■ LA STORIA DELLA DIAZ

Per la seconda volta la Corte di Strasburgo condanna l’Italia per la «macelleria messicana» alla scuola Diaz di Genova della notte tra il 20 e il 21 luglio 2001. La prima durissima sentenza, emessa all’unanimità, era del 2015 e biasimava l’Italia per le torture perpetrate dalle forze dell’ordine nei confronti di cittadini inermi, ma anche per non avere nel proprio ordinamento una legge che punisca la tortura. La sentenza di oggi ricalca quella prima condanna e arriva un giorno dopo la lettera alle autorità italiane con cui il commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, Nils Muiznieks, esprime preoccupazioni per il testo ora all’esame del Parlamento italiano.

A presentare ricorso contro le torture subite alla Diaz, nonché per la mancata identificazione dei poliziotti che agirono quella notte (anche la proposta di numeri identificativi, prevista in altri Stati europei, è naufragata nelle polemiche tra le forze politiche italiane) sono state 42 persone di varie nazionalità che all’epoca dei fatti avevano tra i 20 e i 64 anni.

La sentenza stabilisce che i ricorrenti furono torturati, i responsabili non puniti adeguatamente e l’assenza di una norma contro la tortura nell’ordinamento italiano. La Corte di Strasburgo ha inoltre riconosciuto 29 indennizzi che variano dai 45 ai 55 mila euro per danni morali.

Davanti ai giudici sono pendenti altri ricorsi incentrati sui fatti della Diaz e di Bolzaneto, la caserma nella quale vennero portate decine di persone prelevate dalla scuola di Genova e che subirono torture e umiliazioni durante tutta la notte. Si tratta di ricorrenti che non hanno rifiutato il patteggiamento offerto dal governo italiano ad altre vittime di Genova 2001.

I commenti dei lettori