Homo oeconomicus vs ζῷον πολιτικόν: analisi sulla natura dell’uomo in era digitale

La filosofia ha sempre, fin dagli albori della sua nascita, posto delle domande cui ha cercato di rispondere nei modi più variegati. Senza dubbio una delle domande più frequenti è ed è stata “chi è l’uomo?” e, di conseguenza, “qual è la natura dell’uomo?”.

Una delle più note risposte a questa domanda la diede Aristotele, nella Politica, asserendo:

« L’uomo è per natura un animale sociale. La società è un fatto naturale e anteriore all’individuo (umano)»

Ma cosa significa in realtà questa definizione? Etimologicamente la parola ζῷον (letto Zoon) non indica solamente come funziona il corpo in un senso biologico, bensì qualcosa che è vivo, indipendentemente dai suoi meccanismi corporei. In quest’ottica i Greci infatti intendevano anche le divinità, non per nulla definite antropomorfe, ma non per il fatto di essere animati, quanto perché stavano ad indicare il massimo grado di vita: l’immortalità. Non è un caso se l’etimologia del verbo da cui ζῷον deriva rappresenta una modalità d’essere, un modo di apparire e di presentarsi che alterna variamente la propria presenza come un fiore che schiude e si chiude secondo la luce del Sole. Invece πολιτικόν deriva chiaramente da πόλις (polis), ovvero “ciò che riguarda la città”, quindi il vivere comune e sociale, le relazioni che intercorrono tra gli uomini. Tuttavia non è da sottovalutare come la radice πολ- identifichi anche πόλεμος, la guerra, la battaglia, il rivalersi sugli altri. Pertanto la nota “politica” su cui, per cui e di cui ogni giorno discutiamo nasconde due significanti apparentemente antitetici, come quello della dimensione del vivere sociale e quella della guerra, quindi la sopraffazione dell’altro. Una sintesi di concetti così discordanti fa supporre che i Greci evidenziassero delle similarità nelle due idee, effettivamente riscontrabili nei momenti in cui la πόλις doveva decidere, per esempio, in fatto di guerra con altre città-stato.

Aldilà dell’etimologia, che restituisce delle questioni interessanti da trattare, occorre individuare se nella contemporanea società digitale l’uomo conservi o meno le caratteristiche che già Aristotele aveva tratteggiato nella Politica: secondo lo stagirita, infatti, siccome la città è una forma di comunità costruita al fine di realizzare il Bene dell’uomo, è pertanto l’unico strumento in grado di far raggiungere all’uomo la felicità. In poche parole, l’uomo realizza se stesso nell’attività politica, cioé quando agisce in nome di suoi concittadini, per favorire il bene della comunità. Ed infatti, il vivente, lo ζῷον, che non vive nella dimensione politica, differisce dall’uomo stesso: egli infatti o è una divinità, o una bestia. La politica che però immaginava Aristotele era ben diversa da quella attuale: la dimensione nella quale il suo pensiero navigava era quella della città-Stato, dove idealmente ogni cittadino poteva e doveva prendere parte alla vita pubblica. Un aspetto interessante della speculazione aristotelica emerge però dal fatto che, nella dimensione della comunità politica, gli individui divengano un unico soggetto rappresentato dalla città stessa. Ci saranno dunque più forme di democrazia possibili, ma l’importante sarà garantire la libertà al soggetto di poter scegliere e partecipare attivamente.

Risulta palese, se non addirittura banale, la trasposizione di questi concetti alla moderna società Social e digitale: Facebook, Twitter, Google+, LinkedIn, Myspace & co. non sono altro che la rappresentazione di quella che Aristotele considerava una caratteristica peculiare dell’uomo, cioé una necessità: il rapporto con l’altro è fondamentale ed irrinunciabile. Certamente le forme che Aristotele immaginava e canonizzava più di 2000 anni fa sono ben diverse dalle attuali e non, appunto, solo nella forma, ma, potremmo dire, anche nella qualità. In tutto questo diverse altre necessità si sono sviluppate e sono intervenute nell’animo umano e non tutte queste possono considerarsi eticamente positive, anche se non è lo scopo di questo post il dimostrarlo.

Il primo aspetto atto a modificare pesantemente lo status quo della natura umana è senza dubbio la nascita dell’economia di mercato e dell’industrializzazione: ne La Ricchezza delle Nazioni Adam Smith definiva l’homo oeconomicus come quell’essere vivente che, dovendo dare applicazione a quelle inclinazioni egoistiche atte a soddisfare le proprie necessità mediante l’obbligatorio ricorrere ai propri simili, aveva creato un sistema economico e sociale fondato sulla libertà d’iniziativa, sul libero mercato e la libera concorrenza, ritenute come le vie per raggiungere crescita e progresso del genere umano. Anche Hobbes, tramite la notissima espressione “homo homini lupus est” (l’uomo è lupo per l’uomo), avvertiva della condizione dell’uomo, contraddistinto da uno stato di guerra continua contro l’altro, negando, in questo modo, la possibilità di una qualche forma di amore verso un simile. Le più grandi e potenti società, per Hobbes, sono, in verità, generate dalla paura e dal timore reciproco, contraddistinte dal fatto che ogni uomo cerca di “cannibalizzare” l’altro al fine di ingigantire al massimo il proprio utile.

La più feroce critica nei confronti di questo sistema, che ha generato poi il Capitalismo, ebbe attuazione, seppure in modo assai diverso, in Hegel e Marx: il primo con il suo approccio idealistico e dialettico di tesi, sintesi ed antitesi, sottolineando la presenza di uno spirito del mondo e di una realtà possedente una razionalità al di sopra della nostra comprensione, critica, seppur implicitamente, un sistema prettamente individualistico nel quale ognuno è tiranno verso l’altro per favorire sè: lo spirito del mondo e la storia, secondo Hegel, agiscono per qualcosa di molto superiore dell’utilitaristico fine dell’uomo singolo. Quella di Marx, invece, è una critica della prassi, un materialismo storico che sottolinea tutti quei problemi che il Capitale ha generato nei confronti dell’umanità: su tutti i vari tipi di alienazione che hanno reso l’uomo privo della libertà, quella libertà che si realizzava compiutamente con il lavoro.

Dopo questa introduzione sopra i due concetti tematizzati, si deve verificare se Internet abbia o meno definito quale sia, effettivamente, la natura dell’uomo, alla luce di questo fenomeno che senz’altro nasconde aspetti controversi, ma sicuramente molto interessanti: e una questione molto forte in ambito di social networks e web è la comunicazione, incredibilmente più difficile nonostante gli strumenti la rendano apparentemente sempre più facile. Un noto aforisma di Bill Gates recita:

Chi deve comunicare, alla fine, si troverà sempre a confrontarsi con il solito problema: cosa dire e come dirlo.

Questo è forse il dramma della moderna società digitale: cosa dire e come dirlo. Nella realizzazione di quel “progetto”, quale era quello dell’animale sociale, uno degli aspetti fondamentali era senz’altro la comunicazione tra le persone: l’agorà era il nucleo della πόλις dove i cittadini si incontravano in una piazza per “cinguettare” delle cose pubbliche, oggi le persone “cinguettano” su Twitter. Quello degli anni ’10 sembra un mondo pieno di comunicazione, ma è davvero così? Più che rispondere a questo interrogativo, è interessante, secondo me, rifletterci sopra: le persone comunicano online senza difficoltà tra di loro, con i mezzi più disparati, ma in realtà hanno sempre bisogno di espedienti per farlo; non a caso esistono i nicknames, gli avatars, che permettono, in un certo modo, di nascondere le nostre identità, di mascherarci per sembrare anche qualcosa di diverso. Differente è, invece, la questione Facebook: probabilmente si tratta dell’operazione di schedatura più grande di tutti i tempi, se pensiamo che, per altro, è assolutamente spontanea. Eppure anche in questo caso, la difficoltà di comunicare è forte, sebbene si comunichi nelle modalità più disparate, anche con un semplice “Like”. Eppure con tutta questa comunicazione online, l’uomo ha perso, senza dubbio, molte delle capacità di parola che prima poteva avere solo offline. Pensate a quante volte una persona in una piazza ci pensa prima di decidere di interagire con qualcuno che non conosce; ai tempi dei Greci il problema non sussisteva, mentre oggi la difficoltà di comunicare con l’altro, di raccontargli le sue difficoltà, è lampante. C’è da chiedersi, anche, se tutta questa comunicazione derivi da un’esigenza egocentrica, pertanto più affine all’uomo economo, di mettersi in mostra per il proprio “quarto d’ora di notorietà“, oppure si tratti davvero di un’esigenza di comunicare con l’altro al fine di ottenere un appagamento interiore finalizzato alla realizzazione di sé.

A questo punto sorge la questione: l’uomo di oggi è homo oeconomicus o ζῷον πολιτικόν?

La risposta è difficile da dare: le difficoltà di comunicazione e lo sviluppo delle moderne democrazie europee ha dato vita per lo più a forme di governo di tipo rappresentativo, e, soprattutto in Italia, la corruzione e l’istinto di sopraffazione spesso ha prevalso. Io credo però che non sia da addebitare al genere umano la caratteristica di essere o meno “oeconomicus” nel senso di una cinica e spregiudicata razionalità finalizzata al mero raggiungimento dell’utile individuale, perché l’onestà, l’affetto, la solidarietà, il desiderio di aiutare gli altri sono sentimenti forti che, credo, sopraffacciano un’ipotetica selezione naturale, designata da Hobbes, in cui gli uomini si scannano tra loro per il raggiungimento del proprio bene personale. Sono solo alcuni gli individui che perseguono tale etica ed hanno avuto la Sorte di essere in possesso di maggiori possibilità al fine di mantenere i privilegi loro assegnati dal Caso.

Ritengo che sia il momento, invece, di riscoprire gli affetti, i sentimenti che legano maggiormente l’uomo alla terra, il rispetto per la Natura, il rispetto degli altri individui umani, l’integrazione con loro per garantire un benessere comune che non va indicizzato con meri parametri economici restii a giudicare e considerare il sentimento, ma che è necessario spolverare al fine di aiutarci per garantire all’uomo in quanto individuo e soggetto del mondo un’esistenza più felice e nella quale si possa sempre di più avvicinare quell’alto sentimento irragiungibile nella sua totalità noto come conoscenza.

Emanuele Tudisco

@Ema_h_Tudi


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