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Catalogna, duecentomila in piazza contro l'arresto dei due leader indipendentisti

(ap)
Manifestazioni e fiaccolate a Barcellona, Girona, Lerida e Tarragona. Fermati Jordi Sánchez e Jordi Cuixart, accusati di sedizione dall'Audiencia Nacional di Madrid. Il governo catalano: "Vergogna democratica, torniano ai tempi dei prigionieri politici". La Corte costituzionale annulla la legge sul referendum.
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BARCELLONA - Giornata di proteste in Catalogna per l'arresto dei due più importanti leader indipendentisti, Jordi Sánchez e Jordi Cuixart, accusati di sedizione dall'Audiencia Nacional di Madrid. Dalla capitale Barcellona ai paesi dell'entroterra, sono decine di migliaia le persone che da questa mattina manifestano in strada: prima con concentrazioni davanti ai municipi e ai luoghi di lavoro, poi con fiaccolate. Il grido è sempre lo stesso: "Llibertat". Nel solo centro della capitale catalana sarabbero 200mila i manifestanti, secondo la polizia municipale. Altre fiaccolate si stanno svolgendo anche a Girona, Tarragona, Madrid, Valencia e Palma di Maiorca.

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LE REAZIONI
Alle 19 sono state convocate altre manifestazioni nei quattro capoluoghi di provincia della regione: Barcellona, Gerona, Lerida e Tarragona. Tutte davanti alle delegazioni locali del governo spagnolo.
 
L'arresto dei due "Jordis" - li chiamano così - ha già infiammato gli animi e da ieri notte gli hasthag virali sui social sono diventati #libertatJordis e #HelpCatalonia. Sànchez e Cuixart sono i presidenti dell'Anc e di Òmnium cultural, le due organizzazioni di base del secessionismo con migliaia di militanti in tutta la regione.
Sulla base di una inchiesta della Guardia civile sono accusati di "aver organizzato", e di aver poi anche "fomentato la folla", la manifestazione di fronte alla sede del ministero dell'Economia regionale mentre gli agenti la stavano perquisendo lo scorso 20 settembre. Il risultato fu che migliaia di persone assediarono l'edificio per tutta la notte impendendo agli agenti della Guardia civile e della polizia nazionale di uscire. L'assedio si sbloccò soltanto il giorno dopo con l'intervento dei Mossos.
 
Ma Sànchez e Cuixart sono accusati anche di aver organizzato e diretto un "mega-piano" per consentire il voto illegale al referendum del primo ottobre scorso. Carmen Lamela, giudice del caso, ha accettato la richiesta della procura ordinando il loro arresto preventivo, senza cauzione, perché a suo giudizio ci sono sia "rischi di fuga" che la possibilità di "reiterazione del delitto" e di "manipolazione o distruzione delle prove".
 

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Per Ada Colau, sindaca di Barcellona, l'arresto dei due leader "è totalmente ingiusto ed è un grave errore che allontana le possibilità di dialogo con Madrid". Mentre per il presidente del governo catalano Puigdemont "la Spagna torna a avere prigionieri politici" come ai tempi della dittatura franchista.

Il portavoce del governo, Jordi Turullu, ha parlato di una 'vergogna democratica':  "Ciò che non aveva osato fare il franchismo - ha detto - lo ha fatto un tribunale del ventunesimo secolo. Due persone innocenti sono state private di libertà da un tribunale incompetente per reati inesistenti". Secondo il portavoce catalano, Madrid avrebbe fatto pressioni alle imprese locali per lasciare la regione. È un danno che si ripercute su tutta l'economia spagnola". Dal primo ottobre, infatti, circa 700 aziende hanno trasferito le sedi sociali fuori dalla Catalogna.

Il leader di Podemos, Pablo Iglesias, ha detto di provare vergogna perchè in Spagna non possono succedere certe cose. "Non voglio un Paese che abbia detenuti politici - ha aggiunto Iglesias -, Sànchez e Cuixart hanno organizzato manifestazionI pacifiche, il loro arresto è un atto di enorme irresponsabilità".
 

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GLI ULTIMATUM DI MADRID
Ieri era arrivata la risposta del presidente catalano Carles Puigdemont all'ultimatum di Madrid e non aveva soddisfatto il governo centrale. Oggi, di fronte al secondo ultimatum, la Catalogna mantiene la stessa posizione. Il presidente catalano aveva chiesto un margine di "due mesi" per dialogare e negoziare un'uscita politica dal braccio di ferro, dopo che il premier Mariano Rajoy gli aveva chiesto di chiarire la sua posizione sull’indipendenza.

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In conferenza stampa la vice premier Soraya Sáenz de Santamaría è stata categorica. Sempre ieri la magistratura spagnola ha continuato le indagini sulle manifestazioni che hanno segnato i giorni del referendum catalano e sulle responsabilità dei Mossos d'esquadra. In attesa che l'accertamento sia completato, il capo della polizia catalana, Josè Lluis Trapero, è stato sottoposto a libertà vigilata.

 ANNULLATA LEGGE SUL REFERENDUM
La Corte costituzionale spagnola ha bocciato in forma definitiva la legge sul referendum del primo ottobre adottata il mese scorso dal parlamento catalano, provvedimento che era stato messo immediatamente in sospeso in forma cautelare. Secondo la sentenza della Corte, il percorso parlamentare della legge è stato caratterizzato da una serie di "rotture del procedimento legislativo molto gravi", che hanno compromesso "la formazione della volontà della Camera, i diritti delle minoranze e i diritti fondamentali dei cittadini a partecipare alle questioni politiche tramite i loro rappresentanti".

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La legge catalana, secondo il Tribunale costituzionale "è con tutta evidenza incostituzionale", perchè "contraria a principi essenziali dell'ordinamento: la sovranità nazionale che risiede nel popolo spagnolo e l'unità della Nazione". La permanenza o meno della Catalogna nello Stato, secondo la Corte, non può essere decisa solo dai cittadini catalani, ma da tutti i cittadini spagnoli. "Il contrario comporterebbe la rottura dell'unità della cittadinanza e in termini giuridico-costituzionali, della Nazione di tutti".