Milano, 18 marzo 2017 - 18:27

Addio al Miloslav Vlk,
il «cardinale lavavetri»
che resistette al comunismo

Per il regime cecoslovacco era il «cittadino Vlk»: alla fine degli Anni ‘70 lavorava come lavavetri, costretto a confessare sul marciapiede. Di nascosto, come nascosta era la «Chiesa sotterranea». L’ultima telefonata con papa Francesco a gennaio: «Sapevo che sei malato: un grande abbraccio, che Dio ti benedica»

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CITTÀ DEL VATICANO — Alla fine degli anni Settanta viveva in una mansarda di sette metri quadrati, in via Katerinska 26. D’inverno, a Praga, faceva così freddo che talvolta l’acqua gelava nel secchio. Se non c’era vento, però, si riusciva a lavorare anche a dieci gradi sotto zero. La signora Ludmilla Cihakova si ricordava di quel lavavetri stretto in un giubbotto, il cappello calato sugli occhiali scuri: capitava che si guardasse intorno, posasse il bastone con la spugna e s’arrischiasse «a confessare sul marciapiede, o a parlare con persone in difficoltà». Andò avanti così una decina di anni. Per il regime comunista era il «cittadino Vlk» e con lui, sabato mattina, se ne è andato un pezzo del «Secolo breve», una storia che è difficile anche solo immaginare, nel cuore dell’Europa, per chi è nato più tardi. Il cardinale Miloslav Vlk, arcivescovo emerito di Praga, aveva ottantaquattro anni e da tempo era malato di tumore.

Vlk quando lavorava come lavavetri
Vlk quando lavorava come lavavetri

L’ultima chiamata

A gennaio, già ricoverato, aveva ricevuto una telefonata di Papa Francesco. «Sapevo che sei malato e perciò ti ho chiamato e ti ho cercato. Un grande abbraccio, che Dio ti benedica». Avevano parlato a lungo. Nel telegramma inviato alla notizia della morte, il pontefice scrive: «Ricordo con ammirazione la sua tenace fedeltà a Cristo nonostante le privazioni e le persecuzioni contro la Chiesa».

Il sacerdote della Primavera

Miloslav Vlk era nato in Boemia, a Lisnice, un villaggio a un centinaio di chilometri a sud di Praga, il 17 maggio 1932. Gli studi al seminario minore, il baccaleureato, il Partito che dall’inizio degli anni Cinquanta inizia la repressione contro le scuole ecclesiastiche, il divieto di iscriversi all’Università se non si fa parte della «Gioventù comunista». Così, nel 1952, a Ceske Budejovice, il giovane Vlk trova lavoro come operaio nella fabbrica «Motor Union», in fonderia riempie gli stampi di metallo fuso. Riuscirà a frequentare l’università solo dopo il servizio militare, a studiare e lavorare per anni come archivista, finalmente ad iscriversi nel 1964 al Seminario maggiore e a divenire sacerdote in piena Primavera di Praga, il 23 giugno 1968, un paio di mesi prima che i carri armati sovietici schiaccino le riforme di Dubcek. Ma la Chiesa sotterranea non si ferma, quel sacerdote giovane e colto dà fastidio, nel ’71 viene esiliato dallo Stato in piccoli villaggi montani della Boemia, finché nel 1978 gli viene revocata l’autorizzazione ad esercitare il suo ministero. Così il curato Vlk, divenuto il «cittadino Vlk», arriva a Praga per cercare un lavoro e viene a sapere che la società di pulizie Uklid cerca un lavavetri per pulire le vetrine dei negozi. 

Il focolare di Praga

In quegli anni frequenta di nascosto il «focolare» aperto di nascosto a Praga, una comunità di laici consacrati del Movimento fondato da Chiara Lubich. Dovrà aspettare il 1989 e la «Rivoluzione di velluto» per avere di nuovo il permesso di esercitare il sacerdozio. Giovanni Paolo II sa bene di che uomo si tratti. Dopo gli anni della clandestinità, Miloslav Vlk è nominato vescovo di Ceské Budejovice nel 1990, l’anno successivo diventa arcivescovo di Praga, nel ’93 succede al cardinale Carlo Maria Martini come presidente dei vescovi europei, nel ’94 è creato cardinale.

Secchio e spugna

Gli anni decisivi, per lui, sono quelli passati con secchio e spugna nelle vie della città che lo avrebbe visto arcivescovo. «Non potevo predicare né distribuire i sacramenti pubblicamente, ma guardando la croce ho capito che il mio Sommo Sacerdote, Gesù, quando era sulla croce non riusciva quasi a parlare e aveva le mani inchiodate. Mi sono convinto: “Adesso sei vicino al tuo Sommo Sacerdote”, e ho abbracciato Gesù Abbandonato. La spiritualità dei Focolari mi ha guidato in questa direzione. Ho capito la forza di cui parla Isaia 53: “L’uomo del dolore”», raccontava. «Ho vissuto per lungo tempo in questa luce: tutto ciò che è brutto può servire alla mia edificazione. Ho compreso, senza esagerare, che questi dieci anni da lavavetri sono stati gli anni più benedetti della mia vita sacerdotale». Del resto, amava ripetere: «Ritengo un miracolo che Dio abbia diffuso la spiritualità dell’unità nel mondo socialista, dove tutto era sorvegliato. Lui conosce sempre i varchi».

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