L'auto a guida autonoma è più lontana di quanto ci abbiano detto finora

Nell'edizione più auto-centrica dell'ultimo Consumer Electronics Show regnano i veicoli senza pilota, ma sulle tempistiche c'è chi spinge e c'è chi frena. Ecco perché

(Foto: Lorenzo Longhitano)

**Las Vegas — **Non c'erano dubbi che quest'anno al Consumer Electronics Show l'auto a guida autonoma avrebbe giocato un ruolo di primo piano. La promessa di una quattroruote che ci scorti in autonomia nei viaggi di breve e lunga durata è vecchia come il cucco, ma da qualche anno alla fiera di Las Vegas i costruttori la rinnovano con crescente enfasi, sottolineando quanto sarà rivoluzionaria per l'ambiente e per il nostro modo di intendere la mobilità. L'edizione 2017 non ha fatto eccezione: un intero padiglione è stato dedicato alle realtà del settore automotive e fuori dalla fiera le dimostrazioni di guida autonoma sono proseguite ininterrotte per quattro giorni.

Eppure quest'anno, dietro agli immancabili prototipi futuribili e alle suggestive corse senza mani effettuate in ambienti più o meno controllati nei dintorni di Las Vegas, si sono nascoste alcune differenze di vedute tra i vari costruttori sulle modalità più adeguate e sulle tempistiche necessarie a portare nel mondo reale quanto mostrato negli scorsi giorni.

(Foto: Lorenzo Longhitano)

Le parole più interessanti in questo senso (ma ignorate da molti) sono state quelle più caute e pragmatiche uscite dalla bocca dell'amministratore delegato del Toyota Research Institute Gill Pratt, che ha voluto mettere un freno alle aspettative di pubblico e mercato per quel che riguarda il concetto di guida autonoma negli anni che verranno a breve. Secondo Pratt, intervenuto durante il keynote di Toyota di pochi giorni fa, un'auto veramente in grado di fare il suo dovere in carreggiata senza neppure prevedere un volante a bordo non è ancora a portata di mano; sicuramente non nei prossimi cinque anni, come invece promettono in molti nel settore.

Nella scala proposta da SAE International e adottata genericamente nelle conversazioni su questo argomento si dividono le auto a guida autonoma in cinque classi o livelli di complessità crescente: si definisce di quarto livello un ipotetico veicolo in grado veramente di condursi da solo, chiedendo aiuto a un pilota soltanto in casi molto particolari come condizioni meteo avverse, ed è a questo che si riferiscono i costruttori al CES quando mostrano passeggeri che si danno al binge watching dell'ultima stagione di Black Mirror nell'abitacolo mentre si fa scarrozzare al lavoro. Per Toyota però quel futuro è lontano. Molto lontano.

(Foto: SAE International)

Il motivo è semplice: da una parte, nonostante le centinaia di migliaia di morti all'anno per incidenti stradali siano causate in buona parte da errori umani, in quest'ambito così delicato l'opinione pubblica non è disposta a concedere a una macchina neanche un singolo errore; d'altro canto nelle mani dei costruttori non c'è ancora la tecnologia, la capacità computazionale, l'esperienza accumulata dalle intelligenze artificiali e neppure la forza lavoro per ridurre a quasi zero il margine di errore a bordo dei loro veicoli — non se vogliamo poterli ritenere responsabili quando le cose vanno storte.

In effetti in un sondaggio recente effettuato negli Stati Uniti, il 51% degli intervistati afferma che preferirebbe avere sulla propria auto il controllo completo, anche se questo dovesse significare avere a disposizione un modello meno sicuro (e quindi rischiare di più): il signor Spock lo definirebbe un atteggiamento del tutto illogico, ma tra gli umani è una posizione condivisa che ha convinto molti costruttori a ridistribuire le priorità nella corsa alla guida autonoma. Quel che questi ultimi si sentono sicuri di fare mentre la tecnologia avanza e i loro algoritmi di machine learning imparano a guidare è perfezionare la guida umana, aumentarla digitalmente: lavorare, cioè, sull'autonomia di secondo livello.

Il keynote di Nvidia è stato esemplare in questo senso: a Las Vegas il produttore ha presentato al mondo Co Pilot, un sistema che analizzando i dintorni del veicolo e il volto del guidatore lo mantiene vigile su pericoli che potrebbero altrimenti sfuggirgli. Co Pilot calcola le traiettorie degli oggetti in carreggiata riconoscendo insidie invisibili a occhio nudo e si accorge quando il livello di attenzione alla guida non è adeguato, ma non prende mai il controllo diretto della situazione. Ovviamente Nvidia è già al lavoro su sistemi di guida autonoma più avanzati — con Audi è tra i soggetti che hanno ambiziosamente promesso il lancio di un veicolo di quarto livello entro il 2020 — ma il fatto che abbia voluto mostrare al CES una soluzione meno futuribile è comunque significativo.

La posizione è simile a quella adottata da aziende come Volvo, Ford e Google — che finché non riusciranno a togliere completamente l'elemento umano dall'equazione preferiscono tenere lontano dalle strade i propri veicoli — e in conflitto con quella di Tesla e di altre realtà presenti al CES come il gruppo Nissan-Renault, che entro il 2020 vuole portare su venti diversi modelli il suo sistema ProPilot, simile all'Autopilot del gruppo di Elon Musk. Quest'ultimo è considerato a cavallo tra il secondo e il controverso terzo livello di automazione, che concede al guidatore la possibilità di lasciare il volante in determinate situazioni, ma richiede che sia sempre vigile in caso di imprevisti. Un'ambiguità che però può causare nel guidatore un'errata percezione delle capacità del veicolo e rischia di portarlo a fidarsi troppo, con conseguenze che possono essere catastrofiche per il singolo e di conseguenza negative per la percezione comune delle tecnologie di guida autonoma.

Tesla al CES non c'era, ma le parole pronunciate qualche mese fa da Musk riguardo alla questione sintetizzano chiaramente la posizione di chi a Las Vegas ha mostrato di voler andare avanti in modo spedito (come BMW, che con Intel vuole portare i primi 40 veicoli autonomi su strada entro quest'anno, o come Mercedes, che entro tre anni vuole andare anche oltre): "Credo abbastanza fermamente che andrebbe portata sul mercato qualunque tecnologia di guida autonoma in grado di migliorare la sicurezza anche solo dell'1%. In un mondo dove ogni anno muoiono 1,2 milioni di persone negli incidenti stradali si tratta di 12mila vite salvate".

Vista così, la questione ha a che vedere solo marginalmente con la tecnologia e si trova ambiguamente a cavallo tra etica e cinismo: meglio tentare di arrivare primi sul mercato con un prodotto imperfetto, ma comunque in grado di salvare vite, oppure aspettare di avere a disposizione un sistema più affidabile tenendo nel frattempo chiuse in laboratorio innovazioni potenzialmente benefiche per evitare danni di immagine? Questo è l'anno in cui i costruttori scopriranno tutti le proprie carte.