una vecchia intervista a Franca Salerno


“Sono stata arrestata ed ero incinta, ma mi hanno picchiata
Franca Salerno, Arrestata il 9 luglio 1975, condannata a quattro anni e mezzo per appartenenza ai Nap, Nuclei armati proletari, evasa insieme a Maria Pia Vianale dal carcere di Pozzuoli e riarrestata il primo luglio 1977 in piazza San Pietro in Vincoli a Roma…“In un conflitto a fuoco dove Antonio Lo Muscio è morto ammazzato”.

Antonio Lo Muscio appena giustiziato

Antonio Lo Muscio appena giustiziato

Ricordo le foto sui giornali, la tua all’ospedale… “Sì, loro ti cercano, ti pedinano e quando ti catturano ti massacrano di botte. Per quei tempi era normale. Gridavano: “Ammazziamole, facciamole fuori”. Se non ci fosse stata la gente a guardare dalle finestre sarebbe stata un’esecuzione. A Pia hanno sparato perché si era mossa. Ricordo i loro occhi, dentro c’era rabbia e eccitazione; erano fuori di sè perché eravamo donne. Averci prese, per loro, era una vittoria anche dal punto di vista maschile“.

Al processo, a quanti anni ti hanno condannata?A 18, per banda armata”.
Sapevi di essere incinta al momento dell’arresto? “Sì, avevo questo bambino in pancia e volevo salvaguardare la sua vita. Antonio era morto, Pia era stata portata via con l’autoambulanza ferita, io ero sul selciato e gridavo: “Sono incinta”, ma da ogni autocivetta uscivano uomini e picchiavano. Sino a quando è arrivato anche per me il momento di andare in ospedale”.

Cosa vuol dire fare un figlio in carcere? “Guarda che io il figlio l’ho fatto fuori, in carcere l’ho partorito.

Franca incinta al processo

Franca incinta al processo

Ma non mi sono sentita mamma da subito, all’inizio mi vergognavo. Quasi che il mio essere gravida fosse un tradimento alla rivoluzione”.

Ed è rimasto con te in carcere? “Sino ai tre anni andava e veniva, perché in carcere i bambini non stanno bene. E poi ho fatto molto carcere da sola, come a Nuoro, dove in sezione c’eravamo solo io e lui. Forse dalle lettere avevano capito che vivevo la maternità in modo confittuale e mi hanno messo alla prova”.

Come si chiama? “Antonio”.

Poi cosa è successo? “Compiuti i tre anni, i bambini in carcere non ci possono più stare. È stato un grosso dolore, ma esistevano i compagni e le compagne. E lui esisteva, esisteva come cosa viva, non solo come perdita. Poi ci sono stati le carceri speciali, i vetri divisori nella sala colloquio che per anni ci hanno impedito di toccarci, e tutte le altre difficoltà che “loro” mettevano in mezzo. Ma a me non fregava niente. Mio figlio esiste, mi dicevo, e anche se va via troverò un modo per costruirci qualcosa assieme, per crescerci assieme”.

Chi lo ha tenuto? “Mia madre, mia sorella, l’altra nonna”.

Lui ti ha mai chiesto perché stavi in carcere? “Si, aveva cinque anni e voleva dare risposte alla sua vita di bambino nato dietro le sbarre. Potevo spiegargli la rivoluzione? E poi non mi piace la retorica gloriosa. Così gli ho detto: la mamma ha rubato. Poi, piano piano, ho cercato di spiegare. Ma il racconto vero dei percorsi che mi avevano portato in carcere c’è stato quando sono uscita e lui aveva 16 anni”.

Antonio

Foto di Valentina Perniciaro _Antonio_

E dopo sedici anni di galera come si riprende a vivere fuori? “Per un anno avevo i piedi fuori e la testa da detenuta. Cercavo emozioni passate, fili, ed ero comunque e sempre sulla difensiva. Poi, un po’ alla volta, ho iniziato a misurarmi con la realtà. Col lavoro necessario, con mio figlio. Era una presenza intensa, ma io da sedici anni non ero abituata alle presenze, ad avere persone attorno, all’interesse di qualcuno su di me. Ero disabituata alla materialità degli affetti, ai corpi da toccare. Ho dovuto imparare a non vivere di continue elaborazioni del cervello, a mettere in comunicazione corpo e mente”.

E il carcere, lo hai dimenticato? “Lo sogno continuamente. E per me sognare non è una seconda vita. Per me il carcere è presente, come sono presenti i compagni e le compagne che sono ancora dentro, a scontare una pena che non ha fine. In nessun modo disposti però a barattare dignità e rispetto di se stessi in cambio di libertà. Abbiamo rincorso l’utopia di un mondo migliore e mai l’interesse personale. Non lo faremo adesso”.

È stato facile trovare lavoro? “È stato necessario. Ma tutt’altro che facile. Mi sono state fatte offerte di lavoro da qualche parlamentare in cambio di un mio intervento sul dibattito della dissociazione. Ho rifiutato e mi sono affidata alla gente del quartiere e ho trovato lavoro in un’impresa di pulizie”.

Dell’esperienza del carcere cosa rimane addosso? “Dei vizi. Dentro la borsetta metto di tutto: spazzolino, penna, fogli bianchi, insomma quello che può servire per i cambiamenti improvvisi. Le cose che una detenuta inserisce nello zaino quando c’è aria di trasferimento e sa che, quando avverrà, non le sarà concesso nemmeno il tempo di prepararsi la borsa. E quando mangio lascio sempre qualcosa nel piatto, per dopo, perché non si sa mai”.

Lascia l’amaro in bocca quest’intervista, più di quanto le parole di Franca non lo lascino già.

Perchè quel bimbo di cui si parla, Antonio, non smette di mancare ad ognuno di noi.
Perchè la storia di quella vita nata tra le sbarre di un carcere di massima sicurezza non doveva finire spezzata sul lavoro, come troppe persone ogni giorno.
Solo oggi tra la lista dei morti spunta un ragazzo di 20 anni, morto accanto al fratello, rimasto gravemente ferito….non se ne può più. QUESTA PAGINA E’ QUINDI CONTRO IL CARCERE, CONTRO LA PRESENZA DI BAMBINI DA 0 A 3 ANNI,
MA

Antonio

Foto di Valentina Perniciaro _Antonio_

ANCHE PER LA SICUREZZA SUL LAVORO, PER FERMARE LA QUOTIDIANA SEQUELA DI ASSASSINII

Il giorno in cui è morto quel 17 Gennaio del 2006, Antonio Salerno Piccinino stava lavorando e faceva una consegna straordinaria, un favore personale ad uno dei suoi dirigenti, un viaggio fino ad Ostia improvvisato probabilmente per la voglia di dimostrare affidabilità.

Antonio è morto perchè andava troppo veloce a causa dei ritmi inarrestabili e delle pressioni emotive costanti che ci vogliono disponibili, sorridenti e veloci, sempre.
Antonio era un pony express, il contratto di lavoro era scaduto a fine dicembre e formalmente, quando è morto sulla Cristoforo Colombo non gli era ancora stato rinnovato.
Antonio era in nero. Il suo lavoro era quello di corriere addetto ai ritiri presso gli ambulatori veterinari, percorreva sulle strade di Roma 130Km al giorno. 14 ritiri al giorno, 3 euro per ogni ritiro in città, 5 euro per ogni ritiro oltre il Grande Raccordo Anulare e 6 euro per ogni ritiro nella zona mare comprendente Ostia, Torvajanica e Fiumicino.
E’ Indispensabile andare veloce perché l’equazione è semplice: aumentare il numero di ritiri per aumentare la propria busta paga.
E’ così che è morto Antonio. Ma Antonio non era affatto il suo lavoro, anzi. Era un ragazzo pieno di vita e di sogni. Antonio era un ragazzo di ventinove anni consapevole dei meccanismi di sfruttamento che era costretto a subire, era un precario che lottava quotidianemente contro la precarietà del lavoro e della vita.

  1. 4 dicembre 2008 alle 12:10

    ciao occhi belli

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  2. Giuliano
    4 dicembre 2008 alle 16:34

    Che dire , ho provato grande tristezza nel leggere questa storia.
    Sul finire degli anni ’70 anch’io mi sono innamorato della rivoluzione ed ho trascorso anni a leggere le cronache di quegli anni: autonomia operaia, Nap, Br, Toni Negri, Scalzone, Piperno ,Maria Pia Vianale , Franca Salerno.
    7 anni fa ho passato un periodo bruttissimo con depressione ed attacchi di panico.
    Dopo di allora ho voluto dimenticare i cortei, gli slogan violenti che hanno accompagnato i miei 20 anni.
    Ora rileggendo questa storia e, soprattutto apprendendo della morte del figlio di Franca Salerno, ho avuto un nodo alla gola e una grande voglia di piangere.

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  3. 8 novembre 2009 alle 15:14

    meraviglioso bambino.
    E’ ancora questo il mio ricordo di te,
    solo ora ho appreso che nn ci sei più.
    Abbraccio te, mamma. papà.
    CON LA STESSA RABBIA.

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  4. 8 novembre 2009 alle 15:19

    riguardo la foto di allora,
    ” i fichi sono anche sull’albero”
    dicesti meravigliato.
    Eri da poco uscito da Nuoro,
    avevi sete di conoscere,ti fermavi,
    guardavi in ogni direzione,
    chiedevi..
    Non ti hanno dato il tempo di cogliere quei fichi.

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  5. Val
    24 novembre 2009 alle 13:06

    cambiano tante cose…ma mancherai per sempre

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  6. Lele
    11 dicembre 2009 alle 13:56

    giovedì saranno 3 anni dalla tua morte Anto’… ed io ancora non ci credo…

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  7. 11 dicembre 2009 alle 13:58

    era gennaio…
    non dicembre. A gennaio saranno 3 anni…

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  8. Lele
    11 dicembre 2009 alle 15:05

    hai ragione, e quindi sarano 4 anni… 4 anni ed ancora ci manca terribilmente…

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  9. Flora
    3 febbraio 2011 alle 18:59

    Franca poteva sopravvivere a tutto, alle durezze della peggiore delle galere che certo non le hanno risparmiato, ma non alla perdita del suo Antonio…possiamo consolarci al pensiero che quelle due anime ora si sono ritrovate, ma questo non mitiga la rabbia per la brutalità che ha segnato le loro vite…ciao Franca, che il cammino ti sia lieve…

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  10. gianni.landi@alice.it
    14 ottobre 2011 alle 15:43

    Ricordo che quando era latitante una amica comune,forse Anna Maria Mantini, mi chiese se potevo attivarmi per farla andare a Parigi perchè Franca non stava bene di salute, ma quando tutto era pronto per rifarsi una vita laggiù..Franca mandò a dire che non se la sentiva di lasciare i compagni e la lotta rivoluzionaria intrapresa!! Meditate gente pusillanime! questi erano i sentimenti profondi di sensibilità, di amore e di dedizione che muovevano i compagni dei N.A.P. Hanno lasciato tutti un ricordo ed un esempio indelebile. Gianni

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  11. genny federigi
    21 ottobre 2012 alle 21:55

    Solo ora apprendo questa triste notizia.Franca non l’ho mai incontrata di persona ,ma ci siamo scritte x tanto tempo e ‘salutate’ ‘oltre’ il muro di bade e carros.Nei suoi scritti ci metteva tanto di quel calore umano,che ogni volta mi donava maggior forza x lottare.Ciao Franca ora puoi essere davvero LIBERA!

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  12. 17 dicembre 2012 alle 19:39

    Anto’, ti stringo come allora!

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  13. Litzy
    18 settembre 2016 alle 17:05

    Ciao! una domanda :)! mi potresti dire di dove l’hai presa questa intervista! un saluto da Austria,Lisi

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  14. Stella
    30 marzo 2017 alle 15:11

    Nella vita non si smette mai di scoprire cosa belle ma anche cose brutte come questa …leggere queste righe mi haf fatto venire il nodo in gola.
    Mi sorge spontaneo chiedere qualcosa in più su Maria Rosaria sansica..di lei nessuna notizia?

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  15. 23 gennaio 2018 alle 09:32

    non ricordo precisamente ma mi informerò! Era su un bollettino di compagne, che credo di aver reperito in rete molti anni fa. ti aggiorno

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  16. Paula
    15 febbraio 2021 alle 23:08

    Ich denke oft an Franca und ihren Sohn. Ich kannte sie aus Nuoro und habe ihr versprochen sie in Rom zu besuchen wenn sie verlegt wird.
    Ich habe mein Versprechen nicht gehalten. Sie hat mich sehr beeindruckt.

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  1. 16 luglio 2009 alle 09:13
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  15. 11 Maggio 2013 alle 15:29
  16. 23 gennaio 2016 alle 14:53

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