Negli Stati Uniti le denunce delle donne di molestie e violenze sono ormai una valanga. In Italia tutto tace. Negli Stati Uniti la valanga sta travolgendo uomini ad ogni livello mostrando sempre meno timori di ritorsioni. In Italia gli uomini oggetto delle denunce hanno spesso trovato il sostegno anche pubblico di altri uomini, le donne che hanno denunciato sono state attaccate, oppure su tutto è caduto un triste silenzio.

«In Italia i segnali non sono per nulla positivi - racconta Lella Palladino, presidente dell’associazione Dire-Donne in rete contro la violenza, che riunisce 77 associazioni che nel 2016 gestivano 83 centri antiviolenza presenti in tutta Italia. «Di sicuro possiamo dire che se ne parla, che c’è stata una rottura del silenzio su questo argomento. Manca tutto il resto. Bisognerebbe intervenire sulle serie tv che continuano a rappresentare le donne che subiscono violenze come se fosse normale. Di sicuro hanno avuto un’incidenza molto negativa le numerose sentenze pronunciate negli ultimi tempi dai tribunali che danno il via libera ai maltrattamenti da parte degli uomini. In questo modo vanificano gli sforzi delle donne che hanno trovato la forza di denunciare e scoraggiano quelle che potrebbero farlo».

L’ultima sentenza in ordine di tempo ad aver provocato profondo disagio nel mondo delle donne è stata pronunciata dal tribunale di Torino e riguarda una donna che si è presentata in pronto soccorso nove volte in otto anni: una volta con una costola rotta, un’altra con il setto nasale fratturato. «Non tutti gli episodi sono riconducibili ad aggressioni da parte dell’imputato», è stato il giudizio del tribunale che ha assolto il compagno perché se le aggressioni non sono frequenti e continue non c’è il reato di maltrattamenti in famiglia. Ma in primavera, sempre a Torino, era stato assolto un altro uomo dall’accusa di violenza sessuale perché la vittima ha solo detto «basta» al suo aggressore senza urlare.

«C’è un problema che riguarda i tribunali ma anche le stesse denunce - prosegue Lella Palladino - Molte donne arrivano da noi raccontandoci la loro frustrazione. I loro racconti non vengono presi in considerazione, la gravità di quello che stanno denunciando non viene compresa perché a volte le forze dell’ordine non pongono le domande che permettono di comprendere la reiterazione del reato e le donne non riescono a ricostruire quello che hanno dovuto subire in modo tale da farlo comprendere. Accade così che le denunce vengano archiviate. Quello che proviamo a fare quando invece si rivolgono a noi è ascoltarle, accoglierle, sostenerle e accompagnarle nelle loro richieste».

I dati sui reati di stalking, maltrattamenti in famiglia e violenze sessuali sono in calo. Le denunce per stalking sono state 8480 tra gennaio e settembre 2017, il 15,76% in meno rispetto alle 10.067 nello stesso periodo del 2016; i maltrattamenti in famiglia sono stati 9818, circa duecento in meno, e le violenze sessuali (di cui oltre il 90% su donne) sono calate dell’1,16%.

Eppure non c’è da rallegrarsi. A dirlo è proprio la Polizia. Sono «indici importanti di un rapporto uomo-donna malato, che può pericolosamente degenerare», avverte. E «la riduzione delle denunce, può nascondere un sommerso di paura e solitudine».

Un sommerso che nemmeno l’ondata di denunce in arrivo dagli Stati Uniti finora sembra essere riuscita a scalfire. «Quello che viene denunciato è il 4% di quanto effettivamente avviene. È necessaria un’operazione culturale», sottolinea Oria Gargano, presidente della cooperativa Be Free che si occupa di violenze e discriminazioni contro le donne. Nel mondo del lavoro, in particolare, secondo dati Istat solo una donna su 5, tra quelle che hanno subito un ricatto, ha raccontato la propria esperienza. Lo 0,7% ha denunciato la violenza alle Forze dell’ordine.

«In Italia stiamo assistendo all’opposto di quanto accade negli Stati Uniti - conferma Simona Annerata del centro antiviolenza Lucha y Siesta - Il blocco culturale contro le donne da parte del mondo del potere e delle istituzioni si fa ancora più forte per respingere ogni tentativo da parte delle donne di metterlo in discussione. Le donne che provano a scalfire questo potere vengono ridicolizzate e attaccate in modo scomposto. La battaglia in Italia per chi è dalla parte delle donne è diventata ancora più dura».

E di sicuro non aiutano nemmeno gli annunci di voler chiudere luoghi di riferimento come la Casa Internazionale delle donne o proprio Lucha y Siesta a Roma. «Esiste un evidente collegamento tra l’aumento delle difficoltà incontrate dalle donne italiane e le minacce di sgombero a cui vengono sottoposti i luoghi storici della lotta alla violenza contro le donne - spiega Serena Fiorletta del movimento Non una di meno - La politica è lontana ma la società sta cambiando anche in Italia. Esiste un’onda femminista che prima non era così numerosa. Non dimentichiamo che il 25 novembre con il nostro movimento in piazza c’erano oltre 150 mila donne. Ci sono molte giovani che si sono avvicinate alle lotte femministe. Non c’è solo il silenzio, qualcosa sta lentamente cambiando anche in Italia».

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LE TESTIMONIANZE SU LASTAMPA.IT

C’è ancora troppa omertà in Italia sulle violenze contro le donne, affermano i centri anti-violenza e le associazioni femministe. Per provare a dare un contributo a rompere il muro del silenzio «La Stampa» ha deciso di mettere a disposizione delle donne che vogliano essere aiutate a non subire più abusi, maltrattamenti e violenze uno spazio web in cui potranno stabilire un rapporto diretto con i centri anti-violenza diffusi in tutto il territorio italiano. In questo modo potranno trovare il centro più vicino a loro ed essere ascoltate e sostenute nelle loro richieste. Mandate le vostre storie agli indirizzi email: violenzadonne@lastampa.it e cosafare@direcontrolaviolenza.it

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