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Milano, 14 aprile 2015 - 15:12

Celiachia, nei bimbi diagnosi più semplice tenendo d’occhio la crescita

Valutare parametri relativi allo sviluppo può facilitare il riconoscimento dell’intolleranza nei bambini. Anche le donne sono sotto-diagnosticate

di Elena Meli

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Le diagnosi di celiachia aumentano al ritmo del 10 per cento ogni anno, ma siamo ancora ben lontani dall’aver riconosciuto tutti i circa 600mila intolleranti al glutine che, stando alle stime degli esperti, sarebbero presenti nel nostro Paese. Un problema soprattutto nei bambini, perché la mancata diagnosi può comprometterne lo sviluppo, e nelle donne, dove gli “effetti collaterali” di una dieta che non sia priva di glutine pesano molto sulla fertilità. Riconoscere presto e bene la celiachia però sembra possibile: uno studio finlandese ha dimostrato che lo screening di cinque parametri relativi alla crescita può aiutare a identificare i casi pediatrici, la guida “Donna e celiachia” pubblicata dall’Associazione Italiana Celiachia aiuta le donne a capire se soffrono di intolleranza al glutine.

La diagnosi nei bambini

Ammalarsi di celiachia da piccoli significa avere problemi di assorbimento dei nutrienti e quindi un maggior rischio di scarsa crescita corporea: individuare tempestivamente i bimbi celiaci perciò è essenziale, ma a oggi non sono stati approvati screening specifici, sebbene siano stati registrati in passato buoni risultati con l’uso del test della saliva. Così Antti Saari dell’università di Kuopio, in Finlandia, ha provato a capire se semplicemente monitorando la crescita dei bimbi si potesse diagnosticare l’intolleranza: ha perciò analizzato i dati di oltre 50mila bambini sani e li ha messi a confronto con quelli di 177 piccoli celiaci valutando cinque parametri correlati allo sviluppo, dalla nascita fino al momento della diagnosi. I risultati, pubblicati su JAMA Pediatrics, dimostrano che il metodo può aiutare a riconoscere presto e bene i bimbi malati: tenendo conto di altezza, indice di massa corporea e delle loro variazioni rispetto a quelle attese per l’età e il sesso del bambino, il ricercatore finlandese ha osservato che la crescita poteva considerarsi “anomala” nel 57 per cento delle femmine e nel 48 per cento dei maschi già due anni prima dell’effettiva diagnosi. «Il ritardo nello sviluppo corporeo è una caratteristica precoce e frequente nei bambini celiaci – scrive Saari –. Il monitoraggio attento della crescita perciò potrebbe essere molto utile per riconoscerli in maniera veloce. L’ideale sarebbe avere software appositi in cui inserire i dati del bimbo per confrontarli con quelli della popolazione di riferimento, perché altrimenti non è semplice orientarsi e capire quanto ci si stia effettivamente discostando dalla norma e quindi se è il caso di “allarmarsi” e procedere ai test diagnostici specifici per l’intolleranza al glutine».

Celiachia difficile da riconoscere anche nelle donne

Se i bambini spesso “sfuggono” a una diagnosi rapida, lo stesso vale per le donne: spesso nel sesso femminile la celiachia assume contorni leggermente diversi e anziché con chiari sintomi gastrointestinali si manifesta con anemia, problemi di fertilità, osteoporosi e menopausa precoci, anomalie del ciclo mestruale. Molte, alle prese con questi disturbi, non pensano proprio di essere intolleranti al glutine: stando ai dati più recenti dell’AIC sarebbero almeno 280mila le italiane celiache senza saperlo, addirittura il doppio rispetto agli uomini ancora ignari della diagnosi. Da qui l’idea di diffondere, online e negli studi dei medici di base, la guida “Donna e celiachia” per aiutare le pazienti a “riconoscersi”: chi ha il sospetto di essere celiaca può trovare le risposte ai propri dubbi, conoscere i “campanelli d’allarme” indicativi di intolleranza al glutine nelle donne e sapere quale sia il percorso di diagnosi più corretto, per non correre rischi. «La diagnosi deve essere posta dal medico, ma la consapevolezza dei propri disturbi e una corretta descrizione dei malesseri permetterebbero di riconoscere la celiachia prima e meglio – dice Elisabetta Tosi, presidente AIC –. L’obiettivo è far emergere l’iceberg dei pazienti che non tollerano il glutine, perché una volta avuta la diagnosi certa si può stare meglio, visto che un’alimentazione senza glutine basta quasi sempre a eliminare i sintomi e tornare a una vita normale. Determinante, se si ha il dubbio di essere celiaci, è non mettersi mai a dieta senza diagnosi: farlo prima di avere eseguito i test per la celiachia significa precluderne l’esito, mettendo a repentaglio anche la corretta aderenza alla terapia».

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