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Giacomo Furia: "La mia università? In teatro con Eduardo e al cinema con Totò"

Nel maggio 2012 Repubblica pubblicava il suo volto di Napoli su Giacomo

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A Giacomo Furia va il "Premio Guglia" alla carriera (al Teatro Acacia, martedì alle 18,30). "L' ultimo degli onesti, omaggio della Città di Napoli con filmati e risate", è un' idea di Gaetano Brancaccio. Condurranno la serata Adele Pandolfi, Amedeo Colella e Francesco Colonnesi. Con Giacomo Furia interverranno Annamaria Ackermann che all' inizio della serata leggerà un messaggio di Sofia Loren inviato all' attore. Sono attesi poi numerosi ospiti, tra cui Gianni Aterrano, Benedetto Casillo, Gloria Christian, Massimo Masiello, Veronica Mazza, Francesco Paolantoni, Mario Porfito, Mariano Rigillo, Patrizio Rispo, Giacomo Rizzo, Gino Rivieccio, Gigi Savoia, Nunzia Schiano, Eduardo Tartaglia. Mario Maglione gli dedicherà una canzone, Lucia Cassini una sua macchietta. Giacomo Furia, 87 anni, tanta parte della sua vita è descritta nella biografia "Le maggiorate, il principe e l' ultimo degli onesti" scritta da Michele Avitabile nel 1997.

Una vita con tanto cinema e tanto teatro? «Prima il teatro, poi il cinema; la vita non era semplice allora ed io mi reputo un fortunato, ho avuto la possibilità di lavorare in teatro, quando le compagnie si formavano per anni e non per pochi mesi come avviene adesso, e nel cinema con attori straordinari come Totò» Come ha cominciato a fare l' attore? «Davo lezioni di matematica a Luigi De Filippo, Eduardo mi convinse a recitare, mi volle in compagnia, e così ho debuttato il 7 dicembre del 1945, al Santa Lucia, in "Napoli milionaria". Io facevo Peppe ' o cricco, poi vennero altre commedie, come "Le bugie con le gambe lunghe", "Filumena Marturano", che ebbe un successo enorme, dovunque andavamo gli applausi non finivano mai. Alla primaa Milano il sipario siè alzato 32 volte, una cosa irripetibile.

Eduardo per me è stato un maestro, l' atmosfera era sempre piacevole e allegra, niente malintesi e ombre». Ma poi non ha continuato a lavorare con Eduardo. «E me ne sono rammaricato, ma pensavo che fosse un errore stare sempre nella stessa compagnia. Frequentavo l' università, mi scritturò Armando Curcio, l' autore di "A che servono questi quattrini", mi chiamò quando doveva mettere in scena "Noi avevamo l' ombrello", una commedia divertente. Poi le repliche finirono e Curcio mi passò a Peppino.

E andare con Peppino forse è stato un errore perché Eduardo non me lo ha mai perdonato». Insomma ha cominciato per caso e non ha più smesso. «La mia fortuna è stata andare in compagnia con Eduardo, che per meè stato come andare all' università del teatro, poi venne il cinema, con Mario Mattoli. Incominciai nel 1947, in "Assunta Spina", io ero Tifariello al fianco di Anna Magnani». Una bella esperienza anche quella. «Molto bella, e importante, anche se ho fatto anche delle comparsate; quando mi telefonava Mattoli, con cui avevo avuto il piacere di fare il primo film, non potevo certo dire di no, e poi molte volte era la necessità finanziaria che ci portava a fare cinema».

E al cinema c' è stato l' incontro con Totò. «Con Totò era una festa, ho fatto con lui 17 film, ci divertivamo molto, lui era il primo a divertirsi, si girava velocemente, in pochi giorni perché si doveva risparmiare. Ci si riuniva nel suo camerino e con Mario Castellani, che era la vera spalla di Totò, ci leggevamo il copione e iniziava il lavoro di cesello in cui si modificavano le battute sfruttando la chiave delle disgraziee non quelle del sesso perché il cinema di allora non era mai volgare. Anche se i critici del tempo non sempre hanno parlato bene di Totò». Castellani, Peppino De Filippo, lei stesso: una "spalla" era importante allora? «Importantissima,a volte non si sa chiè "spalla" dell' altro. Dicono spesso che Peppino è "spalla" di Totò, è un errore, Totò era un grande comico, Peppino un grande attore comico, è inevitabile che in una coppia tanto affiatata uno finisca per fare la "spalla" all' altro».

Chi le piace ricordare tra i tanti attori con cui ha lavorato? «Walter Chiari, un comico eccezionale, un grande talento, una persona adorabile, ma un assassino di se stesso. Ho girato anche un film con lui, in Spagna, quando c' era Ava Gardner, bellissima e affascinante, specialmente di mattina; la sera bastava che bevesse un po' di vino e diventava triste. Lui però era innamoratissimo. Altra fortuna è stata lavorare con Turi Ferro, un attore che il pubblico non si stancava mai di applaudire, venivano fin sotto al palcoscenico e gridavano "viva l' Italia" che non ci azzeccava niente ma era un riconoscimento importante per noi». Tornare a Napoli per ricevere questo premio l' emoziona? «Vivo a Roma, ma Napoli non la dimentico mai. Magari avessi una finestra che si affaccia sul golfo bellissimo della mia città».