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Ho scelto di fare la sex worker e lo racconto, come atto politico!

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Roberta, nome di fantasia, mi scrive di aver provato, in passato, a partecipare a discussioni, anche su facebook, in cui tentava di dare una visione diversa delle sex workers autodeterminate. Bannata dalle femministe abolizioniste, che sempre vanno in cerca di “vittime” e mai restituiscono voce alle sex workers che vittime dichiarano di non essere, ha voluto raccontare la sua storia. Buona lettura!

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Mi trovo a scrivere e raccontare la mia storia, come atto politico. Perché non ne posso più di sentire sedicenti femministe, che discriminano le sex workers, facendole passare come vittime (ci risiamo, la donna è una vittima, sempre e comunque, anche quando è lei a scegliere!!!!).
Nessuno nega l’esistenza della tratta, che nel nostro paese è una vera e propria piaga sociale. Ma facciamoci due domande. La mafia nigeriana, ad esempio, paga il pizzo per “l’affitto dei marciapiedi” alla camorra.
I “centri massaggi” cinesi, esistono grazie al benestare di mafiosi italiani, pronti a presentare permessi di soggiorno e false attestazioni di lavoro, in cambio di soldi, tanti.
Perchè, quindi, per evitare tutto questo non si regolarizza la prostituzione?
Perchè a qualcuno non conviene. Domandiamoci a chi.

Io invece la scelta l’ho fatta, di mia spontanea volontà, non per necessità, ma inizialmente solo per curiosità e la prospettiva di qualche entrata extra.
Avevo un lavoro stabile, non molto pagato, ma che comunque mi permetteva di campare. Mi è capitato di avere per un certo periodo una coinquilina che come unico lavoro faceva la camgirl, ogni tanto stavo ad osservarla mentre lavorava, mentre si infilava un vibratore da qualche parte. Ascoltavo le richieste, a volte davvero bizzarre, dei suoi clienti. Osservavo tutti i trucchi che utilizzava (che non vi svelerò, per non rovinare il mistero) per dare ai clienti l’impressione che stesse facendo esattamente ciò che loro chiedevano, quando in realtà faceva tutt’altro.

Lei, la rivendicava come scelta, dopo anni di precariato, un lavoro altrettanto precario, ma che tutto sommato le permetteva di vivere bene, senza sforzarsi troppo.
Così, dopo un paio di mesi ad osservare lei, ho deciso che avrei voluto provarci anche io. Ho sempre avuto fantasie di dominazione, che purtroppo con i miei partner non ho mai potuto mettere pienamente in pratica e ho pensato che quella potesse essere una buona occasione per vedere se la dominazione mi eccitasse davvero.
Così, ho aperto un account su un sito di camgirls e camboys straniero e nel giro di qualche giorno ho iniziato a lavorare.
Avevo specificato quelle che erano le mie tendenze, quindi da me arrivavano solo persone che cercavano esperienze di sottomissione.

Eviterò di scendere in dettagli, ma devo dire che nel giro di un mese ho iniziato a lavorare solo su appuntamento. Ogni sera, dal lunedì al venerdì, avevo un appuntamento con uno slave diverso.
Quello che facevo con loro era tutto frutto di una forte negoziazione, anche se il controllo l’avevo sempre e solo io. Potevo restare 3 ore a mettermi lo smalto, con loro che si masturbavano ma che non dovevano venire, finchè non lo ordinavo io, se lo ordinavo, ad esempio. L’idea che quel tempo costasse loro un sacco di soldi, era la mia e loro fonte di eccitazione.

Questo fa di me una persona sbagliata, sporca, non solo agli occhi di certi maschilisti, ma anche agli occhi di certe femministe moraliste, che non hanno le mie stesse fantasie sessuali e quindi si sentono in diritto di dire che mi sono prestata alla logica patriarcale, che vede le donne come feticcio sessuale. In qualche caso, in realtà, il fatto che fossi io a dominare loro, ha reso la mia posizione più accettabile. Ma in realtà, non c’è molta differenza tra me e la mia coinquilina che si infilava il vibratore dappertutto. Vendevamo sesso entrambe e il sesso ciascun@ di noi lo vive in maniera differente.

Ho sentito dire che le sex workers, sono delle vittime, o forse se lo scelgono è perchè hanno qualche trauma non risolto. E l’ho sentito dire da sedicenti femministe. Perché di una donna non si dice mai che può scegliere, come sceglie di fare la cameriera, o la commessa, di vendere sesso, in qualsiasi modo? Dal vivo o dietro una web cam, non fa alcuna differenza.
Dovrei sentirmi oppressa dalla mia stessa scelta? E perchè mai? O meglio, non più e non meno di quanto mi possa sentire oppressa da un qualsiasi altro lavoro fatto solo per mantenermi.

Comunque, ho continuato circa 5 mesi a fare questo secondo lavoro, dopo ho smesso, perchè ormai tutte le sessioni stavano diventando uguali e iniziavo ad annoiarmi, non a sentirmi oppressa, o schifata, o un oggetto, mi dispiace per voi che leggete con lo sguardo giudicante. Però, l’account è ancora attivo e non escludo di riprendere, prima o poi.

Conservo un ricordo affettuoso dei miei clienti. C’era il professionista single, che aveva fantasie di controllo, che abbiamo sperimentato insieme. L’uomo sposato, che amava il dolore fisico e gli insulti e che viveva con senso di colpa tutto questo, perchè quando provava a parlarne con la moglie questa lo prendeva per pazzo. Lo studente che amava vestirsi da donna e in realtà quello che voleva da me erano solo consigli per sembrare femminile, che ha preso consapevolezza del suo essere genderqueer e che non c’era nulla di sbagliato in lui.

E tanti altri, volti, storie, passate attraverso lo schermo di un pc. Una storia frutto di una società che ci vuole tutt* uguali, generando frustrazioni e senso di colpa per le proprie fantasie. Ma questa è la mia storia. E sapete che c’è? Non mi pento di nulla. Mai.

R.

 

Leggi anche:

Sul sex working e proposte di regolarizzazione:

Risorse:

—>>>il network delle organizzazioni europee composte da sex wokers: http://www.sexworkeurope.org
Tutti i post, le traduzioni, le news sul sex working su questo blog a partire dalla tag  Sex Workers

2 pensieri su “Ho scelto di fare la sex worker e lo racconto, come atto politico!”

  1. è davvero difficile trovare un lavoro moralmente impeccabile. se ti va di farlo, non capisco tutto questo accanimento da parte di chi non ha le tue stesse voglie.
    by una femminista.

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