Storicizzare destra e sinistra


Per storicizzare l’industrialismo e quindi i movimenti politici sorti nell’epoca che giunge al termine è necessaria una comprensione della storia, del presente e avere la capacità di una visione futura della società. Nella storia ci sono stati luoghi e periodi di breve durata favorevoli al socialismo e al comunismo, mentre il cosiddetto mondo occidentale è stato caratterizzato dalle idee politiche della destra, oggi evolutosi in neoliberismo finanziario. E’ altrettanto corretto riconoscere che la sinistra (Marx) così come la destra (Smith) sono ideologie della crescita ignare dell’entropia, convinte del fatto che l’uomo debba produrre in continua crescita per vendere merci, e la differenza (fra destra e sinistra) sta nel controllo del mercato, fra chi preferisce il ruolo attivo dello Stato (sinistra) e chi preferisce la mano invisibile e autoregolatrice del mercato (amenità per stolti). Le regole globali del commercio seguono gli indirizzi del liberalismo (destra), in una prima fase, e poi gli indirizzi del liberismo, mentre gli strumenti finanziari e informatici rispondono ai capricci delle imprese più influenti, cioè l’industria bancaria e le multinazionali che capitalizzano anche senza lavorare. Tali sistemi di indirizzo e di controllo (teologia capitalista) non rispondono né alle leggi della natura e né alla ragionevolezza umana, ma alle teorie capitaliste, prima neoclassiche e poi ultra liberiste (destra). Le invenzioni economiche neoclassiche nascono tutte nel mondo liberale per costruire la società moderna; un’opposizione a tali assunti in chiave socialista, com’è noto, nasce solo in seguito come critica sociale all’industrialismo, grazie a Marx ed Engels, per l’evidente sfruttamento dei lavoratori e per i danni ambientali innescati dall’industria.

Cosa significa storicizzare destra e sinistra? Significa programmare l’uscita dal piano ideologico sbagliato, cioè il pensiero economico nichilista di tutta l’economia neoclassica per approdare su un altro piano, quello bioeconomico. Possiamo abbandonare il significato economico di destra e sinistra (la crescita, la produttività, la competitività), per approdare sul piano filosofico e scientifico della bioeconomia. Un salto culturale del genere è possibile grazie allo sviluppo della scuola ecologica marxista, che ha saputo analizzare al meglio la società moderna e la sua degenerazione finanziaria. La specie umana può mettersi alle spalle una società che funziona male, e grazie alle innovazioni tecnologiche può costruire nuovi paradigmi culturali, sia ricorrendo le teorie utopiste dell’Ottocento, e sia programmando la riduzione dello spazio del mercato per aumentare quello delle comunità attraverso le odierne tecnologie. Gli strumenti tecnologici di oggi consentono la realizzazione di comunità auto sufficienti, dal punto di vista alimentare ed energetico, concretizzando due fattori: una rimodulazione degli scambi, molto meno mercantili, e una rilocalizzazione delle produzioni. Le implicazioni di questo cambiamento sono radicali: il lavoro manuale sarà ridotto a pochissime attività, ad esempio quelle meramente artigianali; le persone dovranno aumentare le proprie competenze mentre le imprese saranno quasi del tutto automatizzate.

Le istituzioni pubbliche europee dovranno riappropriarsi della proprietà e del controllo della moneta per riporla al suo posto nel mercato, cioè essa è un mezzo e non un fine. In questo nuovo contesto politico, le persone e le comunità, oggi organizzate in Sistemi Locali del Lavoro (aree funzionali) possono ricondurre le logiche mercantili nel corretto rapporto fra uomo e natura, e quindi, le istituzioni locali (comuni, università, imprese) possono scegliere di avviare scambi etici e rispettosi dei diritti altrui, cioè, le élites locali possono adottare piani di rigenerazione bioeconomica dei propri territori stimolando scambi tipici del primo capitalismo, evitando l’accumulo infinito di merci, a volte inutili, ma contemporaneamente potranno avviare nuovi e utili impieghi per la gestione razionale delle risorse locali. Per ottenere tale risultato è necessario ripristinare la forza politica e il ruolo pubblico della Stato che interviene nell’economia con investimenti nei Sistemi Locali del Lavoro delle aree marginali. L’azione pubblica può aggiustare gli squilibri per ridurre le disuguaglianze, e può programmare l’uscita da questo capitalismo immorale offrendo alle persone percorsi di ri-territorializzazione di attività e funzioni compatibili con gli ecosistemi.

La nostra specie, se riprende il controllo di se stessa può vivere in armonia con la natura, ed è necessario che ciò accada per garantire la sopravvivenza della specie stessa. Per farlo è necessario abbattere l’attuale capitalismo che poggia sull’inganno e l’usurpazione dei diritti e delle risorse limitate del pianeta. E’ fondamentale smantellare l’immorale mondo offshore dei paradisi fiscali, creati dai ladri per rubare agli Stati.

Non è una questione socialista e/o capitalista costruire la visione politica bioeconomica, ma una necessità di sopravvivenza. E’ altrettanto importante riconoscere che tale visione nasce dalla cultura di sinistra, ma condotta su un nuovo piano culturale. Questo approccio culturale consente di mostrare con estrema chiarezza come misurare la ricchezza, come produrre e trasformare le merci e come garantire l’auto rigenerazione degli ecosistemi consentendo alla specie umana una serena prosperità. In tal senso è necessario che cittadini, imprese e soggetti culturali riescano a costruire comunità bioeconomiche investendo i propri profitti e risparmi per tendere proprio alla prosperità.

E’ altrettanto vero che temi come la conversione ecologica sono affrontati da piccoli gruppi di sinistra, ma sono inseriti in ambiti ove si cerca di dare respiro a personaggi che appartengono a un’epoca passata ed obsoleta. La borghesia capitalista, semplicemente, detesta l’idea di dover rispettare i diritti di tutti gli uomini poiché il suo profitto nasce proprio dalle tradizioni monarchiche e reazionarie per rubare le risorse del pianeta e garantire facili profitti ai propri simili. In tal senso è del tutto ingenuo attendersi proposte bioeconomiche da ambienti avversi al raziocinio e al buon senso. Nel corso dei secoli e decenni passati destra e sinistra sono cresciute sullo stesso piano ideologico della crescita continua figlia del produttivismo e del consumo di merci.

Nel secolo che verrà non sarà necessario produrre merci in termini quantitativi ma solo in termini qualitativi e di utilità sociale. Il risvolto “negativo” sarà la riduzione dei posti lavoro, che possono essere sostituiti da altri impieghi e attività ugualmente retribuite, o comunque garantendo dignità di vita a tutti gli individui attraverso un nuovo modello sociale costruito sulla reciprocità e sulla tassazione degli ingenti surplus di capitale creati dalla finanza e dalla robotica. Oggi questi surplus di capitale sono completamente sottratti agli Stati, o sottoposti a una tassazione ridicola. In un sistema sociale responsabile non può esistere concorrenza sleale sui sistemi fiscali, così come non può esistere concorrenza sleale sui salari. In un sistema politico civile, lo scopo di uno stato è lo sviluppo degli esseri umani e non l’accumulo di capitale attraverso lo sfruttamento della schiavitù. Oggi abbiamo l’opportunità di favorire un’esistenza serena a tutte le persone perseguendo interessi e azioni che coniugano lo sviluppo umano con la tutela del bene comune. Può apparire paradossale ma per transitare da un sistema obsoleto come quello quantitativo a un sistema etico e qualitativo sono necessari nuovi e maggiori impieghi rispetto al modello della crescita continua. Se destra e sinistra hanno favorito il produttivismo attraverso il lavoro salariato (questo negli ultimi tre secoli), in realtà per tendere a un’evoluzione possibile, oggi, attraverso le nuove tecnologie, le comunità umane possono essere costruite sulla cultura, l’arte e l’attività fisica godendo della fruizione dell’ambiente naturale poiché l’obiettivo è la felicità. Si tratta di un cambio radicale e non l’aggiustamento di una società depressa dal sistema finanziario globale che viola palesemente i diritti universali. Per intenderci meglio l’obiettivo non è il lavoro – alias posto di schiavitù – ma la creazione di impieghi utili che realizzano la transizione da una società delle merci inutili – consumismo compulsivo – alla società per gli esseri umani: creatività e spiritualità. La sostenibilità di una società bioeconomica non si misura con la moneta – mero mezzo per misurare i costi delle trasformazioni – ma con la corretta gestione delle risorse naturali e le capacità creative degli individui che sanno aggiustare le città fallite dal sistema amministrativo costruito sullo stupido pensiero neoliberale e l’economia neoclassica che ignora l’entropia. In conclusione, storicizzare destra e sinistra non vuol dire ignorare il significato storico di idee e valori politici che hanno costruito la società moderna, ma significa superarne il senso economico poiché sbagliato. Storicizzando il senso economico di destra e sinistra, possiamo uscire dall’insania mentale dell’economia della crescita e approdare nel secolo della “prosperanza” suggerita dalla bioeconomia poiché renderà le persone veramente libere dalle gabbie mentali.

Solo la cultura politica di sinistra è in grado di costruire un soggetto politico capace di interpretare questo messaggio, poiché a sinistra sono sorte le idee utopiste socialiste che nell’Ottocento hanno immaginato una società in equilibrio con la natura, e comunità in armonia tutelando i diritti umani. Nonostante le opportunità tecnologiche, incredibilmente manca ancora un soggetto politico europeo capace di cogliere questa opportunità, sia per cambiare le istituzioni politiche in funzione di questo pensiero. e sia per mettere in pratica questo cambiamento. Le persone, attraverso lo strumento giuridico cooperativo, possono avviare questo percorso e costruire comunità auto sufficienti.

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