Che cosa si dà di preciso quando si dà amore? Ci possiamo veramente accontentare della risposta di Jacques Lacan, quando lo psicanalista spiega che amare significa «dare ciò che non si ha a chi non lo vuole?». Non è in fondo anche questo un modo per eludere la domanda, nonostante sia vero che molto di quello che pensiamo di dare alla persona amata, di fatto, non lo possediamo nemmeno noi?
Più il tempo passa, più sono convinta che, nonostante l’enorme stima che provo nei confronti di Lacan, il suo «dare ciò che non si ha» non basti, sia troppo enigmatico, non sia sufficiente.
E allora, l’altro giorno, ho deciso di riaprire il capitolo e, per cercare di capire che cosa si dà realmente ad un’altra persona quando si dà amore, mi sono messa a fare la lista di tutto quello che ricevo dall’uomo che amo. Mi è sembrato più facile così: invece di partire da ciò che penso di dargli – anche perché un conto è quello che si immagina di dare, altro conto è quello che si riesce poi a dare veramente – sono partita da quello che mi dà lui. Cioè. Sono stata lì con una penna e un foglio per quasi un quarto d’ora senza riuscire a scrivere nulla: niente fiori, niente regali, niente sorprese… Poi, d’un tratto, è arrivata l’illuminazione. Stavo sbagliando tutto. Anche perché, in fondo, a me non è mai importato granché dei fiori, dei regali o delle sorprese. Anzi. E quando penso all’uomo che amo, non sono certo queste le cose che contano. Quando penso al suo amore, tutto diventa dolcezza e gioia semplicemente perché ho la certezza del suo essere sempre dalla mia parte – sempre e comunque, anche quando faccio i capricci e ho torto, anche quando sono insopportabile e gli rispondo male, sempre sempre! È questo suo esserci sempre, che rende l’uomo che amo l’unica persona al mondo con cui sono veramente libera di essere me stessa. Esattamente come è questa certezza che fa sì che il nostro rapporto sia, almeno per me, il simbolo stesso dell’amore. Chiunque può farci regali. Chiunque può donarci fiori, parole gentili, istanti indimenticabili. Solo chi ci ama, però, non ci chiede di cambiare, non ci giudica e non ci opprime. Solo chi ci ama ci riconosce per quello che siamo e ci accoglie e ci tollera e ci perdona e ci ascolta. Solo chi ci ama è capace di aprire in sé quello spazio che rende la nostra parola, se non proprio chiara, almeno ascoltabile. Anche quando diciamo o facciamo cose che nessun altro ascolterebbe o accetterebbe. Un amore che ama nonostante tutto. E che ci permette di scendere a patti con i nostri difetti e con le nostre contraddizioni. Certo, l’amore non è mai unidirezionale. Se lui o lei ci riconoscono e ci accolgono è anche perché noi li riconosciamo e li accogliamo. Anche quando non sappiamo bene il “perché” di questo riconoscimento reciproco e restiamo a bocca aperta, mossi da qualcosa che si agita in noi e a cui non riusciamo nemmeno a dare un nome. Un “ti amo” che non ha più niente a che vedere con quello che si dà o che non si dà, quindi. Ma che colpisce al cuore perché ama ciò che si è, anche quando si è «solo» se stessi. Ama ciò che si è, anche quando si è «altro» rispetto a quello che si mostra o che si dice a tutti gli altri, «altro» rispetto a quello che la gente pensa, «altro» talvolta anche rispetto a quello che noi stessi immaginiamo.