete di progetti e di conflitti a livello locale, senza le quali sarà impossibile cambiare la politica e far finalmente aprire gli occhi ai decisori e alle istituzioni. Resta da capire quali leve utilizzare nella complessità per favorire i cambiamenti e disincentivare le parti che obsolete e inquinanti e la risposta di Silvestrini, che condivido pienamente, è incentrata sullo strumento fiscale. Una leva che usata intelligentemente e con radicalità può innescare il cambiamento che il libro descrive, e che sinceramente è quello più auspicabile per il futuro del Pianeta, di noi che lo abitiamo e di chi verrà dopo.