Renzi all’attacco di Hollande: “Troppo duro con Mosca”. E rivela: l’Ue spaventa Obama

“A lungo termine l’Unione preoccupa più della crisi siriana”. Sul referendum il premier chiede aiuto agli eurodeputati

L’Unione europea deve rilanciarsi e cambiare. Così com’è, non preoccupa solo noi, ma anche di là dall’Oceano. Il presidente del consiglio Matteo Renzi arriva a Bruxelles dalla galvanizzante due giorni alla Casa Bianca, dopo solo un breve passaggio a Roma per incontrare il ministro dell’Economia Padoan: ad aspettarlo, sotto il cielo plumbeo della capitale belga, un Consiglio europeo che deve affrontare la crisi dei migranti e il delicato tema del rapporto con la Russia. Argomento sul quale riserva critiche al presidente francese François Hollande: l’unico, racconta in una riunione con gli eurodeputati Pd, a sposare una linea molto dura contro Mosca sulla Siria, tanto da lasciare perplessa persino la Casa Bianca.

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È in quella mezz’ora in compagnia del suo gruppo, al primo piano di un hotel del quartiere europeo, che, prima dell’appuntamento coi capi di Stato e di governo fa il punto della situazione. Partendo dall’Europa per arrivare all’Italia, al referendum del 4 dicembre come chiave di volta per ottenere consacrazione in patria e quindi peso contrattuale a Bruxelles. Ma il discorso del presidente del Consiglio parte dall’America, lì dove è appena stato e da cui è tornato entusiasta. Dove, con Obama, ha affrontato anche la questione Europa: tra i dossier che dovrà lasciare al suo successore (o, come si augura, alla sua successora), il presidente americano spera che la Siria possa essere una preoccupazione temporanea, che possa cioè trovare presto una soluzione, ha raccontato Renzi secondo varie fonti, mentre, in prospettiva, un’Unione europea che non dovesse riuscire a rilanciarsi viene vista come un grosso problema di lungo periodo. Bisogna cambiare, ha ripetuto il premier, ripercorrendo le tappe di quest’estate: la scossa della Brexit che sperava portasse a un cambio di marcia, l’appuntamento di Ventotene con Merkel e Hollande e l’illusione che fosse un nuovo inizio, la delusione dell’inconcludente vertice di Bratislava.

E le loro posizioni che inevitabilmente tendono a divaricarsi: parole nette di critica le riserva appunto al presidente francese Hollande, per la sua linea molto dura nei confronti della Russia sulla questione siriana, una posizione che rischia di creare problemi all’Unione, riferiscono le parole di Renzi i presenti, su un tema di cui i capi di Stato e governo hanno parlato in serata nel corso della cena. Per questo, per cambiare un’Unione claudicante, per poter contrattare con più forza, il premier si è ricollegato nel suo discorso alla politica italiana. Datemi la consacrazione con la vittoria del referendum, il senso del suo appello, e potremo rilanciare la Ue su tre punti: l’economia, trovando un’alternativa all’austerità; l’Europa sociale; la cultura, l’istruzione, la ricerca. E per farlo, l’appello agli eurodeputati a darsi da fare, loro che, eletti con migliaia di preferenze, hanno relazioni e contatti sul territorio. In particolare serve una mano da quelli del Sud, da Roma in giù: al Nord andiamo bene, ha svelato Renzi, addirittura parlando di 25 punti di vantaggio del «sì» sul «no» in Lombardia. Ma è il Mezzogiorno il punto debole, su cui lavorare: il rapporto nel recupero degli indecisi, secondo i suoi calcoli, è di tre a uno per il «sì», ragiona confortato da sondaggi positivi che danno questa settimana il governo e il Pd in aumento, con gli altri partiti in calo.

Bisogna lavorare e bisogna farlo subito, con un occhio rivolto all’appuntamento di marzo dell’anniversario del Trattato di Roma a cui, se vincesse il referendum, potrebbe arrivare, calcola, più forte di Hollande e Merkel alla vigilia delle elezioni. E con un occhio di riguardo per l’appuntamento del G7 di Taormina, di cui domani svelerà il logo. Oggi seconda giornata di vertice europeo dedicata al commercio: poi, appunto, volerà in Sicilia, per iniziative sul referendum a Palermo, Trapani e Messina.