L’evangelizzazione corre lungo le frequenze di Radio Sol Mansi, che copre in lungo e in largo tutta la Guinea Bissau. Il direttore è padre Alberto Zamberletti, un religioso del Pime che in precedenza, per 33 anni, ha potuto esercitare anche la professione di medico. Padre Zamberletti conosce il territorio e non ha dubbi sulle necessità principali: «Di cosa ha più bisogno il Paese? Di formazione, di buon governo e di stabilità». La Guinea Bissau è una delle nazioni più povere con una popolazione (un milione e 700mila abitanti) contraddistinta da un mosaico di gruppi etnici: le differenze linguistiche, culturali e religiose sono una sfida per l’unità. Se è importante «scavare un pozzo», è altrettanto importante «sensibilizzare le persone – afferma padre Alberto – a usare con determinate attenzioni igieniche l’acqua estratta. A che serve dotare un villaggio di un dispensario, se poi alla malattia vengono date spiegazioni superstiziose, che ritardano o rendono vano l’uso dei medicinali? E se occorre costruire le scuole, è altrettanto urgente sensibilizzare gli adulti che la scuola non è solo per i maschi e che le necessità economiche della famiglia non devono compromettere lo studio dei bambini. E simili esempi possono essere fatti per l’agricoltura, l’educazione alla pace, la promozione della donna e la difesa dei diritti dei bambini, l’ecologia…».

Il Pime, che è arrivato a Bissau nel 1947, oggi è presente con 18 missionari (tra i quali il vescovo mons. Pedro Zilli) a stretto contatto con i gruppi indigeni: al Nord tra i Felupe, al sud tra i Balanta, sulle isole tra i Bijagòs e in una parrocchia nella capitale; a queste comunità si aggiungono un centro di formazione tecnica a Bambadinca con la Caritas e il coordinamento per la cura delle mamme e dei bambini denutriti nella diocesi di Bafatà. Non c’è un unico progetto da sottolineare, ma piuttosto «l’annuncio del Vangelo e la formazione integrale dell’uomo».

Lo sviluppo passa attraverso le attività missionarie: la scuola, i centri di salute, la sicurezza alimentare e la radio. Sì, la radio (www.radiosolmansi.net) è uno straordinario veicolo di contagio positivo, perché con il «la musica, l’animazione e i programmi si aprono vasti spazi per parlare alla gente, anche a quella più lontana e isolata, che non ha accesso talvolta neppure alle elementari». Vi lavorano 15 persone a tempo pieno e 25 a tempo parziale con 38 volontari come corrispondenti. «Per raggiungere gli ultimi e i più lontani e per dialogare con la cultura tradizionale servono spirito di sacrificio, grande apertura e pazienza. Con la radio si rompe l’isolamento, si creano ponti tra il centro e la periferia, si dà voce a chi non ha voce». I media hanno il merito di sensibilizzare a una partecipazione più attiva e responsabile: la Rsm propone, infatti, programmi sullo sviluppo sostenibile, sull’educazione sanitaria e sulla riconciliazione. Siamo in un Paese dove la maggioranza della popolazione segue la Religione tradizionale africana (45%), poi c’è l’Islam (il 40%) e, infine, il cristianesimo (il 15%).

E «per favorire la reciproca conoscenza» sono state confezionate delle rubriche per la Chiesa Evangelica e per l’Islam condotte dai rispettivi responsabili. «C’è un buon clima di dialogo e di cooperazione. La Chiesa cattolica, anche se minoranza, è apprezzata; continua ad essere riconosciuta come una delle forze vive della società, e molti vedono in lei uno dei pochi soggetti in grado di portare avanti iniziative con un impatto reale sulla vita delle persone». Segnali positivi arrivano dal dialogo interreligioso. «Le associazioni di diverse confessioni collaborano. Gli interventi della Caritas e della pastorale sociale sono a beneficio di tutta la popolazione senza distinzioni di religione o etniche. Nelle parrocchie si organizzano incontri di preghiera interreligiosa e di “cortesia” in corrispondenza delle feste dei rispettivi calendari».

Non bisogna dimenticare che «la pratica tradizionale è ancora la più diffusa soprattutto nei villaggi. Senza un autentico percorso di conversione e di incontro con la novità cristiana si verifica nella gente un veloce ritorno al culto tradizionale, visto come un rifugio immediato per le necessità. Imporre un cambiamento o una rinuncia delle pratiche religiose senza una comprensione chiara non crea le condizioni per una vita cristiana duratura. Il punto in cui fa breccia il messaggio cristiano rispetto alla Religione tradizionale è l’incontro con Gesù».

I commenti dei lettori