Un cavillo burocratico tiene in carcere Rudy Guede, che dopo nove anni in cella avrebbe dovuto godere del primo permesso premio: 36 ore ai domiciliari in una struttura per il reinserimento in società dei detenuti. Non è bastato il parere favorevole del direttore del carcere Mammagialla di Viterbo né il via libera del tribunale di sorveglianza di Roma. Quello di Viterbo, che doveva dare esecuzione alla decisione, ha eccepito che la struttura di accoglienza non ha una cucina adeguata a sfamare Guede. Lo stesso giudice aveva bocciato in prima lettura la richiesta del permesso. «Ho atteso tanto. Vuol dire che aspetterò ancora. Sono comunque sereno. In questi nove anni di detenzione ho imparato la virtù della pazienza», è la reazione di Guede riferita dai volontari del Centro studi criminologi, che lo seguono in carcere.
Il panino è inadeguato
Circostanza peraltro già nota, tanto che l’associazione Studi criminologici, che in via volontaria assiste l’ivoriano, aveva dato la propria disponibilità a provvedere con panini come capitato in altre occasioni e per altri detenuti. Nulla da fare, il permesso è rinviato a data da definire. Guede, 29 anni, è in carcere dal 2007 per il concorso nell’omicidio della studentessa inglese Meredith Kercher, a Perugia. Deve scontare 16 anni, fine pena nel 2021. Si è sempre dichiarato innocente e i suoi complici restano non identificati dopo l’assoluzione in via definitiva di Amanda Knox e Raffaele Sollecito.
Desidera un hamburger e una birra
In carcere Guede lavora alle pulizie della infermeria e a luglio conseguirà la laurea in storia con una tesi sulla storia dei mass media: ambisce con buone positività al 110 e lode. A chi gli è vicino aveva espresso il desiderio di mangiare un panino da McDonald’s e bere una birra. Questo se fosse uscito.