Anche il Partito comunista si allinea agli altri partiti di sinistra e critica aspramente la nuova Legge sui salari minimi
BELLINZONA - Anche il Partito comunista prende posizione in seguito alla nuova Legge sui salari minimi. E lo fa in maniera decisa e, come era facile ipotizzare viste le reazioni dei vari partiti di sinistra, critica.
Il fatto che non si arrivi nemmeno a 20.- all’ora viene giudicato «scandaloso». «Questo genere di minimino salariale avrà infatti come unica conseguenza una tendenza al ribasso degli altri stipendi, un vero e proprio “dumping di Stato”».
Per Massimiliano Ay, segretario politico del Partito Comunista e deputato in Gran Consiglio, con la decisione del Governo «è sparito persino quel po' di buon senso e di credibilità che ci si poteva magari ancora attendere».
Il Partito Comunista, in un suo documento datato maggio 2013 e proprio riferito all’iniziativa popolare “Salviamo il lavoro in Ticino”, intravvedeva alcuni rischi, e uno di questi era: «lasciare che sia il Consiglio di Stato a fissare il salario minimo non è affatto (anzi!) garanzia di salari minimi dignitosi: basti ricordare che proprio di recente il CdS ha approvato l’entrata in vigore di salari minimi (da fame) di Fr. 3’000.-- nei settori nell'industria». «Purtroppo - continua Ay - abbiamo avuto ragione a non fidarci del Consiglio di Stato, ancora una volta subalterno ai diktat dell’economia privata e del padronato, dimostrando scarsissima considerazione per i problemi di chi fatica ad arrivare a fine mese».