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Boncinelli: «Presto in Italia migliaia di centenari»

Lo scienziato partecipa a Trieste a un incontro sul ruolo degli anziani nel mondo del lavoro: «L’aspettativa di vita si allunga. Spostare in avanti l’età pensionabile non serve»

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Il genetista e divulgatore scientifico Edoardo Boncinelli 

TRIESTE. La nostra vita continuerà ad allungarsi, «al ritmo di un trimestre ogni anno che passa per i prossimi tre o quattro decenni». Un fenomeno destinato a porre sfide sempre più impegnative alle società dei paesi avanzati. Il genetista Edoardo Boncinelli sarà oggi a Trieste, ospite dell'Anla per il convegno «Anziani, una risorsa per il Paese».

Come mai un genetista e divulgatore scientifico di fama come lei, sceglie di intervenire a un convegno sugli anziani? Convegno, tra l'altro, organizzato in una città come Trieste, che lei peraltro conosce bene, con un'altissima percentuale di over 65 e oltre.

«Nel corso della mia carriera - risponde Edoardo Boncinelli – mi sono occupato molto di allungamento della vita e ho scritto diverse cose sulla preoccupazione causata dall'aumento della popolazione anziana. Ho già avuto occasione di fare un convegno analogo per Anla a Bergamo, così abbiamo pensato di replicare anche a Trieste».

Lei la definisce addirittura una preoccupazione.

«Eh sì, è un fenomeno strisciante che ci è avvenuto sotto gli occhi, ma ormai la fetta di anziani sulla popolazione dei paesi sviluppati è diventata rilevantissima. Non è un problema da poco, stiamo attenti, perché a questi anziani ora bisogna trovare qualcosa da fare».

Il convegno è dedicato agli anziani «come risorsa del Paese». Un tempo la ricchezza dell'anziano stava in primis nella memoria. Oggi non è più solo così. Quali sono i settori che più possono beneficiarne?

«Purtroppo questo è tutto fuor che chiaro. Quel che invece è chiaro è che dobbiamo dar loro motivazioni per vivere una volta conclusa la fase lavorativa dell'esistenza. E magari consentire alla società di trarre anche un vantaggio da questa popolazione che ha pur sempre una sua esperienza».

Cosa pensa dell'estensione dell'età pensionabile? Non c'è il rischio che porti anziani e giovani ad intralciarsi vicendevolmente in certi ambiti lavorativi?

«Ma io non penso che spostare tanto in avanti l'età pensionabile possa essere una soluzione, perché un certo decadimento fisico è inevitabile. Devono poter fare qualcosa senza d'essere d'intralcio ai giovani. Magari qualcosa di ludico, purché sia motivante».

Ad esempio?

«Le terme, le gite, le università della terza età. Cose che esistono già ma che andranno incrementate sempre di più, la società deve accettare di essere destinata a farsi carico di questi problemi».

Il rapporto intergenerazionale è cambiato in meglio o in peggio negli ultimi anni?

«La nuova autonomia delle persone di una certa età aveva allontanato in parte le generazioni. Anche questo non durerà e bisognerà metterci mano: la soluzione ideale, visto che in futuro ci saranno anche pochi giovani, dovrebbe essere una nuova forma di solidarietà. Ma mi rendo conto di prospettare i problemi senza avere soluzioni in mano».

La vita potrà allungarsi ancora o siamo arrivati al massimo?

«Anzi, è un processo che continuerà per altri trenta o quaranta anni ad un ritmo di un trimestre guadagnato ogni anno che passa».

Ci sarà un boom di centenari.

«Senza dubbio. Erano decine, oggi sono centinaia, si arriverà a migliaia».

Da genetista qual è il suo "segreto" per invecchiare al meglio?

«L'unica vera ricetta è semplice, adoperare il più possibile il cervello. E continuare a farlo per tutta la vita».

Anziani e tecnologia. In un mondo in continua accelerazione quale deve essere l'atteggiamento dell'anziano? È necessario tenersi comunque al passo? E la società come deve porsi nei suoi confronti? L'informatizzazione della pubblica amministrazione, ad esempio, pone non poche sfide agli anziani.

«Il problema esiste ma qui sono gli anziani a doversi impegnare per superarlo. Saranno un po' più lenti ad apprendere ma, appunto, è importante adoperare il cervello fino in tarda età. Ecco perché penso che si debba andare avanti con l'informatizzazione, non dev'essere un motivo per fermarsi».

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