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Ciclismo, bici motorizzata: sei anni di squalifica alla Van den Driessche

Femke Van den Driessche 
La bici utilizzata dalla giovane belga al mondiale Under 23 di ciclocross era motorizzata. E' per ora il caso più eclatante di quella che in molti ritengono essere la nuova frontiera del doping
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ROMA - Per ora paga la bella Femke, prima 'vittima' della nuova frontiera del doping. L'Epo sembra appartenere al passato remoto, la parola d'ordine è aggirare il problema: atleti dalla pipì perfetta, viene dopato il mezzo. Se ne parla tanto, ma negli ultimi tempi si lavora altrettanto per smascherare l'inganno, e arrivano anche le prime mazzate sui trasgressori. Femke Van den Driessche non gareggerà per i prossimi sei anni, lo ha deciso l'Uci. La bici che ha utilizzato al campionato del mondo di ciclocross nella categoria Under 23 era motorizzata. Di solito chi viene pescato all'antidoping, e non ci riferiamo solo al ciclismo, inventa scuse di ogni tipo: complotto, sostanza nel dentifricio, bistecca contaminata ecc. Questa ragazza belga invece si è praticamente arresa: "Quella bici non era la mia, ma quella di un amico, identica alla mia, e mi è finita in mano a causa di un malinteso di un meccanico", in pratica una bandiera bianca che l'Uci non ha neanche preso in considerazione. "Una grande vittoria per il nostro sport", ha commentato il n.1 della Federazione internazionale, Brian Cookson. Alla belga sono stati contestati due articoli, quello che riguarda la propulsione e quello sulla frode meccanica. L'Uci nel comunicato ha anche spiegato le modalità con cui è stata scoperta la frode: "La bici è stata scansionata usando la tecnologia con risonanza magnetica sviluppata dall'Uci durante l'anno. Questa ha rilevato la presenza del motore nell'area dei box. Il motore era un vivax nascosto con la batteria nel tubo verticale. Era controllato da un pulsante con bluetooth istallato sotto il nastro del manubrio".

Sei anni di squalifica dunque, la Van den Driessche tornerà a correre, se ancora ne avrà voglia, quando sarà già una venticinquenne e probabilmente il cassetto dei sogni sarà già chiuso. Lei, che in Belgio era già una mezza celebrità per le sue imprese nel ciclocross, popolarissimo da quelle parti grazie ad una antica tradizione vincente (basta ricordare i fratelli De Vlaeminck). Ma l'Uci sembra ormai aver dichiarato guerra. Di bici con il motore se ne parla da parecchio tempo. Vi fu addirittura chi mise in dubbio le performance di Cancellara a Fiandre e Roubaix di qualche anno fa (ma la Locomotiva di Berna il motore ce lo aveva nella gambe). Da allora di acqua sotto i ponti ne è passata tanta, quasi quanto i controlli, via via più frequenti. Alla Milano-Sanremo dello scorso anno furono condotti addirittura dai carabinieri, alla Vuelta di un paio d'anni fa fece scalpore il video del canadese Ryder Hesjedal, non uno qualunque (ha vinto anche un Giro d'Italia): finì a terra, ma l'immagine solitamente immota del ciclista che tocca l'asfalto risultò movimentata dalla ruota che continuava a girare freneticamente. In Francia hanno cercato di capirci di più. Un reportage della televion Antenne 2 ha mostrato dei rilievi di telecamere termiche utilizzate in moto o a bordo strada, evidenziando la differenza di temperatura tra la bici e il calore prodotto dalla possibile presenza di un motore. Una situazione paradossale che sa quasi di fantascienza. Che dire: speriamo che il ciclismo resti tale e non diventi MotoGp. Di Valentino Rossi ce n'è uno, basta e avanza...
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