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Una visione…ternaria

Quante volte hai pensato al tre“, diceva sempre il mio professore di italiano.
Era fissato col simbolismo numerico come archetipo e come parte intrinseca della vita e della biologia.
Eppure, se ci pensiamo, il mondo è spesso a base tre. E molti equilibri funzionano su base ternaria.

Tesi, antitesi, sintesi.
Presidente, vice, segretario.
Le tre luci che danno il bianco sono blu, rossa e verde, e i tre pigmenti che danno il nero sono ciano, magenta e giallo.

Spesso c’è sempre un “duo” di figure molto diverse e una terza che media, e se ci pensiamo bene, erano
tre anche in nostri riferimenti infantili, i nostri modelli.

Eppure ha vinto il binarismo, e perché? per il prepotente simbolismo del due facilitato dalla procreazione e dalla sua importanza, soprattutto nelle epoche in cui l mortalità era alta e c’era bisogno di un’alta natalità, a permeare tutti i simbolismi.

simbolo-uovo-cosmico

Ed oggi negli asili vediamo ancora il sole che ride e la luna, sua sposa, che vive della sua luce riflessa, mentre lo guarda con un pallido sorriso. Chissà quanti bambini hanno sofferto di tutto questo binarismo.
Bambini che un giorno si riconosceranno come gay, bisessuali, e transgender, o solo insofferenti all’imposizione del binarismo.

Non occorre dire che ero uno di quei bambini

2 commenti su “Una visione…ternaria”

  1. Nulla da ridire sulle tue conclusioni, se la riflessione ti serviva per questo.
    Al di là della conclusione, che mi sta bene, mi soffermo invece, sul voler trovare significati quasi cabalistici sui numeri.
    Sono nessi tutti umani, non hanno niente a che vedere con la realtà fisica, che viaggia per conto suo.
    Il professore di lettere, come succede a tutti quelli che hanno una cultura umanistica, è stato rovinato dalla filosofia, che vuole trovare significati anche quando non ce ne sono, volendo dimostrare, in tal modo, un’intuizione ed un’intelligenza tipicamente umana, di creature superiori.
    E’ fra questo genere di persone che la scienza fa fatica ad essere accettata.
    Non c’è nessun nesso del due e del tre, siamo noi che lo vogliamo andarlo a scovare, quasi alla ricerca di regole che semplifichino il ricordare le cose e classificarle.
    Brutto trovarsi davanti – come esaminatori per la laurea – letterati e filosofi; se non hai carnificato nel tuo corpo il loro modo di ragionare sei bocciato.
    Non dimentichiamo però che c’è anche il quattro (le stagioni, i cavalieri dell’apocalisse, le virtù cardinali, il “mi faccio in quattro” proverbiale, due sgherri che vogliono “spiezzarti in due”) il cinque (le dita, la stella delle brigate rosse, il Pentagono, i piani quinquennali, il quinto dello stipendio) il sei (numero demoniaco 666, la stella di Davide, le chiavi esagonali, il colpi della Colt, la “sufficienza” scolastica e la “insufficenza” peniena)… e via di seguito.

  2. Sono d’accordissimo che i simboli (anche numerici) siano cose culturali, umane e non reali e fisiche. Credo però che la riflessione sia valida. Non si discute cabalisticamente ma solo analizzando la società e la realtà umana. Chi ragiona in termini binari non riesce a vedere che c’è un terzo punto, una terza possibilità. Del resto esistono anche teorie sociologiche che si basano sulla questione del due e del tre. I gruppi umani secondo tali torie sono formati da diadi e triadi ovvero da gruppi di due o tre persone. Un gruppo di cinque persone sarà quindi formato da una diade e da uan triade. O da due diadi e da un individuo escluso. Insomma, in un gruppo di più di tre eprsone i rapporti non riescono a essere tutti di uguale intensità ma si creeranno rapporti più stretti tra gruppi di due o tre persone.

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