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Cultura

Perché non è nel volontariato la salvezza del patrimonio culturale

Ansa
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"Se lo Stato non riesce a tutelare il patrimonio culturale, lo faccio io. O mia figlia, che sta al secondo anno di Storia dell'arte e ama tanto i quadri antichi. O lui, il mio vicino che guarda Quark tutte le settimane e legge Focus. Un professionista sarebbe meglio, ma in mancanza di fondi, è l'unica. O no?" È la crisi, bellezza, vacche magre, casse vuote, e volontari ai blocchi di partenza, come soluzione comoda. Con un conflitto, quello tra volontari e professionisti, che conflitto non è, e che è vecchio di anni, ma riemerge sempre quando si stringono i cordoni della borsa.

Due storie su tutte, raccolte dalle notizie dell'ultima settimana.

Roma, febbraio 2015. Infuria la protesta dei lavoratori Zétema, di fronte alla nuova ondata di tagli che "metterà in crisi tutte le realtà culturali della città, dal Palaexpo alle Biblioteche"; solo un cenno alla proposta indecente del sindaco Marino, di pochi mesi fa, di ricorrere a volontari per tenere aperti i Musei ("avviso pubblico per la ricerca di associazioni di volontariato, associazioni culturali per lo svolgimento di attività gratuite, da svolgersi presso Musei ed aree archeologiche e monumentali di competenza della Sovraintendenza comunale"): "L'amministrazione si è resa conto che era una boutade e ha sospeso il bando". Ignara della boutade, evidentemente, una studentessa di Storia dell'arte scrive al sindaco con la soluzione in tasca:

"Egregio sindaco,

mi chiamo Valentina Bortolotti e sono una studentessa di storia dell'arte presso la facoltà di Romatre. Premetto che amo l'arte, tutta. Dall'età villanoviana ai giorni nostri, dai resti delle antefisse fino ai quadri più celebri. Mi piace... no anzi la AMO, perché è il simbolo di un'attività intellettuale mai cessata, nemmeno quando i persiani invasero la Grecia o quando i barbari invasero le regioni italiane. Nemmeno durante le guerre l'uomo smette di creare, di fare arte. Si tratta dell'estrinsecazione della civiltà, della vivacità d'intelletto. È per questo che leggere articoli dove si spiega che per motivi economici, da aprile, molti musei potrebbero essere chiusi mi fa piangere il cuore. Perché a causa della crisi, ci troviamo di fronte a una decadenza alla quale dobbiamo reagire. Io voglio reagire quindi, e per questo sono qui, col cuore in mano, a scriverle che sarei disposta a lavorare GRATIS pur di mantenere anche un solo museo aperto. Per me sarebbe un sogno poter fare esperienza in un museo, vivere a contatto con la mia passione. E come me ce ne sono tanti, di giovani che lo farebbero. Vorrei chiederle quindi se fosse possibile poter fare questo, poter prestare un servizio al pubblico in cambio di un'esperienza che porterò con me per sempre. Spero che prenderà in considerazione questa richiesta che le permetterà di investire risorse umane anziché economiche.

Cordialmente, Valentina Bortolotti"

Napoli, gennaio 2015. Stanchi di vedere il patrimonio cittadino devastato dai vandali, i membri di un'associazione culturale si armano di detersivi e olio di gomito e puliscono dai graffiti che l'imbrattavano i marmi della fontana seicentesca di Monteoliveto. Foto, video, un assessore comunale in guanti e tuta, poi, pochi giorni dopo, la doccia fredda: un altro gruppo di volontari denuncia l'azione alla Soprintendenza, segnalando che da un primo sopralluogo si riscontrerebbero danni dovuti all'azione di prodotti e tecniche non adeguati. In rete si legge di tutto: solidarietà agli eroi del detersivo, solite accuse alla Soprintendenza che preferisce lasciare tutto nel degrado, e dietrologi pronti a vedere in questo uno stop della "kasta" alla sana sfida della società civile agli interessi e agli appalti delle società di pulizia.

Due storie diverse, ma con il solito, comune, denominatore, che si coglie quando si parla di volontariato e beni culturali. Come sempre, c'è chi ritiene di poter sostituire (degnamente, evidentemente) il lavoro dei professionisti, sia esso la cura di un museo, o il restauro di un'opera d'arte di quattro secoli fa. O lo scavo archeologico, va da sé, o la ricerca subacquea. Che sia col sorriso ingenuo e i maiuscoli da love-story giovanile di una studentessa piena di speranze che ama l'arte, o con il tono di sfida di chi si filma e mostra ai giornali quanto sia forte la voglia di riprendersi la propria città, il volontario non ritiene mai di danneggiare il professionista, né di dover quantomeno specificare le proprie competenze in relazione all'attività svolta.

Associazioni di categoria tuonano da anni contro il ricorso scorretto ai volontari (che in contesti differenti, e in accordo con i professionisti sono invece risorsa fondamentale-lo dimostra la storia di tante associazioni di volontari che operano da decenni sul nostro territorio): vi fareste operare da un chirurgo volontario? Da un signore che nella vita magari vende assicurazioni, ma che ama, anzi ama l'arte medica, e ha visto tutte le puntate di Dr. House? No, vero? Eppure basterebbe confrontare i percorsi formativi, per scoprire che archeologi, restauratori, operatori culturali, spesso tra lauree, specializzazioni, master e dottorati studiano lo stesso numero di anni di un medico specialista; non fanno pratica in ospedale, ma nei cantieri e nei laboratori, e solo con l'esperienza imparano tecniche e strumenti giusti. Pensare di sostituirli è quantomeno offensivo della loro professionalità.

Per tornare alle due storie: la fontana di Monteoliveto, oltre a soffrire i possibili danni per una pulitura impropria, è stata anche già nuovamente vandalizzata. L'intervento di restauro, da parte di professionisti, peraltro, era stato già calendarizzato da mesi. Avessero dialogato maggiormente con le istituzioni che intendevano sfidare, forse, i volontari avrebbero potuto dirigere i loro sforzi in luoghi più opportuni e meno sensibili (in fondo un'altra associazione cura da anni, periodicamente, la pulizia delle mura greche di Neapolis, raccogliendo i rifiuti lanciati dagli incivili e senza incidere sulle murature).

Valentina, invece, studentessa di Roma Tre con l'entusiasmo nelle tasche, potrebbe forse rivolgersi all'ufficio stage della sua Università, invece che all'oberato sindaco della Capitale: in tal modo, come tanti suoi colleghi e coetanei, potrebbe operare a contatto con il patrimonio, sotto la guida di esperti, e formarsi, come è giusto che sia al punto in cui si trova nella sua carriera, piuttosto che 'lavorare' gratis sulle macerie di un Paese che volta le spalle alla cultura e strizza l'occhio a chi mette un cerotto gratuitamente. Anche perché presto il tempo del 'lavoro' gratis finirà anche per lei. Ammesso che 'lavoro' e 'gratis' siano termini compatibili, e non un tragico ossimoro.

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